Giuseppe Delle Vergini

San Marco in Lamis, mercoledì 27 febbraio 2019 -  Ecco la 10° puntata  di un racconto lungo - o romanzo breve -  scritto da Giuseppe Delle Vergini anni fa. Lo stesso racconto è stato ispirato da un fatto di cronaca nell'infinita tensione che esiste tra israeliani e palestinesi e ha sullo sfondo la Shoah. E' la ricerca di un dialogo che vede la differenza di età dei protagonisti, la loro sofferenza e la passione per il bello e il buono, come può essere la musica, come elementi positivi per costruire la pace.

 

 

XIX

Ilda si scoprì impaziente perché Omar era in forte ritardo. Cosa poteva significare questa volta? Aveva forse deciso di non avere più lei “una ebrea” come insegnante di musica? Oppure non era riuscito a superare i controlli al posto di blocco? Anche quella volta le notizie diffuse da radio e tv non erano buone. Ai recenti attentati Israele aveva risposto con incursioni militari nei territori occupati, alla ricerca di autori e complici. C’erano stati morti e feriti. Nuovo sangue aveva macchiato la terra dei Padri che stentava a trovare pace. I controlli erano diventati più severi, ossessivi. I pacifisti accusavano il governo di volere la rottura delle trattative del processo di pace e di favorire solo una politica di oppressione della quale il muro era il simbolo più evidente. Ma nemmeno dall’altra parte i segnali erano un granché positivi. I militari avevano bloccato un bambino con indosso uno zaino pieno di esplosivo e chiodi di ferro. La bomba era collegata ad un telefonino che si era messo a squillare quando i soldati avevano intimato al ragazzo di fermarsi. Solo per un puro caso, forse un errore nella costruzione dell’ordigno, la bomba non era esplosa. Altrimenti tutti, bambino compreso, sarebbero saltati in aria. Il ragazzo era poi risultato all’oscuro del carico che portava raccontando di un suo connazionale che gli aveva promesso dei soldi se avesse portato oltre il posto di blocco lo zainetto. Ilda aveva pensato ad Omar. Anche lui era un ragazzo e portava sempre lo zainetto. Così come facevano del resto tutti i ragazzi di Gerusalemme, arabi e ebrei che fossero. Era stato lui? No, non poteva essere. Ilda quasi si vergognò con sé stessa nel pensarlo. Certamente ora ai posti di blocco lo avrebbero lasciato passare con maggiore difficoltà a causa di quello zainetto. Magari lo avevano rimandato indietro. Il tempo trascorreva e di Omar non c’era alcun segno. Ilda era sempre più inquieta. Si stava preoccupando come una nonna, anche se l’animata discussione di qualche giorno prima, quando Omar l’aveva accusata di essere un’ebrea e perciò una bastarda, l’aveva resa più disincantata. Poi c’erano i dubbi insinuati dalle amiche.

- Che sciocca che sono a sentire quelle donne! Loro cosa ne sanno di Omar? Non l’hanno nemmeno mai visto in faccia! Ma questo benedetto ragazzo perché non arriva? Gli sarà successo qualcosa? Tanto ritardo mi fa stare in pensiero… -

Squillò il telefono. Ilda si spaventò ma corse verso l’apparecchio e con ansia disse:

- Pronto?

- Ciao zia, sono Francesca da Firenze...

- Francesca! Che sorpresa! Come stai?

- Io bene, zia. Ma tu? Ti sento un poco agitata…”

- Oh, niente, niente. Ero solo un po’ sovra pensiero! Allora come ti trovi a Firenze?

- E’ davvero bella zia, incantevole e piena d’arte. Peccato sia un po’ troppo sporca per i miei gusti… Ho trovato casa vicino al mercato di San Lorenzo. Ora è una zona multietnica abitata soprattutto da extracomunitari. Sembra di essere in una casbah… - e rise.

Francesca era la nipote di una cugina di Ilda. Milanese, da poco tempo si era trasferita a Firenze per seguire i corsi di una scuola di specializzazione in storia dell’arte. Ilda le era molto affezionata perché era una ragazza buona e i suoi occhi dolci le ricordavano quelli di sua sorella Rachele morta nel lager. Pochi anni prima l’aveva avuta ospite a Gerusalemme. Pure quello era stato un periodo pieno di attentati. Ma la vacanza era andata bene e si erano scoperte affiatate anche perché Francesca era una brava pianista. Insieme avevano suonato non si sa quanti brani a quattro mani. Andavano d’accordo nonostante la differenza d’età perché avevano un carattere simile, quieto e un po’ trasognato. L’unica cosa che a Ilda non andava giù era il fatto che quella giovane cugina fosse di idee troppo di sinistra, quasi comuniste. E per niente ebrea dentro. Ma se si evitava di parlare di Dio e di politica – cosa non facile in verità - tutto tra di loro filava liscio. Comunque si sentivano legate da un grande reciproco affetto. Francesca chiamava ogni volta che si diffondeva la notizia di un attentato a Gerusalemme e ora che viveva a Firenze ad unirle ancora di più, c’era anche l’amore per quella città.

- Tutto bene, Francesca. Qui purtroppo bisogna sempre stare all’erta. Tu leggi i giornali quindi sei più informata di me. Non è facile convivere con il terrorismo…

- Zia, sai bene che il terrorismo non nasce dal niente e che Israele non ha poi la coscienza tanto a posto!

- Va bene, va bene. Ma chi mette bombe sugli autobus per me tanto angelico non è! Comunque ben comprenderai l’aria che tira da queste parti ora che c’è troppa tensione. La cosa non è affatto piacevole.

Ilda e Francesca erano state alla spianata del Tempio durante il viaggio della ragazza in Israele e poi nel quartiere arabo. Francesca ricordava bene la paura, se non addirittura il terrore, del tassista man mano che si avvicinavano alla città vecchia.

- Ma signorina, l’ha visto il punto panoramico della città? Da lì è quasi meglio che andare alla spianata…- e via di seguito con altre proposte per cercare di dirottare le sue clienti in tutt’altra direzione. Ma Francesca voleva visitare il cuore di Gerusalemme e non aveva nessuna intenzione di demordere dal suo proposito. Il tassista si era scusato di non poterle aspettare per il ritorno a causa di un divieto per gli autisti di sostare in quella zona. E subito si era dileguato. Anche una soldatessa all’ingresso della città vecchia aveva cercato di dissuadere le due donne dalla visita. Francesca non aveva voluto intendere ragioni e Ilda, sorpresa dal coraggio della nipote, di buon grado l’aveva assecondata.

- Ma parli soltanto tu e in inglese. Sono sopravvissuta al lager e mi spiacerebbe finire uccisa a Gerusalemme!

Quando giunsero al Muro del pianto c’erano solo poche persone ed uno sparuto gruppo di turisti olandesi. Diversi soldati e due postazioni blindate vegliavano sulla sicurezza del luogo. Ma Francesca non si lasciò intimorire dalla cosa. Insieme a Ilda visitarono tutta la città vecchia e perfino il mercato arabo. Gli sguardi degli uomini non erano tutti benevoli e un brivido di paura scuoteva le donne appena qualcosa di strano sembrava turbarle.

- State attente alle coltellate… - aveva raccomandato la soldatessa - … da quelle proprio non possiamo difendervi.

Ma poco dopo si ritrovarono in una delle strade del quartiere arabo piena di botteghe di macellai! Lungo il tragitto Francesca fu attratta da un negozio di ceramiche. Le due donne entrarono. Francesca voleva prendere un regalo per sua madre e sua sorella. Le ceramiche erano davvero belle. E anche il negoziante era un bel ragazzo.

- Quanto costa questo vaso? - chiese Francesca in inglese.

Il giovane uomo, guardandola dritta negli occhi le disse il prezzo. Poi aggiunse:

- Da dove vieni?

- Dall’Italia.

- Ah! Roma, Firenze, Venezia! - e continuando a guardare Francesca sempre negli occhi, aggiunse:

- Ma lei - riferita a sua zia - non viene dall’Italia… vero?

Francesca divenne rossa in viso e si sentì a disagio.

- Perché mi chiedi questo?

Il giovane, senza mai smettere di fissarla negli occhi e senza mai guardare Ilda, rifece la domanda.

- Lei non è italiana, vero?

- Accidenti a me e a quando sono entrata in questo negozio! - pensò Francesca che cominciava ad avere paura.

- Cosa ti fa dire che lei forse non è italiana? - chiese a sua volta Francesca.

- Dallo sguardo… - rispose il negoziante senza mai voltarsi verso Ilda e con voce piena di disprezzo.

- Sì.. - intervenne allora Ilda con un sorriso, quasi provocatorio - E’ vero, io non sono italiana, sono di Gerusalemme!

Lo disse con fierezza. Francesca, piuttosto imbarazzata, pagò in tutta fretta il vaso che aveva scelto e di corsa uscì dal negozio quasi trascinando via sua zia.

- Questi sono i rapporti tra arabi e israeliani… - fece Ilda con un pizzico di ironia quando furono fuori.

Ogni tanto le due donne ricordavano questo episodio e ci ridevano su. Lo fecero anche durante quella telefonata. Francesca aggiornò Ilda su quanto accadeva a Firenze e rispose a tutte le domande che la donna le fece per sapere se quel negozio o quell’altra bottega erano ancora al loro posto.

- Zia, Firenze sta cambiando, come tutta l’Italia del resto. E con tuo sommo dispiacere si sta riempiendo di arabi! – rise - Però è bella lo stesso. Ma tu, piuttosto, visto quello che sta succedendo a Gerusalemme per la costruzione di quell’assurdo muro, perché non vieni a stare un po’ da queste parti?

- Perché ora sono israeliana e sto bene qui. Comunque non preoccuparti. Farò molta attenzione a non saltare in aria su un autobus! Te lo prometto!

Si salutarono con affetto. La telefonata le aveva fatto davvero piacere, come ogni volta. Era stata di compagnia. Guardò l’orologio, era tardi. Il pomeriggio stava finendo. Omar non sarebbe più arrivato.

 

XX

Il giorno seguente il ragazzo suonò alla porta di Ilda con largo anticipo.

- Sono dovuto partire presto perché sai bene che attraversare i posti di blocco sta diventando quasi impossibile. Si attende parecchio tempo e se hai addosso qualcosa di metallico ti perquisiscono dalla testa ai piedi. Ogni volta devo spiegare che il flauto non è la canna di un mitra… Con la costruzione del muro gli accessi alla zona israeliana sono diminuiti e quindi devo fare più strada per arrivare a quello più vicino a casa mia.

Ilda lo ascoltava comunque contenta di rivederlo perché questo voleva dire che non era lui il ragazzo dello zainetto. Omar raccontò alla donna quanto accaduto la notte prima alla casa dei vicini.

- Adesso ci sono solo macerie. E nove persone, comprese donne e bambini, senza più una casa. A cosa serve studiare musica se chi ti abita attorno non ha più niente? Poteva capitare a me…

Il ragazzo aveva perduto l’aggressività degli ultimi tempi, quando suonava con rabbia. Sembrava rassegnato e triste, come chi non vede più vie d’uscita.

- Omar, la musica non può cambiare quello che è accaduto né ridare la casa ai tuoi vicini. Purtroppo siamo in guerra, la situazione è davvero complicata. Ma la musica ti può aiutare a vivere e a sperare in un futuro migliore, come ti ho già detto. E questo, credimi, è già abbastanza anche se non è molto. Io senza la musica, lo sai, non sarei sopravvissuta a quello che ho vissuto e che non potevo certo cambiare. - Fece una pausa e guardò il ragazzo con affetto. - Vorrei che tu potessi fare della musica la tua vita e andare via da questo posto appena possibile…

Omar divenne pensoso.

- Questa è la mia terra… - disse a voce bassa più a se stesso che a Ilda.

- Lo so ma ora non può darti niente. La musica forse è la strada giusta per sperare di ritornare un giorno, quando la pace avrà vinto sulla guerra. Anzi la musica può aiutarti a trasformare il male in bene. La musica la amano i palestinesi e la amano gli ebrei. Allora perché non amarla insieme e insieme suonarla?

Quel giorno la lezione fu più lunga senza molte pause perché Omar preferì così.

- Non so fino a quando riuscirò a venire da te. Il muro fra breve ci separerà per sempre. E’ altissimo, ben presto diventerà invalicabile. E’ come un serpente grigio che toglie luce al sole. Perciò è meglio studiare fino a quando sarà possibile, senza distrarci molto. Lo disse con tristezza, quasi rassegnato, e dopo che il ragazzo andò via Ilda rimase in compagnia dei suoi pensieri. Il suono del campanello della porta la distrasse. Non aspettava nessuno.

- Sarà Omar? Avrà dimenticato qualcosa…

Andò ad aprire. Erano due signori che si qualificarono come poliziotti.

- Possiamo entrare signora? Vorremmo farle solo alcune domande. Stia tranquilla, non c’è nessun problema…

Ilda si spaventò.

- Ma cosa volete? E’ successo qualcosa?

- E’ una pura formalità. Dobbiamo solo chiederle alcune informazioni. Nel suo interesse.

- Va bene, entrate…

Ilda cominciò a sentirsi a disagio. Non riusciva a capire cosa potesse volere da lei la polizia. Nel vortice di pensieri che le si affastellarono nella mente in pochi attimi non trovò davvero niente di cui potessero accusarla. Ma tenne i nervi saldi e questa volta non permise alla memoria di riemergere e di riportarla a quei poliziotti di Firenze che le distrussero la vita. No, qui nessuno poteva incriminarla di niente, tanto meno di essere ebrea.

- E’ lei la signora Ilda Levi?

- Si, sono io. In cosa posso servirla?

- Vede signora, noi siamo del servizio di sicurezza. Ci è stato segnalato che da qualche tempo questa casa è frequentata da persone, per così dire, estranee al suo ambiente…

- Si spieghi meglio, signore. Io in casa mia faccio entrare solo chi dico io e non ho mai fatto entrare “estranei”, come invece sostiene lei.

- Certo signora, certo. Allora vengo al dunque.

Fece una pausa. L’altro poliziotto se ne stava in silenzio con le mani infilate nelle tasche del giubbotto. Forse impugnava una pistola. Ilda cominciò a sentirsi tesa come se loro stessero per metterla davanti al fatto compiuto e smascherare un suo delitto rimosso dalla memoria.

- Omar Shafir il ragazzo palestinese che da ben quattro mesi viene regolarmente da lei due volte alla settimana, nel pomeriggio, è un suo amico?

Ilda si senti sollevata e indispettita allo stesso tempo. Dunque il problema era Omar. Non c’erano altri crimini dai quali difendersi. Sapere di essere controllata comunque non le face affatto piacere.

- Vede agente, visto che sa tante cose su di me, saprà anche che sono stata musicista e insegnante di musica. Omar, il ragazzo palestinese che da quattro mesi entra autorizzato nella mia casa, è un mio allievo. E’ un reato dare lezioni di musica ad un ragazzo?

Era stata cortese ma decisa nella risposta.

- No, signora, non è reato dare lezioni di musica. Ma lei sa bene che la situazione generale è molto tesa. Noi abbiamo il compito di proteggere Israele e i suoi cittadini. Perciò dobbiamo controllare tutto ciò che potrebbe mettere in pericolo la sicurezza della Nazione. Loro non si fanno alcuno scrupolo: anche di utilizzare ragazzi poco più che bambini per compiere attentati.

Il poliziotto fece una pausa quasi attendesse una risposta da Ilda. La donna si sentì come in dovere di dire qualcosa.

- Certo voi fate bene a controllare. E’ il vostro lavoro. Ma io le posso assicurare che Omar è un bravissimo allievo e che l’unico motivo che lo spinge a sopportare ore di attesa in fila ai posti di blocco è la passione per la musica. D’altronde a me interessa solo questo.

- Si, signora - aggiunse il solito poliziotto che parlava - Ma la devo informare che nella famiglia del ragazzo ci sono elementi ritenuti vicini al terrorismo. Suo padre è un ingegnere e noi sospettiamo abbia sposato la lotta armata, lo stiamo ricercando da anni. Temiamo che non sia estraneo ad alcuni attentati.

Ilda diventò pensosa.

- Questa notizia mi rattrista. Non credo che il ragazzo sappia bene dove si trovi suo padre. Non me ne ha mai parlato. Sa solo che non è più tornato a casa, un giorno. Mentre so per certo che ha perduto il fratello maggiore per un proiettile vagante mentre si stava recando al lavoro...

Il poliziotto la interruppe.

- Sappiamo anche questo. Ma non siamo certi se si stesse recando al lavoro. O ad aiutare chi tirava pietre contro i nostri soldati… Comunque signora, faccia attenzione perché non bisogna fidarsi di nessun arabo di questi tempi. Se dovesse notare qualcosa di strano o di sospetto da parte del ragazzo ci avvisi subito. Io sono il tenente Waasem e questo è il mio numero di telefono.

Le diede un biglietto da visita e poi si congedarono. L’altro poliziotto non aveva detto una parola ma con gli occhi aveva radiografato la casa di Ilda. La donna restò turbata. La giornata era stata piena di emozioni. Il dubbio la stava assalendo. Ora il suo rapporto con Omar non sarebbe più stato come prima. Ma in cuor suo decise di provare a non lasciarsi condizionare. Le colpe dei padri, se di colpe si poteva parlare, non dovevano ricadere sui figli. Ad Omar bisognava dare un’occasione.

 

Continua

 

                                                     

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3° Puntata (Il Muro) Pubblicata Sabato 2 Febbraio 2019

4° Puntata (Il Muro) Pubblicata Giovedì 7 Febbraio 2019

5° Puntata (Il Muro) Pubblicata Sabato 9 Febbraio 2019

6° Puntata (Il Muro) Pubblicata Mercoledì 13 Febbraio 2019

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