Giuseppe Delle Vergini

San Marco in Lamis, sabato 26 gennaio 2019 -  Racconto lungo - o romanzo breve -  scritto da Giuseppe Delle Vergini anni fa. E' stato ispirato da un fatto di cronaca nell'infinita tensione che esiste tra israeliani e palestinesi e ha sullo sfondo la Shoah. E' la ricerca di un dialogo che vede la differenza di età dei protagonisti, la loro sofferenza e la passione per il bello e il buono, come può essere la musica, come elementi positivi per costruire la pace.

 

 

 IL MURO

 Capitolo I

Si sentì bussare alla porta. Ilda smise di leggere il giornale lasciando scivolare gli occhiali sul naso, per poter guardare meglio la sveglia alla parete che segnava l’ora.

 - Accidenti! Sono già le tre e mezza? Sarà Omar…

Si alzò dalla sedia a dondolo e a voce alta disse:

 - Arrivo!

Ripiegò il giornale, lasciò cadere sul petto gli occhiali  appesi al collo con una catenella, e con il passo più veloce concessole dall’età, si diresse verso la porta.

L'aprì e sorrise.

Sull’uscio apparve Omar. Con i suoi quattordici anni e i grandi occhi scuri. Timidamente, in italiano, chiese:

 - Permesso?

 - Certo! Accomodati pure, amico mio. Vuoi un bicchiere d'acqua prima di incominciare? Sei un po' in ritardo, oggi… - aggiunse.

- E' per via del muro… - rispose il ragazzo che nel frattempo era entrato in casa.

Portava in spalla uno zainetto giallo.

- Da venerdì scorso è stato rinforzato e ora la sua altezza è doppia, forse tripla. Non è più possibile scavalcarlo. Così ho dovuto passare dal posto di blocco. Ho atteso quattro ore prima di attraversare...

- I muri, i muri! - ripeté con disappunto la donna - Non servono assolutamente a niente. Lo insegna la storia. Prima o poi crollano. Fomentano soltanto odio e violenza e non fermano certo i cattivi. Anzi, ne fanno arrivare di nuovi e sempre più violenti!

Poi, mentre gli porgeva un bicchiere di aranciata, lo guardò con fare indagatorio, socchiudendo gli occhi come a voler scrutare meglio.

- Non sarai per caso, negli ultimi giorni, diventato cattivo anche tu?

Il ragazzo per un attimo provò imbarazzo, ma quando vide nello sguardo di Ilda un sorriso mal celato, rispose sicuro:

- No, no davvero! Lo sai che io sono bravo!

Bevve avido l’aranciata e col dorso della mano si asciugò la bocca.

"Che sete dovevi avere, ragazzo mio - pensò tra sé Ilda - Quattro ore di attesa sotto questo sole cocente non sono uno scherzo neanche per te che sei giovane…" 

- Bene! - fece lei - Allora non perdiamo tempo e di corsa al lavoro! Hai studiato? - chiese mentre si spostavano verso la stanza più grande dell'appartamento, dove nel centro Ilda aveva sistemato il suo vecchio pianoforte a mezza coda. Su un piccolo mobile alcune foto in bianco e nero. Restava ben poco spazio ma era il suo rifugio, arredato di intimità. Abitava in quella casa ormai da quindici anni. Non era grande ma per le sue esigenze andava benissimo. L'importante per Ilda era stato aver potuto sistemare il pianoforte e ricavare una stanza per i suoi amici, così da poterli ospitare quando passavano da Gerusalemme. Aveva scelto quella zona perché allora vi abitava una cara amica russa, conosciuta durante la prigionia, ormai morta da tempo. Fu lei a convincerla a trasferirsi in Israele a Gerusalemme. Era un quartiere periferico, in origine povero ma dignitoso, a metà strada tra il centro e la campagna. Le uniche cose che si era portata dall'Italia erano state una vecchia stampa di Firenze, la sua città, il pianoforte a mezza coda, identico a quello che aveva nel salone della sua casa di famiglia in Piazza D'Azeglio, quand'era bambina. E poche fotografie. Su quei tasti aveva imparato a suonare le prime note, guidata per mano da suo padre Davide. Dopo le ore di studio e di musica con lui, le piaceva soffermarsi alla finestra e osservare le foglie degli alberi cadere nel giardino della piazza. Scendevano leggere, volteggiando con eleganza. Quasi note di una suite. Per poi posarsi come a riposare. Ma erano cose d'altri tempi. Allontanò quel sussulto di malinconia misto a dolore e rivolta ad Omar, disse in italiano:

- Suvvia, si comincia!

Il ragazzo prese lo zainetto, tirò fuori le fotocopie di una sonata di Mozart e poi aprì il panno che custodiva un flauto.

Ilda si accomodò al piano.

Al suo via le note della musica riempirono di brio la stanza e l'intera casa.

 

 

Capitolo II

Si erano conosciuti tre anni prima su un autobus. Ilda stava andando da un’amica nella parte ovest di Gerusalemme. Intenta a guardare fuori dal finestrino  nemmeno si accorse di quel ragazzino dai capelli riccioluti e neri che le si era seduto al fianco. Ad un tratto l’autobus frenò violentemente e il ragazzo d’istinto, per evitare di scivolare a terra, mise in avanti le mani aggrappandosi al sedile anteriore. Così lasciò cadere a terra i fogli che aveva in mano. Volarono un po’ ovunque, anche sotto i piedi di Ilda, scombussolata come tutti dal brusco arresto dell’autobus. Si chinò ad aiutare il ragazzo che veloce e deciso si dava da fare nel raccattare i fogli. Fu allora che notò che quelle erano delle partiture di un concerto per flauto.

- Tieni figliolo! – fece lei porgendogli due pagine raccolte sotto i suoi piedi – Studi musica?

- Si, signora – rispose il ragazzo con un fare tra il timido e il diffidente.

Solo in quel momento Ilda notò i suoi abiti troppo semplici per essere quelli di un israeliano.

- Anch’io studio musica. Io suono il pianoforte e tu?

Il ragazzo restò in silenzio. Cosa voleva da lui quella signora dai capelli bianchi? Poi rispose.

- Io sto imparando a suonare il flauto. Perché mi piace e perché è piccolo e posso portarlo sempre con me.

- Bene! – aggiunse Ilda – allora ti auguro di diventare un grande flautista.

L’autobus si fermò per lasciare scendere e salire i passeggeri.

- Ah! Questa è la mia fermata! – fece Ilda – e subito si alzò in piedi per guadagnare l’uscita ed evitare che l’autobus ripartisse con lei ancora a bordo.

Scese appena in tempo e le porte automatiche si richiusero alle sue spalle. Mentre l’autobus le passava davanti vide che il ragazzino dai capelli ricci la stava salutando con la mano. Sorrise sorpresa e d’istinto ricambiò il gesto. Poi attraversò la strada camminando con i suoi pensieri. L’amica l’attendeva, non voleva fare tardi. Restarono sedute in salotto dopo aver bevuto un buon the inglese e mangiato pasticcini danesi. Era quello il loro incontro mensile, un appuntamento irrinunciabile, un’occasione per raccontarsi le novità. Ultimamente non c’erano buone notizie perché andavano in direzione opposta alle loro speranze.

- Sai – fece l’amica – ieri riflettevo sul fatto che non so più quanto senso abbia continuare a vivere in una città dove sei sempre in allerta, in attesa della notizia dell’ultimo attentato. Sono stufa! Uno sopravvive ai campi di concentramento, viene a stare in Israele nella Terra Promessa per rinchiudersi in casa. Perché se prende un autobus rischia di saltare in aria. Non è questo quello che volevamo, quello in cui speravano dopo tanto dolore… C’è qualcosa che non va. E non credo sia sempre tutta colpa degli altri…

- Le cose sono complesse lo sai, perché complesso e contraddittorio è l’animo umano. Fare la pace costa molto, in termini di impegno e di attesa. E paga poco, nel breve periodo. Invece tutti, dall’una e dall’altra parte, hanno fretta di far prevalere la loro opinione, a qualunque prezzo. E questo è il risultato. Un dialogo tra sordi. Ho sentito dire che il Governo ha intenzione di costruire un muro per proteggere la città da possibili nuovi attentati. Non credo serva a molto. Quei soldi potrebbero essere spesi diversamente, magari per scuole e ospedali. Per tutti, gli uni e gli altri…

Non fece in tempo a terminare il discorso che in lontananza si udì un boato. Le due amiche si precipitarono alla finestra. Un denso fumo nero si stava alzando da una strada del centro. L’ululato delle sirene cominciò a squarciare il silenzio che per un attimo aveva avvolto la città, seppure attutito dalla lontananza. Restarono ammutolite.

 - A chi sarà toccato questo volta? - fece Ilda con voce strozzata. Quel giorno restò a dormire dall’amica, fu più prudente. ...

 

La storia Continua la prossima settimana ...

 

 

di Giuseppe Delle Vergini