Raffaele Fino
San Marco in Lamis, martedì 28 settembre 2021 - Cento anni fa, la era del 25 settembre 1921, a Mola si Bari, fu assassinato il deputato socialista Giuseppe Di Vagno, dopo un comizio. Fu il primo parlamentare martire a cadere sotto la violenza fascista. “.Aveva appena 32 anni quando fu assassinato per le sue idei riformiste e per la sua azione concreta in favore ei lavoratori e delle classi emarginate.
Ma la sua figura e il suo insegnamento non appartengono al passato e alla retorica: restano tutt’ora validi nel sostenere il cammino del PSI e nel costruire il risanamento dello Stato ….Qualcuno potrebbe chiedersi, per un momento, che senso abbia ricordare fatti così lontani, fuori dl dibattito e dall’interesse stesso delle generazioni attuali. La risposta che dobbiamo dare va cercata fuori dalla retorica e lontana dal vittimismo; individuata nelle realizzazioni compiute e nei valori politici che da quegli eventi sono scaturiti. Mano a mano che trascorrono gli ani avvertiamo un inaridirsi della cultura che impedisce alla nostra società civile di avere chiari orientamenti …
Dobbiamo quindi cogliere ogni occasione utile non per rifare la storia, ma per interpretarla in chiave oggettiva. In questo modo, Giuseppe Di Vagno appare non solo come il protagonista di una fase di forte conflitto sociale in un’area limitata di interessi locali, ma piuttosto come il campione di un movimento di emancipazione che agisce senza confini di spazio o limiti di tempo. La sua figura è il prodotto … di una forza morale che si pone al servizio di un’idea e la persegue con una fede che non conosce tentennamenti e non indietreggia.” (Rino Formica)
La sua azione fu sempre improntata a un socialismo che “ non si crea demiurgicamente a colpi di decreti emanati da un potere autoritario, ma è costruzione cosciente e graduale delle masse proletarie raccolte intorno alle proprie istituzioni che operando e lottando si abilitano ad amministrare un ordine nuovo. Questa è la linea di discrimine, mai inquinata da settarismo, che lo divide dai comunisti e dai massimalisti. Il suo punto di riferimento è il riformismo turatiano. ( Gaetano Arfé)
Il suo assassinio (lo colpirono alle spalle con una scarica di proiettili) fu “un’azione esemplare per colpire un uomo esemplare: un esempio di viltà e di barbarie per cancellare un esempio di coraggio e di civiltà. La sua figura non fa parte solo della coscienza storica del movimento contadino pugliese, fa parte della coscienza storica nazionale.” (Bettino Craxi)