Mario Ciro Ciavarella Aurelio
San Marco in Lamis, lunedì 14 gennaio 2019 - Non doveva essere per niente facile far rotolare un oggetto di forma quasi sferica su un qualcosa che non fosse un terreno di gioco, ma una Terra. Sapere di giocare ad uno sport per niente vecchio, ma ancora da decifrare cosa dovesse fare un attaccante e un difensore, è uno dei compiti più difficili di sempre. E il portiere poi, per quanto tempo “doveva” restare in porta? Uno strano enigma era ancora da risolvere, quando, oltre cento anni fa, tanti uomini di tutto il Mondo scoprirono un gioco “facile” e naturale come correre.
Solo che si doveva correre con un pallone attaccato, o quasi, ai piedi. Equilibrio, dribbling e visione di gioco. A dirla così viene voglia immediatamente di mettersi in calzoncini e giocare: sembra tutto facile!! Immaginate tutto questo su una Terra di colore incerto che accoglie su di essa ventidue ragazzi che vogliono capire i segreti del Calcio.
Bisognava prima di tutto saper correre per un’ora e mezza, e poi capire se i colpi di testa di quanto potessero far male… alla testa, considerato il tipo di pallone usato. Capire perché tanti sacrifici nello spingere, calciare contro avversari e lottare contro un vento che spesso, nonostante fosse molto forte, non era nemmeno sufficiente per far interrompere una partita.
Bisognava capire troppo, in quel 15 Maggio 1910 all’Arena Civica di Milano, dove per la prima volta la Nazionale Italiana di Calcio disputò ufficialmente il suo primo incontro contro un’altra Nazionale. In questo caso la Francia. Il risultato non lo diciamo: è inutile in questo contesto, dove si parla della scoperta di un passatempo che era nato da alcuni anni e che tutti volevano capirne i meccanismi.
Capire il Calcio è come scoprire l’America: lo si può fare solo una volta, o li si capisce subito oppure mai. La Terra di Calcio aveva un sapore che non si poteva assaporare in altri contesti. Non era verde, nemmeno rossa e tanto meno marrone. Aveva un colore che doveva ancora nascere. Come il Calcio. Terreno e Calcio ebbero la stessa paternità: nacquero insieme, e insieme sono rimasti per tutta la vita. Le prime impronte impresse dai calciatori italiani in quel dell’Arena di Milano, forse stanno ancora lì, e commentano sempre quell’incontro. Sono gli Adamo ed Eva di tutti i calciatori italiani.
Mario Ciro Ciavarella Aurelio