Mario Ciro Ciavarella Aurelio

San Marco in Lamis – mercoledì 9 gennaio 2019 - Dipende sempre da chi è che parla o che sta per parlare. Dipende da cosa ci aspettiamo da dichiarazioni o semplici proposte. Dipende anche dal perché c’è quella presenza dentro quel locale. E poi dipende anche da noi, su cosa stiamo facendo in quel posto, le nostre aspettative, dove c’è gente che sta per parlare o lo ha già fatto.

 

E spesso quello che parla di più, è il silenzio. Quello che precede una semplice dichiarazione, oppure il silenzio che prende vita tra una dichiarazione e l’altra. Ma il silenzio più grande è quando si entra. Quando quella persona che sta per parlare, entra in un locale, dove magari la stanno tutti aspettando. È in quel momento che il silenzio parla più di mille discorsi.

Quando entrò il pentito di mafia, Tommaso Buscetta nel maxi bunker di Palermo, durante il maxi processo contro Cosa Nostra (Aprile 1986), quel posto restò muto per tantissimi minuti. Buscetta scortato da dieci Carabinieri che lo circondavano, entrò e subito si sedette davanti alla Corte, per deporre così come aveva già deciso da tempo, e mettere fine alla Mafia.

Non perchè si fosse pentito, in senso morale o cristiano, ma per vendicare tutti i soprusi che subì: due figli uccisi, nipoti, cognati ed altri famigliari, per un totale di 11 congiunti. Gli oltre 400 imputati di questo maxiprocesso, videro avanzare Buscetta nell’aula bunker, e quel silenzio valse più di altrettante dichiarazioni. Ormai erano tutti condannati: lo capirono solo vedendo Buscetta lì dentro.      

Quando altri boss pentiti si presentarono nell’aula bunker, c’era sempre un mormorio di disapprovazione da parte di centinaia di imputati. Ma nessuno di quegli imputati si permise di interrompere o mormorare quando Buscetta svelava l’organizzazione della Mafia. Solo Pippo Calò chiese ed ottenne di interloquire con Buscetta: le dichiarazioni del superpentito misero in difficoltà il povero Calò.

Il maxiprocesso durò quasi due anni, con condanne che decisero   19 ergastoli e altri 2.665 anni di detenzione in totale per quasi tutti gli imputati. Quello che poteva sembrare inizialmente uno show mediatico, alla fine si è rivelato un colpo al cuore alla malavita organizzata siciliana. E in tutti quei mesi di processo, il silenzio veniva spesso interrotto da varie sceneggiate di alta scuola napoletana: spesso c’erano imputati con crisi isteriche vere o presunte, che cercavano di minare i nervi della Corte e far perdere tempo. Altre volte c’era una vera e propria sfilata di indagati, già in carcere, che si presentavano su delle barelle o sedie a rotelle.

In quei casi il silenzio veniva sostituito da pseudo personaggi da circo Barnum: si dichiaravano ammalati da tempo, estranei ai fatti e non riconoscevano nessun indagato in quell’aula. Il peggio che la specie umana possa mettere in scena!!

Il silenzio che spesso manca, a volte viene sostituito da quello pieno di parole, di gente come Tommaso Buscetta: soltanto con la sua presenza fece parlare la coscienza dei tanti. Anzi, di tutti quelli che venivano processati in quei giorni. E le coscienze dei condannati, presenti in quell’aula, urlavano! Solo che il resto del Mondo non sentiva nulla…