Mario Ciro Ciavarella Aurelio

San Marco in Lamis, venerdì 2 novembre 2018 -  Il discorso dei fiori è prettamente per i vivi: ci serve per ricordarci che almeno una volta l’anno dobbiamo rendere omaggio a coloro che non ci sono più. Non è possibile che tutto il discorso della morte venga rinchiuso in un mazzo di fiori: sarebbe troppo poco. E forse nemmeno in una lampada accesa, infatti ci sono quelli che la lampada la tengono accesa al cimitero davanti ai loculi dei parenti… solo per il mese di Novembre. E allora c’è qualcosa che non va: nemmeno la lampada serve per il dopo…

 Non sappiamo cosa ci sia dopo, sempre se qualcosa esista. È quell’attimo tra il Prima e il Dopo è che angoscia, eppure è un attimo. Dopo se nulla esiste, non ricorderemmo nulla del Prima: come se non fossimo mai nati. Se invece Dopo c’è qualcosa, ricorderemo tutto quello che c’è stato e anche quello che ci sarà Dopo, per quelli che sono ancora  in vita.

 È una situazione al limite del paradosso: in Altrove c’è tutto, la vita e la morte di tutti. Un’immensa terra dove tutta l’umanità dalle origini ha vissuto, una folla immensa, dove perdersi sarà molto facile. Potremmo incontrare gente conosciuta, come quella mai vista prima, forse potremmo farci nuovi amici oppure quella dell’amicizia sarà un concetto solo terreno e non spirituale.

 La contemplazione di dio dovrebbe essere un’esclusiva per pochissime persone: solo i santi e nessun altro!! Carne e spirito che si mischiamo per l’eternità. E poi alla fine di tutto verranno chiuse le porte di Altrove. Quando il giudizio universale sarà concluso: anima insieme alla carne, sofferenza o beatitudine per sempre.

 È una prospettiva terrificante, poco rassicurante. Dio lontano per quasi  tutti, e vicinissimo solo per pochissimi eletti. Una lontananza che potrebbe far aumentare le sofferenze per quelli che continueranno a soffrire  Altrove, dopo aver magari sofferto anche Aldiqua. Un inferno che non avrà mai fine: prima e dopo la vita.

 Il concetto di Altrove non è per tutte le religioni: gli induisti credono nella reincarnazione dell’anima fino a quando si raggiunge il Nirvana, una beatitudine eterna. Ma non tutti ci arrivano, solo pochi, dopo essersi reincarnati anche negli animali. I buddisti non sono dei credenti nel vero senso della parola, ma seguono soprattutto una filosofia di vita: cercano di soffrire il meno possibile, cercando di allontanare da loro tutto ciò di cui non hanno bisogno per vivere. Ma trattengono solo l’essenziale. Sono lontani dalle tentazioni.

 Il concetto di Paradiso o qualcosa di simile, è prettamente cristiano e islamico: entrambe le religioni parlano di castigo o premiazione. Il bello è che è tutto deciso(?!) Dio onnisciente sa già tutto di noi, anche prima della nostra nascita. E allora esiste il destino!! “Se dio vuole”, “Inshallah” إن شاء ال له  (in arabo). Cristiani e islamici hanno la stessa radice come credenza, si parte dalla volontà di dio in tutto! E quindi anche in Altrove le presenze sono già state decise prima “dei tempi”. Tutto questo è inquietante.

 Come lo è anche l’ambiente di un Altrove tutt’altro che “vivibile”: fuoco, gelo e buio che ne fanno da contorno. Ritrovarsi in una moltitudine senza  la possibilità di guardarsi in faccia, così come ci ha descritto Dante nel suo viaggio visitando i “Tre Piani del Dopo”.   

 Tutto quello che Dante ha visto in quell’Altrove brutto e cattivo, lo ha vissuto al buio: lì non si vedeva nulla, solo lui poteva capire quello che c’era, poiché cosi dio decise, per poter poi fargli descrivere quelle terre desolate piene di anime in pena.

 E poi ci sarebbe il “Piano di Mezzo”, una specie di sala di attesa per espiare ancora qualcosa che sulla terra non siamo riusciti a concludere “come dio comanda”. Un luogo di purificazione, un’esclusiva del Cattolicesimo, che nessuno sa quanto potrebbe durare; e poi il tempo, un concetto che Altrove dovrebbe avere un valore sicuramente diverso da quello terreno.

 Siamo tutti dietro la Porta dello Spavento Supremo, non la si può nemmeno appena aprire: potrebbe essere pericoloso, richiuderla poi potrebbe essere impossibile.

 Aspettiamo che qualcuno, da dietro quella porta, faccia il nostro nome.

 

Mario Ciro Ciavarella Aurelio