Mario Ciro Ciavarella Aurelio

San Marco in Lamis, sabato 14 luglio 2018 - “Uagliù, jat a jucà a ‘mmez lu chian”, era il consiglio/rimprovero che quando eravamo ragazzini (quasi 50 anni fa) ci veniva rivolto dalle anziane del nostro paese. Pensandoci bene, è strana come indicazione toponomastica, quella di dire di andare a giocare nel posto che molti anni dopo sarebbe diventato piazza Europa.  

 Perchè queste anziane signore non suggerivano di andare a giocare, ad esempio, nel campo sportivo o nella villetta? che erano i due posti storicamente più indicati per tirare due calci ad un pallone? Il perché è, forse, una rarità come notizia: il primo spiazzo utile per giocare a calcio, i ragazzini sammarchesi di cento anni fa (anno più, anno meno), lo trovarono nello spazio compreso tra l’attuale ufficio postale e piazza De Martino.

 È lì che a noi ragazzini ci volevano mandare, con le buone (o con le cattive) le signore alla quali, magari, avevamo rotto un vetro giocando a pallone per strada. La nostra breve (e personale) storia di “mez lu chian”, inizia proprio da questo posto, dove si andava giocare a calcio. 

 In quella zona molti decenni dopo, si assisteva d’inverno ad una scena del genere: si vedevano a volte salire degli autisti su dei pullman (“pustala”)  per mettere le catene alle ruote. Andavano a prendere delle catene da neve da montare quando le nevicate erano frequenti, abbondanti e abbastanza insidiose, quando si arrivava “sotto S. Matteo”.

 Dove ci sono alcune curve rese impervie dalle abbondanti nevicate di almeno quarant’anni fa. All’epoca l’autista della “pustala” invitava i viaggiatori ad “appresarsi” sulla parte posteriore del pullman , in modo tale che il mezzo si appesantisse sulle ruote posteriori e il viaggio (forse) potesse riprendere.

 E si ripartiva, nemmeno la neve fermava i “trasporti su ruote”: gli studenti dovevano arrivare a destinazione, altrimenti il Preside il giorno dopo  girava per le classi a chiedere spiegazioni!! Neve o non neve!!

 Il colore dei pullman era uguale per tutti: azzurri con una striscia bianca nel mezzo. Sopra aveva una portabagagli che si poteva raggiungere grazie ad una scaletta sistemata sulla parte posteriore della “corriera”, l’aria condizionata da noi non era ancora arrivata, e per ottenere un po’ di refrigerio ci si aiutava con ventagli e soprattutto con tutti i finestrini aperti. E spesso si viaggiava anche con la porta anteriore aperta(!!??)

 A “mmez lu chian” c’era sempre un giovane (adesso è un signore) che aspettava i viaggiatori appena scesi dai pullman, che giungevano soprattutto da Foggia, dalla stazione esattamente. Quel ragazzo si offriva di aiutare l’emigrante appena arrivato, potando le valigie, dietro piccola ricompensa volontaria. E durante il tragitto, l’emigrante appena rientrato a casa per pochi giorni, raccontava la sua “nuova vita” da emigrante e soprattutto: quando sarebbe andato via!! Da noi del sud è così: appena si arriva si dice subito dopo, la data della partenza. (Questo è un aspetto antropologico di difficile spiegazione!)

 La biglietteria della SITA venne costruita alla fine degli anni ’50, il bigliettaio storico di questa piccola stazione di autobus, è stato il signor Pietro Pignatelli, che ha occupato quel posto per 25 anni. A volte per motivi personali il Pignatelli si assentava e veniva sostituito momentaneamente dal figlio Mario, noto postino del luogo. E prima ancora della costruzione della biglietteria, i biglietti si vendevano in un locale che adesso si trova a fianco del caffè Noir, e il bigliettaio era Michele “Santaredda”.

 La struttura della biglietteria è sempre la stessa, stessa grandezza e “design”. I biglietti erano dei piccoli pezzi di carta molto sottili, e si doveva stare attenti a non perderli. E poi, se si andava di fretta, i biglietti si potevano comprare direttamente sui pullman, dove c’erano i bigliettai  muniti di macchinette di ferro pesante!! letteralmente appoggiate sulla pancia e tenuta con una cintura legata in vita dal bigliettaio. Che, quando il pullman era affollato, aveva difficoltà a passare tra i viaggiatori, proprio per “colpa” della macchinetta che andava ad incastrarsi tra la pancia del bigliettaio e alte parti “vitali” dei viaggiatori(!!??)   

 La stazione dei pullman SITA per tantissimi anni è servita anche per far nascondere, letteralmente parlando, decine di “amici afflitti” che dovevano!!! dare “la mano al morto” (fare le condoglianze ai parenti del defunto). Siccome all’epoca era usanza andare dietro il carro funebre, ma non molti lo facevano poiché il corteo funebre girava in tutta San Marco, allora tantissimi si nascondevano sia dietro la stazione, che dietro i pullman parcheggiati.

 E poi improvvisamente uscivano dal nascondiglio per pararsi davanti ai parenti del defunto per stringerli la mano. Per le nuove generazioni potrà sembrare strano: ma i parenti del defunto ricordavano sempre quelli presenti “alla mano al morto”, come quelli assenti al rito delle  condoglianze.

 Erano funerali chilometrici: il corteo funebre girava per i due corsi principali, per poi terminare la corsa proprio vicino alla  SITA. Il che vuol dire, qualche chilometro di camminata a passo lento, vale a dire quasi un’ora di passeggiata, escluso il tempo di ascoltare la Messa. Insomma: bisognava prendere un giorno di ferie, a volte…

 Questa usanza non sappiamo quando iniziò, ma nel tempo si ridimensionò, fino a scomparire alla fine degli anni ’90. Il luogo dove venivano date le condoglianze si spostò dalla SITA, a davanti la chiesa di Santa Maria delle Grazie. In pratica venne scelto un altro luogo meno  trafficato e più riservato.  

 Però, la zona prescelta per continuare a dare le condoglianze, era e lo è ancora, un luogo dove la gente che ci abita, era obbligata ad assistere tutti i giorni a dei funerali e di conseguenza alla stretta di mano. I residenti di quella zona non ce la fecero più, sollecitando più volte chi governava il paese a prendere una decisione definitiva per estinguere (scusate…) “il rito della mano”. Minacciando di chiamare quella piazza non più Largo Madonna delle Grazie, ma “Piazza Dare La Mano Ai Morti”.

 La “minaccia” evidentemente ebbe successo, e il rito della mano” (che non serve assolutamente a nulla!!!!!!!!!!! vedesi: nascondiglio dietro ai pullman) venne abolito (oooooh!!) E da quel momento le condoglianze vengono date in chiesa oppure al cimitero.

 Parliamo dei primi anni ’70, in piazza Europa c’erano anche dei pulmini privati che “offrivano” di portate fino a San Severo o Foggia, sammarchesi che non potevano raggiungere quelle stazioni con gli orari consoni per poter prendere il treno. Gli autisti dei pulmini “fuorilegge” davano il loro aiuto per poter far giungere l’emigrante sammarchese alla stazione ferroviaria e poi i treni direzione Nord.

 Questi pulmini a conduzione famigliare, si fermavano vicino al bar “da Briele” e lì facevano la posta per chi avesse bisogno di un passaggio straordinario. Erano dei pulmini “Fiat 850”, molto stretti che, non so come, riuscivano a non ribaltarsi e a restare in equilibrio.

 Al bar “da Briele” si potevano comprare anche i biglietti per i pullman… ufficiali, oltre ad essere il ritrovo principale della nostra piazza. Il bar aveva la stessa struttura esterna come quella del Caffè Noir di Lino Pirro, solo che tanti anni fa aveva un pergolato fatto da canne di bambù. E fuori dal bar l’immancabile juke box: 50 lire una canzone, 100 lire tre canzoni.

 All’interno, oltre al locale adibito a bar, c’era anche una saletta sulla sinistra dove si poteva giocare a biliardino, c’erano dei ragazzini che spesso cercavano di manomettere il meccanismo che non permetteva di far  uscire  la pallina, quando si faceva gol, andava in rete, bloccandolo con una 10 lire.

 Trucchi troppo ingenui per fregare il proprietario del bar, Gabriele Soccio, che in fatti di storielle e aneddoti ne poteva raccontare per ore. Come quando ad un amico mio che spesso si recava al convento di San Matteo per studiare in biblioteca, comprando il biglietto al bar, all’ennesima richiesta di “Due biglietti per San Matteo; “Briele” rispondeva: “Uagliò, ma che a Sant Mattè t va a fa monnece?”

 Al centro della nostra piazza, dove adesso c’è un simil-obelisco in una rotatoria, che serve unicamente per “farsi evitare” dalle auto, nel 1930 c’era il chiosco di Angelo Bonfitto (“Frusculicchie”). Tale punto vendita di gelati e granite rimase lì fino al 1950, e da quell’anno il figlio Michele lo trasferì nell’attuale posto: a fianco della SITA.

 Michele Bonfitto venne così riconosciuto come il nuovo proprietario del chiosco di “mez lu chian”, dove produceva un’ottima orzata, che molti anziani ricordano ancora. Dal 1988 il chiosco diventa di proprietà di Saverio Giuliani (“Ughetto”), che fin da piccolo aiutava lo zio Michele Bonfitto a vendere gelati e dolciumi. Con la gestione di Saverio, il chiosco venne ulteriormente ingrandito.

 Quando Saverio aveva al chiosco i tavolini al’aperto, in occasione delle partite che venivano trasmesse in tv, ricordava con un cartello che: “L’abbunat… ha sempre un posto in prima fila”. Per invogliare i clienti seduti che assistevano alle partite che, volendo, potevano anche acquistare qualcosa al suo chiosco!!

 Il chiosco originale di “Frusculicchie” venne spostato dal centro della piazza al posto dove vende Saverio, poiché in quella zona iniziavano i lavori per sviluppare l’arteria stradale nazionale. Parliamo dei primi anni ’50, e quindi si doveva fare spazio alle auto che iniziavano a transitare anche nel nostro paese.

 (Fine prima puntata)

 

Mario Ciro Ciavarella Aurelio         

 

Nella prossima puntata parleremo, tra l’altro, dell’ufficio postale e della piazza (fu) Portoghesi.