Mario Ciro Ciavarella

San Marco in Lamis, venerdì 29 giugno 2018 -  La porta difesa da un portiere fa venire in mente ad una portineria di tanti anni fa. Quando molti palazzi avevano una specie di dogana, dove la gente che non abitava in quel condominio, doveva necessariamente fermarsi e presentarsi. Così viene vista una porta in un campo di calcio. Una zona di confine tra la vittoria e la sconfitta, tra il “lecito” e “l’illecito”. L’ultimo difensore di una squadra di calcio è come se fosse un intruso: non corre, non suda, non si stanca né fisicamente e né mentalmente. Sta lì in attesa che qualcosa succeda.

 Come il sottotenente Giovanni Drogo, protagonista del romanzo “Il deserto dei Tartari” di Dino Buzzati, che è in attesa nella Fortezza Bastiani, dell’arrivo del nemico. Avversario che da tempo non dà segni di vita.

 Così vive un portiere: in attesa degli eventi. Aspetta che le trame di un incontro di calcio interessino anche lui. E quando questo avviene, tutti gli occhi dei calciatori e sportivi, sono rivolti verso di lui. E quei metri che delimitano una porta di calcio, iniziano a sembrare sempre di più. Il portiere ha un senso della misura diverso da tutti gli altri: ha paura degli spazi vuoti.

 Fino a quando non è entrato in campo un portiere diverso dagli altri: José René Higuita Zapat, semplicemente: Higuita! Un portiere-calciatore colombiano, classe 1966. Ha inventato un nuovo modo di giocare in porta: uscendo dai pali e giocare attivamente a calcio. Ha segnato 45 gol, nemmeno un terzino di qualsiasi squadra di calcio può vantare questo record!!

 Oltre ad andare a passeggio sul campo da calcio, ha inventato anche un nuovo modo di parare: il colpo dello scorpione. Questa assurda parata consisteva nel lasciare andare la palla fino a dietro la sua testa e colpirla in tuffo con entrambe le suole delle scarpe(!?)

 Roba da circo equestre, potrebbe obiettare qualcuno. Sì, ma farlo durante un incontro di calcio contro degli avversari, non penso proprio che ci sia un tendone intorno: non è la stessa cosa. Questo portiere-calciatore ha avuto una vita vissuta pericolosamente: tra l’altro nel 1993 fu tratto in arresto perché fece da mediatore in un sequestro senza avvisare la polizia, rimanendo in carcere per sette mesi; e il 23 novembre 2004 venne poi trovato positivo alla cocaina in un test antidoping.

 Il suo modo di fare ha influito sul gioco della sua nazionale: non riusciva a stare fermo, quando poteva andava verso l’altra metà campo quasi a fare il regista. La sua consacrazione avvenne ai Mondiali di Calcio del 1990 in Italia.

 Era già famoso da alcuni anni, avendo disputato la finale di Coppa Libertadores contro il Milan di Arrigo Sacchi, perdendo per 1-0 giocando nel Nacional di Medellin. Le sue immagini rarissime per l’epoca, circolavano quasi clandestinamente e molti non credevano al suo modo di parare: sembravano fotomontaggi (come si diceva una volta).

 La sua carriera finì per un passo… più lungo della gamba: proprio nei Mondiali in Italia, Higuita lascia la sua porta sguarnita e arriva quasi a centrocampo, dove l'attaccante avversario Roger Milla del Camerun gli ruba il pallone, realizzando una comoda rete. Fino a quel momento il portiere era stato uno dei maggiori artefici dei buoni risultati della sua nazionale.

 Di Higuita finora ce n’è stato solo uno. Non siamo a conoscenza di altri portieri che lasciavano la propria area di rigore per vedere se… i Tartari stessero arrivando. Lui preferiva andare a trovarli gli avversari, più che aspettarli…

 

Mario Ciro Ciavarella Aurelio