Mario Ciro Ciavarella
San Marco in Lamis, giovedì 14 giugno 2018 - È facile associare stati d’animo molto agitati o perplessità davanti all’opera “L’urlo” del pittore norvegese Edvard Munch. “Sentii un urlo attraversare la natura: mi sembrò quasi di udirlo. Dipinsi questo quadro, dipinsi le nuvole come sangue vero. I colori stavano urlando”. Il pittore si rese conto della bellezza e anche della drammatica caducità della vita: insieme compongono il Mistero dell’Esistenza. Come quando si urla di gioia, e si sa che subito dopo tutto quello di bello appena vissuto, cesserà.
Forse è più difficile arrivare a decifrare un altro urlo celebre soprattutto in ambito sportivo: “L’urlo di Marco”. Quando Tardelli durante la finale del Mondiale di calcio del 1982, segnò il secondo gol per l’Italia: vincemmo per 3-1. È un urlo che arrivò in una notte madrilena, davanti a 90.000 spettatori lì presenti, e miliardi lontano dallo stadio Bernabeu, dove si svolse quella finale. Un urlo che ha solcato tutti i cinque continenti ed è stato ascoltato lungo i quattro punti cardinali, grazie alla scienze e alla tecnica delle telecomunicazioni.
Due urla (Munch e Tardelli) che sono stati generati in momenti diversi, distanti quasi cent’anni uno dall’altro. E le urla vengono emesse quando non sappiamo esprimere con le parole ciò che viviamo nell’animo. Le parole non riescono a descrivere momenti irripetibili delle nostre vite: alcuni episodi sono unici, non possono essere replicati. Nemmeno nei ricordi. Così come quando si segna un gol. Non ci sono mai due gol uguali, sono sempre diversi, sia come situazione di gioco, che come importanza nel punteggio in quella partita. La bellezza dello sport consiste anche in questo: si fanno a volte dei capolavori (gol in questo caso) che nessun’altra azione di gioco riuscirà a copiare. E si urla!!
Si urla per dire: “Questo l’ho fatto io!” In quel momento si genera felicità per se stessi e per gi altri. Come quando si fa beneficenza, si aiuta a rialzarsi chi cade, dare un consiglio giusto al momento giusto. L’urlo di Marco Tardelli ha messo un imprimatur su quella partita. Come dire, oggi abbiamo vinto anche perché io ho segnato, e lo faccio sapere al mondo urlando. Le parole non servono. Quelle servono quando dobbiamo convincere qualcuno. Con i gol non si deve convincere nessuno: bastano solo loro per emozionare chi si sente coinvolto da quell’urlo.
Mario Ciro Ciavarella