Mario Ciro Ciavarella
San Marco in Lamis, lunedì 30 aprile 2018 - Pensandoci bene, la parole che usiamo sono sempre quelle. Non abbiamo un lessico molto vario, ma vivendo in contesti abituali, come la famiglia e il posto di lavoro, i termini usati per farci capire sono alcune decine. Non di più. Se poi ci aggiungiamo parole e concetti che usiamo nei luoghi di svago e di divertimento, se ne possono aggiungere alcune, ma non troppe, di parole che in casa e con i colleghi non usiamo.
E sono quasi sempre, i termini che usiamo in quei luoghi di svago, “minacciosi”, urlati, poco ortodossi. Per dirla in breve, parolacce o addirittura qualche volta delle bestemmie. Ma le diciamo per rafforzare dei concetti espressi, magari, durante una partita di calcio. Oppure quando si cerca di far valere la propria opinione su quella degli altri, parlando di politica. In situazioni che non sono di per sé gravi, ma unicamente di svago o sfogo.
Eppure ci sono casi in cui non se ne può più, e il vaso ha ormai traboccato tanta di quell’acqua che, anche a orecchie che sono abituate chissà da quanto tempo a sentire termini “esagerati”, darebbero fastidio anche ai classici scaricatori di porto.
In questo caso specifico non ci sono operatori del porto infastiditi da termini offensivi, ma sono quelli della direzione del centro sociale locale di Frascati, che hanno deciso di sospendere per un mese il gioco delle carte, con la seguente motivazione: «Comportamento non compatibile con la civile convivenza». Dopo sollecitazioni e avvertimenti che evidentemente non hanno trovato ascolto alla fine è scattata la «sanzione».
Ora, non vorrei che quando si gioca al “Tressette” oppure a “Scopa” ci fosse un comportamento da parte dei partecipanti, stile “Dowton Abbey”, telefilm inglese dove tutto è perfetto. Dove si racconta la storia di una ricca e numerosa famiglia inglese di inizio ‘900. Questo serial, molto elegante, forse è l’unico esempio di intrattenimento dove non c’è, non dico l’ombra di una parolaccia, ma nemmeno il minimo accenno di nervosismo e agitazione che potrebbe coinvolgere i personaggi di questa storia. A Dowton Abbey tutto è perfetto, fine, raffinato, compreso i congiuntivi pronunciati dai domestici (ignoranti) che servono in modo impeccabile i padroni di casa.
Non possiamo assolutamente pretendere tanto, da decine di pensionati chiusi dentro ad un circolo, dove manca solo il fumo della sigaretta che volteggia prima di sparire chissà dove. In quell’habitat naturale, per i pensionati, le parole di troppo, quelle sgrammaticate, fuori luogo, e anche qualche bestemmia verso il “dio delle carte sbagliate”, è d’obbligo.
Il giocatore di carte non è un credente monoteista (sempre se crede in qualcosa), ma è un credente politeista: crede nel dio della Briscola, in quello del fumo, nella divinità del vino (o birra), e in quella deputata a far trovare un tavolo libero in quel circolo dove giocare almeno per un’ora.
E dopo essersi raccomandato a tutte queste divinità, il giocatore di carte può iniziare le sue partite. E dire tutto quello che nel lessico della Crusca non è contemplato. E sapete perché? Perchè quando si gioca a carte, si pensa a tutto quello che ci è successo nella nostra vita.
È come se fosse un viaggio a ritroso, dove si rivivono situazioni per lo più poco felici, e quando le carte che abbiamo in mano non sono di nostro gradimento, il tutto ci riporta a ripensare a episodi poco piacevoli della vita appena trascorsa.
Una “Scopa” mancata per poco, potrebbe farci ricordare un acquisto importante non avvenuto per un’inezia: e giù bestemmie e imprecazioni verso il dio… delle locazioni. Avere in mano, come primo giro, carte inutili, potrebbe farci ricordare i nostri natali infelici: nati in una famiglia poverissima, dove c’era il genitore alcolizzato e l’altro di costumi poco chiari.
Le carte che ci ritroviamo nella vita, sono come quelle di quando si gioca a qualsiasi gioco delle carte: Briscola, Scopa, Tressette… Molto dipende dal caso, e il resto dipende dalle vite degli altri. Pochissimo da noi…
Le nostre giocate valgono poco. E lo sanno benissimo i pensionati che imprecano sbattendo le carte sul tavolo, quando giocano. Le imprecazioni servono solo per rafforzare quello che le carte che abbiamo in mano, hanno già deciso.
E il dio delle carte lo sa. E non si arrabbia. Anche perchè se vinciamo o perdiamo una partita, la colpa è soprattutto sua.
(Secondo me dio non sa giocare a tutti i giochi di carte. Ma solo al “Solitario”: lì è bravissimo!!)
Soundtrack: “Volta la carta” - Fabrizio De Andrè
Film recommended: “Casino Royale” di Martin Campbell
Mario Ciro Ciavarella