Confcommercio
Puglia, lunedì 19 settembre 2016 - Una campagna da dimenticare quella dell’uva da tavola in Puglia, compromessa a causa del maltempo che si è abbattuto con violenza anche ieri in particolare a Bari e provincia, mentre si registrano prezzi di mercato inaccettabili, nonostante il crollo delle quantità. Particolarmente colpita la zona tra Rutigliano, Conversano, Turi, Casamassima, Noicattaro, patria dell’uva da tavola, dove sono ingenti i danni al prodotto, alle piante, ai tendoni e ai teli.
“Il marciume acido ha seriamente compromesso – denuncia il Delegato Confederale di Coldiretti Bari, Angelo Corsetti - la produzione dell’uva da tavola, marciume formatosi per violenti e frequenti grandinate e nubifragi che hanno distrutto fino al 60% del prodotto e le previsioni del tempo non lasciano ben sperare. A fronte dell’aumento del 40% dei costi di produzione che i nostri produttori stanno sopportando per salvare il salvabile, i prezzi dell’uva buona non hanno beneficiato dei minori quantitativi sul mercato e mentre in campagna si spuntano al massimo 40 centesimi di euro al chilo, in Germania 500 grammi di uva da tavola di Puglia sono commercializzati in questi giorni a euro 4,99”.
La Puglia è il primo produttore in Italia di uva da tavola, con il 74% della produzione nazionale e, grazie all’enorme contributo pugliese e barese in particolare, l’Italia è il primo produttore al mondo con il 16% sulla produzione globale.
“Chiediamo alle istituzioni di ipotizzare un percorso straordinario – incalza il Direttore di Coldiretti Bari, Marino Pilati – per aiutare i nostri agricoltori colpiti da eventi calamitosi di straordinaria gravità, che non può essere il fondo di solidarietà nazionale ormai inadeguato a ristorare le perdite di prodotto. Sul fronte prezzi, invece, la forbice dal campo alla tavola è larghissima. Probabilmente non è ipotizzabile una legge che obblighi gli ipermercati a vendere prodotti locali, è invece praticabile l’ipotesi di preferire, nel rilascio delle autorizzazioni, quelle strutture che nella loro organizzazione commerciale e quindi nel loro regolamento societario dimostrano di saper valorizzare i prodotti legati al territorio ove si individuino approvvigionamenti di prodotti tipici direttamente dalle imprese locali a vantaggio sia della regione ospitante sia dei consumatori, per cui il prezzo finale non è gravato da ulteriori costi di trasporto”.
Le importazioni di uva da tavola in Italia ammontano a 25.000 tonnellate (circa il 3,2% dei consumi interni); di queste, una fetta consistente proviene dall'Europa (49%) e dall'America centro meridionale (circa il 25%), ed in particolare dai sue due principali paesi produttori Cile e Perù. La restante parte proviene dall'Africa (13,5%) ed Asia (4,6%).
Risulta eccessivo lo spazio riservato dalle catene della grande distribuzione italiana ed estera – secondo Coldiretti Puglia - ai prodotti provenienti dall’estero, soprattutto da Cile, Spagna, Brasile, Turchia, Marocco e Grecia. Peraltro, essendo ormai gli ipermercati il veicolo maggiore di commercializzazione dei prodotti ortofrutticoli, sono determinanti nella formazione del prezzo del prodotto agricolo in campagna. In una regione come la Puglia che detiene la leadership nella produzione dell’uva da tavola bisogna assicurare la disponibilità ai consumatori di produzioni locali che non essendo soggette a lunghi tempi di trasporto garantiscono freschezza e genuinità uniche.
Per questo Coldiretti Puglia ribadisce la necessità di intensificare i controlli per verificare l’indicazione obbligatoria dell’origine del prodotto agricolo in etichetta e rilancia l’importanza deli studi condotti in campo agroalimentare che riguardano la definizione dell’impronta digitale dell’uva da tavola pugliese mediante l’analisi metabolomica per evitare che prodotto straniero possa continuare ad essere spacciato per ‘made in Puglia’. I primi risultati tangibili di tali studi consentono la discriminazione delle uve in base alle varietà, all’origine geografica e alle tecniche agronomiche impiegate per la loro produzione. Ad esempio, l’impronta digitale con la Risonanza Magnetica è un potente strumento per distinguere un prodotto biologico da uno convenzionale.