a cura di Nicola Maria Spagnoli

Roma, 31 ottobre 2022 -  Non perché siamo nel periodo, ma si dirà: se non ora quando? Oggi trattiamo le copertine più note che illustrano l’argomento in oggetto soprattutto perché nel rock ne siamo sommersi, specialmente in certi filoni in cui si finisce per sconfinare nel trash se non addirittura nel comico. Evitando quindi quelle particolarmente trucide tipo le molte degli Iron Maiden e soci partiamo dal significato della parola del titolo, in latino che è più consona, che deriva dal greco come sa chi ha fatto il classico ovvero dal koimerion che letteralmente vuol dire luogo di riposo e dal verbo koiman = fare addormentare.

C’è un luogo in Italia dove il verbo si manifesta come in origine e dove la statuaria classica si è magnificamente espressa ed è Staglieno alla periferia nord di Genova, un cimitero monumentale aperto a metà ‘800  che rappresenta tutt’oggi un intreccio ideale fra monumento, architettura, memoria e natura tanto da diventare, fin dalla sua inaugurazione, una attrazione turistica sia per il riposo eterno dato a personaggi storici e moderni (citiamo Bixio, Mazzini, De Andrè, Govi, Pivano fra gli altri) sia per le visite di illustri personaggi, anch’essi storici (Sissi da imperatrice addirittura, Mark Twain, Guy De Maupassant, Nietzsche, Hemingway, Oscar Wilde ed infine, quello che più interessa i rokkettari, Peter Hook, il bassista dei Joy Division a seguito dell’utilizzo di alcune immagini di quel luogo per due iconiche copertine del rock ovvero quelle del gruppo inglese post punk Joy Division, la prima per  Closer, LP mitico e tuttora di culto (foto 1) e per Love will tear us apart (foto 2) il 45 giri estratto.

Certo teschi, croci e cimiteri al completo si sono sprecati e si sprecano anche per altri album, come per il plurimilionario Oxygene (foto 3) che nonostante fosse solo un album musicale e sperimentale seppure abbastanza techno, per altro francese, vendette tantissimo in tutto il mondo dal 1976 (solo quell’anno pare 12 milioni di copie!) album che diede fama imperitura a Jean Michel Jarre oscurando perfino quella del padre Maurice, il più noto autore di colonne sonore francesi e non. Già prima Phil Ochs, cantautore di protesta americano, nel ‘68 aveva adottato una copertina  sepolcrale ma autoironica (foto 4) così pure l’anno successivo l’altro cantautore americano Scremin Iay Hawkins (foto 5) che si fece fotografare in copertina addirittura in bara, un tizio famoso anche per le esibizioni macabre dal vivo, come in certe pubblicità attuali di più di una ditta di esequie nostrane (foto 6).

Un gruppo inglese di scarsa fortuna, i McGuinness Flint di cui dovrei avere un originalissimo 45 giri, ebbe un’idea simile nel 1971 (foto 7) ma il boom di bare in copertina si ebbe a metà anni 70 con gli americani, hard e rumorosissimi, Grand Funk Railroad che vidi al palasport di Roma (foto 8) e con gli inglesi Stray (foto 9), abbastanza simili e poi nei gruppi metal fra cui come non ricordare i grandi Metallica (foto 10) che dedicarono all’argomento più di una copertina nonché gadget (foto 11). Per concludere con copertine del nuovo millennio citiamo solo i Widow (che si rifanno sfacciatamente ad Ochs per la grafica! Foto 12) e gli inglesi Hours (foto 13) che usavano il memento mori anche nelle scenografie dal vivo (si fa per dire!) e il recente (2019) dei magnifici Dream Theater (foto 14) al loro quattordicesimo album.

 

                                                                                   Nicola M. Spagnoli

 

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