a cura di Nicola M. Spagnoli
Roma, martedì 24 marzo 2020 - Come lo studio di grafica creativa inglese Hipgnosis fu sinonimo di Pink Floyd, Led Zeppelin etc. così Martin Muller, californiano classe 1940, pittore, illustratore e grafico, che aveva adottato il nome Neon per la sua naturale predilezione per i colori elettrici, fu sinonimo di un gruppo americano in particolare, i Little Feat! Muller dopo una lunga gavetta come creatore di poster per i concerti all’Abalon Ballrom di San Francisco del celebre collettivo Family Dog e poi per i Dancing Food,
e per alcune storie su fanzine di fumetti, ebbe la fortuna di essere notato, a fine anni ’60, dal genio americano della musica ovvero Frank Zappa che si accorse della sua arte particolare e gli commissionò la copertina di Burny Weasels Ripped My Flash (foto 1) lo splendido settimo album del suo ensemble, quello delle Mothers of Invention. Ne uscì un’immagine forte nonché ironicamente anticonsumistica che diede vita anche ai primi poster dei Seventy americani, di uno stile decisamente POP, di pop-art, ma più truculenta di quella edulcorata anche se comunque provocatoria del maestro del genere Andy Warhol e a dimostrazione basta tener presente la copertina allusiva del primo album dei Velvet Underground.
Questa immagine per le Mothers inizialmente fu contestata sia dalla produzione che dai discografici essendo in pratica un semplice rifacimento a colori, abbastanza sconvolgente, della pubblicità di un noto rasoio elettrico, rasoio sostituito da una sanguinaria donnola ma alla fine Zappa la spuntò e la copertina usci così come l’aveva pensata Muller. La vera fama però Neon la raggiunse non con i suoi primi fumetti e manifesti e nemmeno con Zappa ma con l’enorme e certosina mole di lavoro fatto con il gruppo dei Little Feat sin dagli inizi e celeberrima divenne la copertina e relativi numerosi poster del loro secondo album Sailin’ Shoes uscito nel 1972 (foto 2) una composizione di sapore settecentesco ma maliziosamente sensuale. Per essi, per i Feat, coniò anche il logo derivato dal nome del gruppo, una elegante scarpetta antropomorfa che naturalmente diventò l’immagine di molte locandine (occhiello), di molti poster e compilation.
Anche Lowell George il mitico chitarrista e fondatore del gruppo ebbe una copertina, doverosa, da parte di Neon, garbatamente acculturata avendo rappresentato dietro il suo faccione una caricatura del celebre dipinto di Edouard Manet Le petit Dejeuner sur l’herbe (foto 3) con, al posto dei personaggi originari, un Fidel Castro che pontifica, un Bob Dylan che cinge una Marlene Dietrich non nuda, come nel quadro, ma…in costume di scena (foto 4), immagine questa utilizzata anche nei poster di Muller (foto 5). Certo Neon non era nuovo a riferimenti classici come in questa vecchia locandina (foto 6) in cui è palese il riferimento alla lotta, descritta nella Genesi, fra Giacobbe e l’Angelo, ampiamente illustrata dal Rinascimento (foto 7) all’800 (Delacroix: foto 8) al secolo scorso (Chagall: foto 9).
Il nostro poi con David Bowie (un best, foto 10) addirittura raccontò una storia a fumetti e altrettanto fece con un non eccellente album dei Beach Boys (L.A. foto 11) ma per i Little Feat davvero diede l’anima con miriadi di copertine, fra cui ricordiamo le più riuscite come quella del, secondo me, loro miglior album Dixie Chichen del 1973 (foto 12) un condensato del meglio del rhythm & blues sia di New Orleans che dei Rolling Stones, del tardo ma validissimo Down on the farm del 1979 (foto 13) o quella del favoloso doppio album dal vivo Waiting for Columbus, uno dei migliori live del rock di tutti i tempi (foto 14) di poster, di locandine per quasi tutti i loro concerti ed anche dopo la sua prematura scomparsa nel 1993 molti dei suoi personaggi furono utilizzati dai grafici, per cose inerenti il suo gruppo del cuore e per altro (foto 15).
Nicola Maria Spagnoli
Foto 1
Foto 2
Foto 3
Foto 4
Foto 5
Foto 6
Foto. 7
Foto 8
Foto 9
Foto 10
Foto 11
Foto 12
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Foto 14
Foto 15