a cura di Nicola Maria Spagnoli
Roma, Venerdì 11 maggio 2018 - L’esordio discografico della Formula Tre, dopo una gavetta come accompagnatori nei primi dischi di Lucio Battisti, avvenne nel 1969 con appunto un brano offerto dall’allora ormai già celebre cantautore. Si trattava di Questo Folle Sentimento, che fra l’altro fu il primo 45 giri della Numero Uno, la casa discografica fondata da Battisti, un brano ripreso in due parti nel fragoroso primo LP con un titolo, Dies Irae, derivante dalla celeberrima sequenza attribuita, ma non tutti concordano, al beato, ma solo per vox populi, Tommaso da Celano un frate francescano medievale con una ipnotica copertina dello studio Cesare Monti (foto 1).
Naturalmente i nostri non furono i primi musicisti ad ispirarsi al celebre inno che vantava e vanta tuttora, miriadi di rifacimenti e adattamenti della melodia, rifacimenti fatti soprattutto da grandi della musica classica nelle loro opere, vuoi in sinfonie, vuoi in messe, soprattutto da in quelle da requiem. Ci furono i grandi dell’arte figurativa come Michelangelo nel suo stranoto Giudizio Universale della Sistina che altro non è che un Dies Irae o Il meno famoso Giorno del Giudizio del pittore tedesco, ma di formazione fiamminga, Hans Memling (foto 2) e tanti, tantissimi altri per cui qualcuno ci ha fatto addirittura dei libri.
Ispirazioni similari ma originali naturalmente non potevano mancare nemmeno nella musica rock che specie nel periodo psichedelico trattò ampiamente temi religiosi e qui basta ricordare le due Misses degli Electric Prunes, specie la prima la celebre Mass in F Minor del ’68 e le varie messe beat anche nostrane a partire dai Barritas nonché alcuni dischi progressive italici. E’ d’obbligo citare in questo periodo Tutto deve finire del gruppo la Seconda Genesi per continuare con il Fede Speranza Carità dei Jet, la più incisiva Passio Secundum Matteum dei Latte e Miele al superbo Inferno dei Metamorfosi fino a titoli similari come Zarathustra del Museo Rosenbach e E fu il sesto giorno dei Metamorfosi ma i primi nel prog italico, è da riconoscerlo, furono proprio i Formula Tre.
Certo col senno di poi questo disco fu inserito nel filone progressive un pò troppo a forza perchè la straripante energia e gli originalissimi adattamenti delle melodie, soprattutto dei quattro brani di Battisti, propenderebbero piuttosto a collocarlo nel filone hard rock-psichedelico di derivazione Iron Butterfly o magari anche vagamente kingcrimsoniano. Pur senza bassista i tre, che effettivamente sembrano molti di più, valgono, suonano con una grinta ed una forza paragonabile, per noi ragazzi di allora, solo ai grandi d’oltremanica con la chitarra di un grandissimo Alberto Radius che la fa da padrone, una frenetica tastiera rock-blues come quella di Gabriele Lorenzi, che già aveva trattato il tema con i Samurai, ed una batteria, quella del giovanissimo ed esordiente Tony Cicco, che picchia come mai s’era sentito prima dalle nostre parti nell’epoca strettamente beat e che canta, inoltre, in maniera del tutto originale.
Oltre al lungo brano omonimo, evidentemente memore degli allora molto apprezzati Vanilla Fudge, con tanto di sospensioni ma con in più ingenui coretti e tenebrose declamazioni colpisce in particolare, soprattutto per il lungo assolo di batteria, la versione della battistiana Sole Giallo, Sole Nero, preludio al loro capolavoro discografico che si compirà con il terzo lavoro, il superbo LP Sognando e Risognando, dato alle stampe nel 1972 . Certo in questo primo disco eccellono anche la struttura di Perché…perché ti amo (musica di un allora ancora sconosciuto Edoardo Bennato!) e la variegata Se non è amore cos’è! nonché una Non è Francesca completamente personalizzata ma di certo non superiore a quella dell’autore, sì da fare di questo LP un disco che potremmo definire se non fondamentale almeno un apripista nella storia sia del rock che della canzone italiana.
La copertina naturalmente non è da meno e per questo la trattiamo in questa rubrica, un art work pittorico e variopinto, diverso rispetto alle altre del periodo che in genere mostravano ritratti anche poco felici mentre qui il gruppo è ripreso fotograficamente, e con un visuale grandangolare, soltanto sul retro copertina, naturalmente sempre dal fotografo Monti. Copertina dicevamo alquanto affascinante, che cattura lo sguardo ma anche inquietante poiché sembrerebbe rappresentare una specie di vortice dantesco, quasi un buco nero che inghiotte le cose del mondo e al contempo vomita della lav, una lava distruttiva in un’immagine di chiara ispirazione psichedelica. Questa scelta forse fu dovuta all’allora imperante arte grafica anglo-americana (foto 4) come del resto lo fu anche il, precedente, Ad Gloriam delle Orme, più floreale e rassicurante e comunque dal contenuto meno rock e meno prog del nostro.
Ma una derivazione ce la vedrei anche, forse inconscia, proprio in due celebri dischi, di poco precedenti, del progressive mondiale, nelle bocche aperte del In the Court of Crimson King o di Cottonwoodhill dei Brainticket mentre troviamo, anche qui lava incandescente visibile attraverso un buco nero apribile, nel meno famoso ma più fondamentale Elastic Rock dei Nucleus del trombettista inglese Ian Carr. Può darsi che successivamente addirittura Roger Dean abbia avuto in mente il nostro disco per realizzare la copertina, certo più edulcorata, di Fragile, il capolavoro degli Yes nonché il nostro Emilio Locurcio, anni dopo con il suo controcorrente Eliogabalo (foto 3) o il cantautore, in epoca più recente, Matt Corby di Telluric (foto 4).
Il poliedrico ex-Porcupine Tree Steven Wilson di The Raven That Refused To Sing (foto 5), ancora affascinato da progressive e psichedelia, anche ce lo ricorda in tempi più che recenti con quel faccione rotondo in bianco e nero per non parlare dei fumetti e dei cartoon attuali, come la popolare e omonima serie manga nonché nelle tradizioni primaverili del Bel Paese dominate un pò ovunque, e specie da noi con le fracchie, da bocche di fuoco .
Nicola M. Spagnoli
(Foto 1)
(Foto 2)
(Foto 3)
(Foto 4)
(Foto 5)