a cura di Nicola M. Spagnoli
Roma, martedì 1 marzo 2016 - Molti conoscono soltanto i Genesis di Phil Collins, quelli del secondo periodo, più fortunato ma anche più commerciale essendo decisamente diverso dal primo, quello con Peter Gabriel leader e anfitrione, quello progressive e innovativo, quello che noi decisamente preferiamo. Con questo album i Genesis, alla loro terza esperienza discografica, entrarono decisamente nella storia del rock ma non direttamente in patria, incredibilmente prima da noi ed in Belgio e, a tutt’oggi, Nursery Crime (foto 1) da molti è ritenuto un capolavoro, forte anche di una splendida copertina di Paul Withehead.
Il primo disco From Genesis to Revelation era indubbiamente interessante anche se acerbo, melodie alquanto ovvie ma testi diversi dal solito, ispirati ad argomenti biblici o fiabeschi, medievali e mitologici, strapieni di citazioni letterarie e poi…le coreografie, di una novità assoluta per i tempi, dovute principalmente al genio del leader. Il secondo lavoro Trespass fu già un piccolo capolavoro, con svariati piccoli poemi sinfonici, versi, piuttosto che testi, ancora più preziosi e criptici, melodie incalzanti e persino divagazioni jazz rock nella lunghissima Knife. Ed arriviamo al loro primo capolavoro che vide l’acquisizione di un nuovo batterista, Phil Collins appunto, e di un chitarrista eccezionale che si rivelò un vero e proprio maestro dello strumento, Steve Hackett.
Il disco si apre con una suite decisamente memorabile, quel Musical box che accompagnerà il gruppo in quasi tutti i concerti negli anni a venire, anche quando il magnifico poeta e cantante Peter Gabriel abbandonerà il gruppo. Momenti sognanti e delicatissimi si alternano a quelli più propriamente rock dal ritmo veloce e impetuoso. Testi che spesso fanno riferimento al sesso, generalmente trattato con ironia e mediante metafore, argomento che diventa una delle componenti anche in successivi lavori e tale resterà in numerosi testi di Gabriel. Lo stile musicale del gruppo dunque si definisce pienamente e finalmente trova la sua dimensione ideale proprio in questa mini-suite, mostrando la tendenza a composizioni articolate, proprie di quel genere che poi fu chiamato progressive, arpeggi delicati di chitarra seguiti da cavalcate incalzanti e poi da nuovi momenti acustici e delicati.
Il clima drammaticamente enfatizzate degli arrangiamenti riesce proprio qui a creare quadri capaci di rimanere fortemente impressi nell'ascoltatore. Una derivazione forse, come qualcuno dice, dal new jazz di Davis o meglio dal coevo Return to forever di Chick Corea e poi un esempio, più di altri gruppi anglosassoni, anche per i nostri miti del nuovo rock che subito trarranno linfa proprio da questo brano ad iniziare dalle Orme di Collage per continuare con la Premiata Forneria Marconi di Storia di un Minuto. La prima facciata dell'album si snoda attraverso altre due composizioni di tono minore, e questa carenza sarà affinata nei due lavori successivi (Foxtrot e Selling England by The Pound), più concept-album di Nursey e, almeno per me, decisamente più maturi. Ancora da rilevare la delicata e acustica For Absent Friends e quindi la potente e più marcatamente rock The Return Of The Giant Hoghweed un altro dei cavalli di battaglia dei Genesis per tanto tempo. Nella seconda facciata troviamo ancora un pezzo che diventerà un classico The Fountain Of Salmacis basato sul mito classico di Ermafrodito con ancora un testo che torna a parlare, sempre pacatamente, di sesso e ambiguità con una musicalità prorompente anche se qui mancano i momenti sognati che caratterizzavano l’apertura ed i voli pindarici della chitarra di Hackett.
E veniamo a Whitehead, ancor oggi famoso come l’artista dei Genesis avendo raggiunto la fama proprio con loro e con la copertina dell’album Trespass (foto 2) o quella di Foxtrot tratta da un suo quadro decisamente più surrealista e bello (foto 3) rispetto alla sua trasposizione in cover avendo il nostro come punti di riferimento, appunto, il movimento surrealista ed in particolar modo i maestri Salvator Dalì ed Henry Magritte a cui pare proprio ispirarsi la cattiva ragazza di Nursey Crime. Whiterhead aveva esordito anni prima con un album di Fats Domino ma fu con i Genesis che esplose avendo creato proprio con loro, con il celebre cappellaio matto (foto 4), anche il logo storico della Charisma, la loro casa discografica. Anche Peter Hammil leader dei coevi Van der Graaf Generator lo cercò per le sue copertine, ancora del filone surrealista e per quelle successive, decisamente più spaziali e tenebrose. I suoi lavori non si limitarono naturalmente a questi due gruppi, anche se furono quelli di maggior impatto internazionale.
Altro bel quadro il nostro artista lo creò per l’album Illusion dei Renaissance e per il quasi medievale, ma dal contenuto decisamente noir, disco cult degli High Tide. Anche i Lindisfane, gli IF, i Southern Comfort, tanto per citare i più noti nonché i nostri Aldo Tagliapietra e le Orme si rivolsero a Whitehead, il primo per il suo disco solista Nella pietra e nel vento, il gruppo per più di un disco. La copertina urbanistica per Smogmagica, l’album più americano delle Orme, è sua nonché il bellissimo e sottovalutato Elementi ed infine anche l’ultimo album di studio delle orme, L’infinito, dallo stile grafico nuovamente spaziale come Pawn Heart dei VDGG ma più essenziale. Successivamente e di recente Paul Whiterhead, oltre a dedicarsi alla produzione di opere e assemblaggi inneggianti i suoi capolavori di un tempo, ha imboccato una vena pittorica meditativa ed orientaleggiante purtroppo comune a molti altri e quindi non più originale e personale come un tempo ma i gadget ed i riferimenti alle sue antiche creazioni ancor oggi sono ampiamente diffuse, non solo tra i fan dei succitati gruppi.
Nicola Maria Spagnoli
Foto 1
Foto 2
Foto 3
Foto 4