Redazione
Rignano Garganico, domenica 04 giugno 2023 - “Na chiàcchiere tire n’àvete”. Ossia una parola o chiacchiera tra due o più persone, specie se sono in vena, suscita una risposta e ti fa conversare all’infinito. É il titolo dialettale del programma di recite messo in atto dalla Scuola Primaria e infanzia di Rignano Garganico. L’incontro sul tema avrà luogo, martedì 6 giugno, alle ore 17, 30 nell’ampia, moderna e ben visibile palestra che fiancheggia il citato istituto “San Giovanni Bosco”. Lo stesso plesso, come noto, fa parte dell’Istituto scolastico comprensivo “Balilla – Compagnone – Rignano” con sede in San Marco in Lamis, diretta in modo proficuo da qualche anno dalla dirigente Antonella Nunzia Basile.
Ovviamente l’iniziativa odierna che vede come animatrici ed organizzatrici le insegnanti medesime, si avvale del patrocino dell’Amministrazione Comunale in carica, diretta dal sindaco Luigi Di Fiore. La conoscenza del dialetto che di solito si parla in casa aiuta discenti e docenti a sviluppare i concetti insiti nella cultura della tradizione di solito coltivata e tramandata di generazione in generazione dalle famiglie di una determinata comunità, come è quella di un paese piccolo e unito come è quello in questione.
Conoscere, apprezzare e parlare, quindi, il proprio dialetto aiuta a crescere la collettività e lo libera dalla soggezione della lingua nazionale. Non dimentichiamoci che si sa l’una e l’altra solo quando si riesce a pensare in quella determinata lingua. Nei tempi passati il dialetto veniva considerato dalla scuola ufficiale una sorta di “handicap” classista, ritenendo l’Italiano un segno distintivo di civiltà e di cultura. La messa alla prova di siffatto principio anzi ché far crescere un ragazzo nella conversazione collettiva lo emarginava e lo costringeva a tacere e all’isolamento psichico e psicologico estremo.
Tale principio classista è perdurato per diversi secoli ed emerso in modo più lampante soprattutto dopo l’Unità d’Italia, con l’unificazione linguistica tra Nord e Sud e interregionale in genere. Nel periodo mussoliniano addirittura l’Italiano diventò un metodo distintivo ed elitario anche sul piano politico. Pertanto, anche a scuola il metodo, in virtù anche della cosiddetta riforma “Gentile” diventò selettivo. Chi parlava e si esprimeva in Italiano era considerato un ragazzo bravo da mandare avanti negli studi (scuola di selezione), il resto veniva destinato ad occupazioni subalterne di tipo operaio o contadino.
C’è di più. Per reagire alla concorrenza della classe dominante crebbe anche la brutta abitudine di italianizzare il dialetto. Usanza, quest’ultima, che perdurò sino agli anni ’50 e ’60, ossia sino all’avvento della scuola media unica, anche a Rignano Garganico. Qualcuno, ricorda che il papà o il nonno “italianizzava” i termini, specie quando aveva a che fare con la classe colta o nei momenti di arrabbiatura o di rapporto di comando tra genitori e figli. Con i nuovi programmi scolastici siamo finalmente pervenuti al bilinguismo perfetto per ciò che riguarda Italiano e dialetto. L’uno e l’altro seguono le regole grammaticali e sintattiche proprie e la scuola odierna ne diventa guida insostituibile di apprendimento, sin dalle prime classi, come nel caso odierno. Evviva il dialetto! Evviva la Scuola.