Antonio Del Vecchio
Rignano Garganico, giovedì 9 dicembre 2021 - L’ultimo testimone dell’affondamento della nave Sinfra, avvenuto nei pressi di Creta nella II Guerra Mondiale non c’è più. E’ venuto meno, sabato mattina 4 dicembre in ambulanza, mentre stava per essere ricoverato presso l’Ospedale di Vallo della Lucania. Si chiamava Pietro Puleio. Aveva 98 anni ben portati.Vi era giunto qualche giorno prima da Brescia, dove viveva da anni, assistito dai suoi famigliari. Voleva assolutamente morire ed essere seppellito nella terra dove era nato.
E così è stato, anche in questo caso assistito amorevolmente sino all’ultimo da un consanguineo. Chiamato alle armi il 14.01. 1943.. Artigliere nel II Reggimento è inviato sul fronte balcanico e poi al Pireo in Grecia. Qui passa al 51° Rgt Artiglieria "Siena". Evaso dai Tedeschi a Creta, ha militato per circa un mese nella Formazione partigiana della Divisione "Gramsci", conseguendone la qualifica di partigiano combattente.
Sbarcato a Brindisi il il 5 maggio 1945 viene inviato al campo di Taranto. Da qui a casa per licenza , Dopo di che viene accorpato al 158 Rgt di Artiglieria "Siena" e da qui al 15° Rgt di Artiglieria III gruppo. e, dopo un periodo di convalescenza concesso dal' ospedale militare. ottiene il congedo illimitato il 31 gennaio 1947. Negli anni successivi lo troviamo arruolato nel Corpo della Polizia di Stato, dove militò con onore sino al suo pensionamento. Fu ospite fisso in tutte le manifestazioni dell’Anpi, decorato più volte.
Ecco, comunque, la sua storia di vita e della sua originale avventura militare, contenuta pari pari nella seconda edizione riveduta ed ampliata del v. “Io Parto non so se ritorno” di chi scrive dedicato, appunto, alle storie dei caduti della II Guerra Mondiale, originari di questi ed altri luoghi. Pietro Puleio, nato a San Mauro La Bruca (Salerno), il 5 settembre 1923. Sposato con Salvatrice Tumino nel 1959, hanno messo al mondo tre figli: Maria Josè (classe1960); Mauro (1964); Marilena (1971). Ha abitato a Ragusa, dove ha conosciuto la futura moglie; a Napoli dal 1970. Dopo il suo rientro dalla guerra, si arruola nella Polizia nel 1948, congedandosi nel 1982.
Dal 1990, dopo il pensionamento, vive a Brescia assieme alla primogenita Maria. Si tratta di uno degli ultimi naufraghi della nave Sinfra, affondata nell’Egeo a seguito degli eventi bellici del 1943. così ci fa il racconto dello scampato pericolo, ovviamente perfezionato nel corso del tempo con altre precisazioni e ricordi suoi o appresi da altri: << La motonave Sinfra arrivò nel porto di Heraklion (Creta) nei primi giorni di ottobre 1943. Da parecchi giorni i convogli ferroviari tedeschi ammassavano, presso questa base, materiale bellico (bombe d’aerei, in particolare) provenienti dagli aeroporti limitrofi. Queste bombe erano destinate ad essere sganciate dalla Luftwaffe in Nord Africa, ma dopo la vittoria Anglo-Americana, questo arsenale costituiva un surplus, così come gli stessi aeroporti dell’isola di Creta di grande valore strategico. Il 19 ottobre il carico di bombe fu completato e la nave era quasi pronta a partire per il Pireo.
L’ultima operazione era soltanto quella di trasferire il carico di migliaia di militari internati dai campi di concentramento al porto. Molti greci si erano assemblati sui lati della strada per assistere alla partenza dei soldati italiani. Verso sera il trasferimento fu completato. La Sinfra era una nave da carico senza cabine ed i soldati furono ammassati nelle stive. I tedeschi permisero soltanto agli ufficiali di rimanere sui ponti aperti usando le poche cabine esistenti sui lati dei corridoi che correvano da poppa a prua. Prima del tramonto, i tedeschi consegnarono agli ufficiali italiani i giubbotti di salvataggio che non erano sufficienti per tutti gli ufficiali presenti a bordo. Nessun giubbotto fu consegnato agli uomini nelle stive. Sulla nave c’erano molti tedeschi di passaggio ed anche un piccolo gruppo di partigiani greci, tutti cretesi, destinati ai lager tedeschi. I boccaporti delle stive erano presidiati da sentinelle tedesche armate di pistole mitragliatori.
La nave aveva due mitragliatrici, una a prua ed una a poppa, in funzione antiaerea. Ricordo che il mare era liscio come uno specchio e c’era anche la luna piena quando il Sinfra lasciò il porto di Heraklion, scortato da una nave. Nessuna luce era permessa a bordo per evitare il pericolo d’essere individuati da aerei e da sottomarini nemici. Chi voleva fumare poteva farlo solo nei locali interni. Alcuni ufficiali italiani combattevano lo stress passeggiando da prua a poppa e discutendo delle situazioni ed erano divisi in piccoli gruppi. La maggior parte di loro si poneva la stessa domanda: “Cosa sarebbe successo una volta giunti al Pireo?”Alle 23.30 una sentinella cominciò ad urlare: “Aerei nemici, allarme!”Immediatamente l’antiaerea del Sinfra cominciò a crepitare.
Un ufficiale italiano, uno dei tanti presenti in coperta, dopo pochi secondi vide delle luci a gruppi sull’orizzonte, erano molto basse. Secondo fonti tedesche pare che si trattasse di squadroni di bombardieri U.S.A. e aerosiluranti della R.A.F provenienti dal Nord Africa e operativi sul Mediterraneo. Appena gli aerei sorvolarono sopra il Sinfra, avvenne una forte esplosione. Lo shock dovuto all’esplosione fu così forte che gli occupanti del ponte furono scagliati parecchi metri lontano dalla loro posizione originale. Mentre Alcune sentinelle cominciarono ad aprire il fuoco all’interno delle stive. Il suono dei mitragliatori era alto, ma non tanto da coprire le nostre urla di terrore che salivano dalle stive. Molti di noi sul momento pensarono che una bomba fosse entrata dalla ciminiera ed esplosa all’interno della nave.
Ci mettemmo a correre e a salire alla rinfusa attraverso le scale rimaste ancora intatte e a raggiungere il ponte barcollante. Dopo di che ci buttammo in mare. Seppi dopo che molti altri compagni erano stati intrappolati all’interno nelle stive vicine, a seguito delle scale di accesso collassate o crollate. Una volta in mare, aggrappandomi ad mozzicone di trave resistetti non so per quanto tempo sino all’arrivo di un barcone di salvataggio rimediato nel porto da civili, forse pescatori, che ci misero a bordo, trasportandoci sino a terra.
Dopo qualche giorno, con un’altra nave salpammo ed approdammo al Pireo, dove ci accolsero i greci partigiani, portandoci in salvo sulle montagne, dove partecipai a tutte le operazioni del caso, militando come partigiano nell'eroica Divisione "Gramsci" . Partiti i tedeschi, molti di noi, fummo imbarcati su un piroscafo e raggiungemmo il porto di Brindisi. Da qui dopo altre traversie militari, rientrai a casa, nel Salernitano, a fine gennaio 1947. Fu per me un ritorno felice e soddisfatto, sostenuto com’ero non solo dalla irreprensibile gioia di essermi salvato, ma soprattutto dalla consapevolezza che la guerra era finalmente finita".