Antonio Del Vecchio
Rignano Garganico, giovedì 14 ottobre 2021 - Il Monumento ai Caduti di tutte le Guerre non ‘è più a Rignano Garganico. Divelto il ricoprimento marmoreo, abbattuto lo scheletro di cemento armato, anzi polverizzato a poco a poco dal braccio meccanico. Ma a quanto pare sarà restaurato, risistemato e riposizionato in altra area (purtroppo non conoscendo il progetto non si può aggiungere altro). C’è voluta quasi una settimana. Al suo posto continuano i lavori in corso, diretti alla realizzazione di una nuova ed ampia piazza contornata di verde e di panchine e luci, su cui si affaccia nella sua struttura semplice la Chiesa di San Rocco, compatrono del paese, assieme all’Assunta.
Ciò che stupisce e in un certo senso offende l’intelligenza e la coscienza è che il tutto sia avvenuto nel più completo ed assordante silenzio di chi avrebbe dovuto difenderne almeno la memoria, ossia gli amici e i sostenitori ancora in vita del Monumento, l’opposizione e perché no gli eredi della Democrazia Cristiana. Partito, quest’ultimo, che a quel tempo era tutto in termini di amministrazione e di potere, per di più diretto e rappresentato da due individualità di primo piano tra i più importanti e rappresentativi della storia locale.
Il riferimento è Antonio Martelli, segretario e stratega di lungo corso della DC e al sindaco pro tempore, Luigi Gabriele Draisci. Il primo, personaggio assai noto ed apprezzato in provincia per la sua empatia e incisività in campo religioso, politico e sociale. L’altro docente elementare e medio di lungo corso, nonché preside della locale Scuola Media Statale, che per ben tre lustri ha guidato il Comune di Rignano, conquistando il consenso - rispetto di ogni strato della popolazione, per le sue rare doti di carattere e di cultura.
Che fosse ritenuta un’opera estremamente importante, lo testimonia un articolo apparso all’epoca su La Gazzetta del Mezzogiorno, che riportiamo volentieri di seguito. Tanto, al fine di tacitare le coscienze di alcuni e nel contempo per conservarne la memoria storica del manufatto e tramandarla alle future generazioni e a tutti coloro, vicini e lontani, interessati a conoscere le proprie radici. Ecco l’illuminante articolo in questione, compresi i titoli e sottotitoli, apparso su La Gazzetta del Mezzogiorno del 28 maggio 1970: