Antonio Del Vecchio
Rignano Garganico, venerdì 9 luglio 2021 - Rignano Garganico, a fine '800 aveva più o meno la stessa popolazione di oggi, ossia 1886 abitanti. Lo si evince dall’Annuario d’Italia , 1896, XI, riportante il “Calendario generale del Regno d’Italia”, pubblicazione a stampa, quest’ultima - a quanto si evince - già edita a cura del Ministero dell’Interno, Anno XXXIV. Ecco le altre notizie che lo riguardano. Fa parte del Collegio elettorale di Manfredonia, come pure la Diocesi, che ha resistito sino a tutti gli anni ‘70 per essere trasferita senza colpo ferire a quella di San Severo
ll suo territorio ha una estensione pari a 10 mila e 100 ettari, molto di meno dall’epoca fiorente di ricca ed estesa Locazione Arignano della Dogana e oltre mille in meno rispetto all’attuale superficie (88,94 Kmq). Perdita sicuramente andata a vantaggio dei Comuni confinanti. Si conferma la sua fertilità sia in montagna, coltivata intensamente fino agli anni ‘50 e ’60 e poi abbandonata o passata esclusivamente a pascolo brado, sia in pianura che da granaio estensivo si è trasformata man mano in colture intensive specializzate di ogni tipo, in alcuni campi come il melograno addirittura all’avanguardia con la produzione e commercio in tutto il mondo del suo prezioso succo targato DVY.
Quasi tutti sistemati e bonificati i corsi fluviali che attraversano il suo territorio, provvisti tutti di moderni ponti di attraversamento. Il riferimento è al Candelaro e ai suoi affluenti la Salsola a oriente del suo cocuzzolo, il Triolo a ponente. Repetita iuvant per quanto riguarda le sue vedute panoramiche, ammodernate da un giro esterno a tutto campo e della sua Ripa trasformata ad un vero e proprio balcone di diletto non solo per la vista ma anche per l’aria che si respira e il passeggio attraverso la sua comoda ed estetica pavimentazione in pietra e dal contorno in verde (pineta e viali alberati).
La sua economia, in parte, specie in montagna continua a reggersi sulla zootecnia allo stato brado, in massima parte costituita dall’allevamento dei bovini, diminuito del tutto quello ovi-caprino. Quasi completamente assente quello suino, come pure quello aviario., a quel tempo assai diffuso non solo nelle masserie ma anche in paese, dove tutti avevano in istrada la loro brava gabbia di allevamento. Uso e abuso perdurato sino a tutti gli anni’60.
Resistendo gli allevamenti, resistono oggi giorno anche i suoi rinomati prodotti tradizionali, come i caciocavalli, i provoloni, le ricotte, trecce, scamorze e quant’altro, più o meno prelibati e richiesti come ai tempi del francescano P. Michelangelo Manicone, che li decantò nella sua nota Phisica Appula. Al tempo era fornito di solo ufficio postale, privo di telegrafo, con stazione ferroviaria San Severo sulla linea Foggia-Pescare, distante dal paese 32 chilometri al pari di quelli odierni, seppure accresciute da altre strade, come per esempio la pedegarganica. Non c’era ancora quella della ”Motta - Duadero “ , alias Rignano Scalo. I collegamenti, sicuramente tutti via San Marco erano garantiti da corriera.
Nel documento non viene indicato il nome del sindaco (Forse lo era Antonio De Maio, il cavaliere, proprietario dell'ala Nord di Palazzo Baronale con Torre), ma solo il segretario di nome Vincenzo Piccirilli fu Michele, appartenente a famiglia benestante. Le produzioni casearie indicate sono quelle di Antonio Ricci, Giuseppe,Ricci Filomena Ciavarella, Antonio De Maio e Francesco De Maio , tutti con famiglie individuabili, tranne la Ciavarella.
I mulini, tutti scomparsi alla fine degli anni ‘60, erano esercitati rispettivamente da: Antonio Piccirilli fu Vincenzo, Vincenzo Ponziano, Giuseppe Ricci, Giuseppe Vincitorio fu Michelangelo, avo di Nicola Vincitorio Costruzioni, una delle imprese più attive del distretto in questo ultimo periodo di tempo.
Due i negozi di tessuto, gestiti rispettivamente dai ‘pannacciari’ (così era chiamati dal volgo fino a qualche tempo fa). Si tratta di Achille Vincenzo di Francesco (cognome assente e parentela non individuabile nella comunità presente) e di Matteo Sollazzo, già sindaco dei primi anni del secolo scorso e avendo avuto solo femmine, individuabili nelle famiglie Di Carlo, Iannacci.
Tra i professionisti, troviamo i farmacisti Antonio Martelli ed Eduardo Piccirilli e i medici-chirurgo Angelo De Maio, Emanuele Piccirilli e Pasquale Ricci fu Gaetano, tutti appartenenti a famiglie note e individuabili ancor oggi, Addirittura per il De Maio, c’è il portale del suo antico palazzo di Corso Giannone con tanto di stemma racchiuso nella chiave d’arco ad indicare la sua professione.
Notaio, a differenza degli ultimi decenni, appannaggio di forestieri, era il solo Ortensio De Maio, personaggio assai noto per storia orale anche al momento.