Antonio Del Vecchio
Rignano Garganico, lunedì 28 giugno 2021 - Vincenzo Fiore, uno degli ultimi e genuini pastori – allevatori di Rignano Garganico non c’è più. Se ne è andato via, per davvero ‘in punta di piedi’, cinque giorni fa. Non importa il come e il dove, ciò che conta è che la sua vita e umanità ha segnato ed insegnato in termini di valori e di esperienza. Domenica, 27 giugno, alle ore 19.00, l’estinto è stato commemorato con una santa Messa di suffragio nella rinascimentale Chiesa Matrice. Ad ufficiare il sacro rito sono stati Don Santino e Don Antonio. Il primo parroco e l’altro vice.
Vincenzo, classe 1936, era un uomo sempre vispo ed allegro e sopportava la fatica sempre con il sorriso sulla bocca e la fretta addosso di portare al pascolo i suoi animali, pecore e mucche che siano. E questo perché, a suo dire, avevano bisogno di mangiare più degli uomini, anche perché contribuivano con i loro prodotti lattiero-caseari e soprattutto le loro carni genuine, a sostenerli nella salute. La sua scomparsa è stata accolta dalla collettività con viva sorpresa e dispiacere, in quanto sino ad una ventina di giorni prima girava in paese con la sua panda a tutte le ore, pronto ad aiutare i figli a portare avanti le aziende, ora al pascolo, ora nella produzione casearia e nel resto delle incombenze. Egli aveva trasferito, come accennato, ai figli, oltre ai valori e l’esempio, tutta l’esperienza dell’arte tradizionale in questo campo.
Per la cagliata egli usava strettamente il lievito naturale (ossia animale), così pure la lavorazione e la stagionatura. I suoi formaggi e caciocavalli andavano a ruba, come pure la musciska (carne essiccata al sole) di transumanza memoria. L’arte della tradizione, ereditata dal papà Carmine, noto anche come costruttore - restauratore di lavatoi in legno, era praticata da tutti in famiglia. In primis, dalla moglie Antonietta, l’unica donna amata della sua vita, a cominciare dal fidanzamento, coronato nel corso degli anni dal matrimonio e dalla nascita di quattro figli. Di questi, la prima sarà donna di casa come la madre. Il primo e il secondo dei tre maschi seguiranno le orme paterne, il terzo, invece, dopo le prime prove nella medesima branca, ne uscirà fuori, dandosi anima e corpo alla ristorazione, gestendo prima uno e poi due bar, uno in paese e l’altro fuori. Entrambi hanno avuto grande fortuna, in termini di specialità e di affluenza.
Ritornando, alla figura di lui, occorre sottolineare che l”insieme” costituisce uno dei nuclei più solidi della cittadina, avendo costruito il percorso e nel contempo il successo unicamente con la propria fatica. I loro prodotti genuini sono conosciuti ed apprezzati persino nel Capoluogo, essendo il commercio (produttore-consumatore) esercitato anche da altri famigliari. Chi scrive ha in mente la simpatica figura tuttofare del fratello maggiore di lui di nome Giovanni, pure scomparso, che aiutava il figlio in agriturismo, facendo il pastore e il cagliatore. Una volta, al citato luogo di ristoro, ci portai delle scolaresche, reduci dalla visita al vicino Dolmen sito nella piana della Madonna di Cristo. Qui, gli alunni, dopo aver assistito alla ‘cagliata’ in formazione nel calderone, messo a bollire sui grossi tizzoni di legno, ne assaggiarono la prima ricotta, direttamente prelevata dalla pentola, rimanendovi colpiti per sempre, grazie al sapore dell’alimento e della lavorazione antica.
Ora quei mini assaggiatori sono diventati giovani adulti, molti dei quali validi professionisti, e ricordano la storica esperienza messa su dalla famiglia Fiore, come se fosse ancora oggi. Addio Vincenzo, uomo buono e laborioso,Vincenzo, Rignano non dimenticherà mai la tua avvertita e sapiente arte antica! La redazione della presente testata esprime alla famiglia tutta il suo massimo cordoglio e vicinanza.