Antonio Del Vecchio
Rignano Garganico, mercoledì 9 novembre 2016 - Autunno, cade la nebbia ed è visibilità zero per gli automobilistici che per varie faccende si accingono a percorrere la ex SP 22 che collega dal lato Nord Rignano con San Marco in Lamis e, attraverso la SS 272, con San Giovanni Rotondo e dall’altro capo con la piana sottostante. Si tratta di una nebbia che sale dalla pianura, spinta dalla corrente di aria calda, prima leggera e rada, per poi addensarsi man mano che attraversa la zona montana, fino a diventare fitta ed impenetrabile, tanto da non distinguere più le cose ad un palmo dal naso. Si racconta che in passato siffatto fenomeno era pressoché inesistente.
Il fenomeno in parola avrebbe preso corpo - secondo qualche esperto - dopo la costruzione della Diga di Occhito. Non è di questo, comunque, che s’intende parlare, bensì della situazione di completa impercorribilità della predetta arteria, specie nelle ore serali e durante la notte, per questa ed altre cause. Ad aggravare ulteriormente la situazione ci pensa, infatti, l’invisibilità della segnaletica orizzontale manomessa o cancellata del tutto dall’usura e dalla mancanza di qualsiasi intervento di manutenzione ordinaria e straordinaria. C’è poi il manto stradale rovinato lungo tutto il suo percorso, con buche, dislivelli, asfalto divelto, ecc. Della questione doveva farsi carico, dopo un opportuno sopralluogo, lo stesso Presidente della Provincia, non appena eletto, ma dopo non se ne fece più nulla per sopraggiunti impegni o perché non si sarebbe insistito - secondo le voci critiche - più di tanto.
Per cui la tenuta è andata via via peggiorando sempre più. La dimenticanza ha fatto, poi, il resto, nonostante gli incidenti a ripetizione succedutisi nel tempo, non sempre denunziati ad autorità ed assicurazioni. Per lo più si tratta di danneggiamenti alle auto, uscite fuori strada a causa del fondo viscido o impatto contro guardrail, specie in curva, ecc. Non dissimile è lo stato delle arterie nella piana. Le stesse piuttosto trafficate s’incrociano a Villanova, antico ed attivo agglomerato urbano ubicato ai piedi del paese. In primis, il riferimento è alla SP n. 28, alias pedegarganica, che si diparte da Apricena e incrocia la SS. 89 sulla Foggia-Manfredonia. Il primo tratto, lungo circa 8 chilometri, risulta sistemato, il resto, specie quello che attraversa l’agro di Rignano è completamente disastrato, con buche, dislivelli, asfalto divelto, ecc. La situazione si è ulteriormente aggravata dopo le due ultime alluvioni settembrine.
La transitabilità di essa è molto appetita non solo dagli agricoltori, ma soprattutto dalle aziende della pietra, in quanto costituisce l’unica arteria di collegamento veloce con il porto sipontino ed altrove. C’è Poi il tratto pianeggiante della predetta strada (SP.22) che collega il paese con la SS. 16 (Rignano scalo). Strada considerata importantissima ed indispensabile soprattutto per Rignano, collegando il paese con la pianura sottostante e il resto del mondo. Il percorso negli ultimi anni è reso più agevole dopo la sistemazione ex-novo del ponte di Villanova, ultimato qualche anno fa con una spesa complessiva di circa 4 milioni di Euro. Infine, c’è la SP 25, con il ponte “De Maio” ancora chiuso. L’arteria, lunga una quindicina di chilometri, abbraccia una serie di antiche e storiche contrade: Cutino di Caso, Puzzelle, Coppe del Vento, Terra dei Preti, Marana, Maranella ed, infine, l’intera Mezzana Grande – Cappelli fino all’innesto della provinciale per San Severo.
Finora agricoltori e residenti hanno sopportato in silenzio il disagio, in attesa di vedere presto risolto il loro problema. Situazione resasi difficoltosa specie ora, per via della ridotta capacità amministrativa e finanziaria delle Province. Da non dimenticare che la strada in questione un tempo era un’ isola felice di residenza per gli agricoltori rignanesi, egregiamente servita da automezzi pubblici di linea, compreso quello dell’Ataf. Insomma, trattandosi di una priorità evidente, tutti vorrebbero che la situazione tornasse di nuovo come prima. Tanto più che molti di essi, in consorzio, avevano investito centinaia e centinaia di migliaia di euro per lo sviluppo dell’energia alternativa (eolica, fotovoltaica, biomasse, ecc.) passata in seguito a multinazionali estere, dietro un modesto ed eppure utile contributo di ristoro per le casse comunali del piccolo centro garganico. Ora forse non più per via – si dice- della legislazione europea, interessata più a far quadrare burocraticamente i conti che a investire e a sviluppare all’unisono il vecchio continente.