Antonio Monte
Gargano, sabato 9 aprile 2016 - Il tempo che scorre ad alta velocità spesso mi concede il permesso di spolverare antichi ricordi della mia infanzia. Ricordi che volentieri trasmetto alle nuove generazioni. Riguardano tradizioni raccontate da persone appartenute all’antica civiltà contadina. Racconti che mi consentono di vivere meglio il presente. Le leggende del mio Promontorio suscitavano sempre un vivo interesse e tanta curiosità. Ero il primo nelle lunghe serate d’inverno a fare cerchio intorno al camino per ascoltarle. Di solito era un vecchio pastore, saggio conoscitore di miti a raccontarle. Cominciava spesso con il porgere domande.
Un giorno mi chiese se conoscevo il perché per tutto il mese di Maggio si recitasse il rosario. Io gli risposi che ne ero ignaro. Così mi spiegò che la Madonna é la sola a fare da tramite con Dio, Ella è la Messaggera autorizzata ad apparire all’umanità. Ella è il ponte tra la terra e il cielo e quasi sempre è apparsa nel mese di Maggio. In maggio, apparve al primo eremita che andò ad abitare sulle isole Tremiti per pregare in solitudine. In quella apparizione gli fu indicato da Santa Maria a Mare, il luogo dove era custodito il tesoro di Diomede ricco di monete e monili. E’ proprio per la leggenda del tesoro che molti popoli come i dalmati, i romani,i bizantini e i normanni furono interessati alle isole. Successivamente anche la chiesa ne prese il dominio con l’ordine benedettino, cisterciense e la congregazione dei lateranensi.
All’interno dell’isola denominata San Nicola vi è un’ampia cisterna dove convogliano le acque piovane attraverso cunette costruite dagli antichi. Acqua dolce che veniva utilizzata dalla popolazione per barattare con l’oro dei pirati del mare. L’oro, sterco del diavolo, vuol dire ricchezza motivo di tante guerre ed è stato e sarà sempre motivo di merce di scambio per eccellenza. Metallo malleabile e resistente con cui si coniavano monete, si decoravano le ville dei patrizi, gli ornamenti di persone, di cavalli, i velieri e tanti oggetti. Rappresentava lo splendore di una popolazione. Anche nell’attuale era moderna resta preziosità di pregio.
Esiste un’ altra leggenda che riguarda il tesoro del leggendario Diomede. L’Ellenico era un ottimo navigatore e presto fece visita al Gargano. Sbarcò a Torre Mileto e da lì proseguì fino a Rodi. Scelse quel litorale per allevare i cavalli. Conobbe la figlia del re Dauno che prese per moglie ricevendo per dote l’intera Puglia. La leggenda narra che per non essere da meno alla moglie le offrì il tesoro, trasferendolo a Monte d’Elio, montagna del sole, occhio aperto verso l’Oriente, dalla cui vetta si può ammirare il nascere e il tramonto nel mare. Quel tesoro nel tempo è stato il richiamo di molte milizie interessate ad occupare le tremiti e il territorio di Monte d’Elio. Fu così che a Torre Mileto fu costruito un piccolo porto. Una sera chiesi al pastore abruzzese perché nel Gargano ci fossero molte grotte scavate nelle rocce. Mi rispose che la presenza delle grotte dipendeva dal fatto che il Promontorio garganico era stato abitato dai primi esseri umani ma anche perché nel suo sottosuolo si era rifugiato l’Angelo cattivo scacciato dal Paradiso terrestre.
La spiaggia di Torre Mileto perché ampia e lunga veniva utilizzata dai cavalieri per addestrare alla velocità e agli scatti gli equini e spesso organizzavano i rodei. Un giorno mi raccontò del pastorello, addetto al pascolo di un gregge di proprietà del casale di Devia, che vide approdare un veliero nel piccolo porto di Torre Mileto. Lo splendore di quella imbarcazione perché ricco di decorazioni in oro, suscitò la curiosità del pastorello che abbandonò la guida del gregge. Mentre alcuni componenti dell’equipaggio si riforniva di acqua dolce presso una sorgente tra la spiaggia di sabbia e l’inizio della scogliera, altri provvedevano a caricare sulla barca un abbondante scorta di agnellini e capretti. La presenza dell’acqua dolce nel mare trova spiegazione in un’altra leggenda : il maligno per rinfrescarsi scelse quella località trascinandosi un corso di acqua dolce e fredda. Ad essa ricollegai il motivo per cui si diceva ai bagnanti di tenersi lontano dalla scogliera perché malefica. Infatti è il punto dove si sono verificati più incidenti di annegamento.
Ritornando alla storia del pastorello, il signorotto di Devia informato dell’abbandono delle greggi da parte del giovane, decise di infliggergli la stessa pena di Sant’Ippolito, che accusato dall’imperatore Valeriano di alto tradimento per essersi convertito al Cristianesimo e per aver seppellito il corpo di San Lorenzo arso sulla graticola, fu legato alla coda di un cavallo e trascinato tra rovi e sassi fino alla morte. Era il 13 Maggio quando il pastorello per scontare la pena fu legato alla coda di un cavallo con l’intenzione di farlo trascinare sulla costiera partendo dalla sorgente di acqua dolce. Ma il cavallo disarcionò il cavaliere e si diresse a galoppo lungo la spiaggia sollevando un grosso polverone e in quel momento apparve la Madonna che sollevava il corpo del fanciullo col mantello. Anche il cavallo liberato dalla fune si fermò ricevendo la carezza della Madonna.
Il 13 Maggio vi fu l’apparizione della Madonna di Fatima. Sul Monte d’Elio si trova una chiesa romanica, Santa Maria di Devia, con affreschi bizantini e sulla porta d’ingresso si trova la figura di Sant’Ippolito (nome greco derivante da hippos, cavallo e lyo, colui che cavalca veloce). Un tempo, proprio il 13 Maggio, contadini e pastori organizzavano sulla spiaggia di Torre Mileto il palio di Santa Maria di Devia. Ognuno preparava il suo cavallo agli scatti, alla resistenza e alla velocità per ricevere il premio del palio. Ossia una stoffa pregiata come a significare il mantello della Madonna mentre la partenza coincideva con il luogo dove si era fermato il cavallo che aveva trascinato il pastorello. L’ultimo palio si svolse il 13 Maggio 1949. Fu vinto dal cavallo di Matteo Torelli denominato (SantPetr) montato dall’astuto fantino Antonio Passarini.
I grandi agricoltori quell’anno addestrarono diversi cavalli per la competizione così fece SantPetr assoldando il miglior fantino (Antonio Passarini) che tra i cavalli addestrati per la competizione scelse un trottatore veloce e resistente. Durante le prove, il cavallo frustato al galoppo per il cambio di movimento e per la fatica di correre sulla sabbia, fu soggetto a forti contratture muscolari, tanto che per una settimana gli furono massaggiate le zampe con olio di canfora e qualche puntura praticata dal veterinario servì per rimetterlo in sesto. Il tratto di spiaggia da percorrere era di circa 800 metri. Alla partenza il cavallo di SantPetr, montato da Passarini, costrinse il cavallo di Cordalenta, montato dal figlio appena rientrato dal servizio di leva, a finire nel mare dove un fosso valse a disarcionare il fantino e a fermare il cavallo. Vinse agevolmente Passarini davanti al cavallo di De Luca denominato Cardinale genero di SantPetr che non gradì la sconfitta.
Il cavallo del suocero sembrava indemoniato continuò la corsa oltre il traguardo tanto che il temerario fantino fu costretto ad implorare San Michele. Poi Matteo Torelli risultò vincitore anche della prova a tiro a segno. Prima del palio tutti si recavano in processione alla chiesa di Santa Maria di Devia e barattavano tra loro i prodotti dei raccolti: ciliegie, uova, fave e piselli teneri ed era la festa dello stare insieme, ottima occasione per dialogare, per ridere e per cantare in armonia. Per diversi anni la corsa fu vinta dai cavalli di Vincenzo Monte (Cordalenta), agricoltore affittuario della tenuta Campanozzi allenatore di cavalli scattanti e resistenti montati quasi sempre da Raffaele Penna ed Emanuele Tiscia, recentemente scomparso e anche da Antonio Passarini il più scaltro e piccolo di statura. Un invito a tutti i proprietari di cavalli e scuderie a riprendere questa bella tradizione. Essa si potrebbe svolgere ancora il 13 Maggio in occasione dell’apparizione della Madonna oppure il 13 Agosto Sant’Ippolito o il 15 Agosto Madonna dell’Assunta.
Cosa importante sarebbe che una volta l’anno venga ripresa la manifestazione. Servirebbe ad onorare la località storica e sicuramente sarebbe motivo di un richiamo turistico. Nella foto uno dei fantini dell’ultimo Palio, Emanuele Tiscia, scomparso il 20 febbraio 2016 a 90 anni, mentre l’unico superstite è il fantino disarcionato che vive a San Paolo Civitate e che ha fornito alcuni dettagli.
Antonio Monte da Milano