Redazione
Cagnano Varano, venerdì 18 marzo 2016 - Giulia Benelli è una ginecologa che si trova in Questura, a Milano, al cospetto di un sostituto procuratore e di un funzionario di polizia, che la stanno interrogando a proposito di una serie di omicidi terribili, le cui vittime sono tutte bambine rom. Giulia, per rispondere alle domande dei due uomini, decide di fare un salto indietro nel passato, nel proprio passato, e di raccontare la storia della propria vita. Giulia non è stata sempre chiamata Giulia; c'è stato un periodo della sua vita in cui qualcuno l'ha chiamata con un altro nome: Zveza.
I ricordi di Giulia quand'era Zveza partono dal campo rom in cui è cresciuta con quelli che lei credeva essere i suoi genitori, i suoi fratelli, le sue sorelle, la sua gente. Cresce respirando la cultura rom, con le sue regole interne, le sue tradizioni, i modi di concepire i ruoli maschili e femminili;cresce chiedendo l'elemosina. Una bambina, Ciaobanana e i cartoni colorati Chi di noi non ha mai visto un bambino fermo al semaforo, con la manina tesa per farsi dare qualche spicciolo?
Zveza conosce bene questa realtà, quello che lei chiama "lavoro", sin dall'età di sei anni, quando viene costretta dal padre a star ferma tutto il giorno a un semaforo in via Sempione a Milano, cercando di racimolare quanti più soldini può. La piccola è così abituata a quella vita da non riuscire ad immaginarne un'altra: lei sa che ogni mattina deve prendere il suo cartone colorato e tendere le mani, accostandosi alle auto quando il semaforo è rosso e stando ferma quando è verde.
E quei suoi cartoni sono per lei una sorta di tappeto magico, che lei ama dipingere ed abbellire con i colori, così da renderli delle piccole opere d'arte, sperando che l'aiutino a fare più soldi, come si aspetta il padre, che ogni sera, davanti al fuoco attorno al quale la comunità del campo si riunisce per raccontare le esperienze della giornata, la rimprovera per gli scarsi guadagni. E se i dipinti sui cartoni riescono un po' a rendere quel suo lavoro quotidiano meno grigio e triste, ad essi si aggiunge nel tempo anche un altro gioco divertente, quello di recarsi sempre dallo stesso fruttivendolo, salutarlo con un semplice "ciao" e intanto fissare un frutto - come la banana, ad es., - e ripetereciao fino a quando l'uomo non si decide a darglielo.
Nasce così questo gioco del ciaobanana, che in un certo senso diverrà il leitmotiv che accompagnerà Zveza/Giulia per tutta la sua vita, anche nei momenti più difficili. Zveza intanto cresce, guardando il mondo dal suo semaforo, presso il quale conosce un ragazzino di buona famiglia, un gagè (un non-zingaro), Federico, e con questi si instaura una bella amicizia, perchè lui, a differenza di altra gente, non disprezza e non ignora la bambina del semaforo.
Zveza è abituata all'indifferenza, alle scortesie, alle maleducazioni.. di tanti che si innervosiscono al solo vederla arrivare con la mano stesa; c'è anche qualche ragazzino che la minaccia o qualche adulto che la schiaffeggia con rabbia..., mai dimentica presto i maltrattamenti subiti. Zveza non capisce perchè alcuni la odino tanto: cosa c'è di male in lei, e cosa fa di male nello stare al suo semaforo? Purtroppo, col tempo la ragazzina imparerà a conoscere la forza negativa dei pregiudizi, e di quanto essi possano portare a conseguenze drammatiche se restano tali.
Bocconi amari...
All'età di 13 anni, per sfuggire al fidanzamento impostole dal padre, Zveza decide di scappare, portando con sè la foto dei genitori; ma qual è la sorpresa quando scopre, dietro il ritratto, un ritaglio di giornale che le svela un'amara verità: lei si chiama Giulia ed è una gagè, una bimba italiana, figlia di una coppia alla quale dei rom dieci anni prima hanno sottratto, rapito, una bimba di tre anni.
Questa scoperta sarà l'inizio di uno stravolgimento nella vita di Zveza, che - grazie all'aiuto di Federico - conoscerà la sua vera famiglia - i genitori Paolo e Anna - e si ritroverà, a 13 anni, catapultata in una realtà ben diversa da quella da cui proviene, e nella quale ha vissuto comunque per 10 anni. Pur non essendo rom di nascita, Giulia lo è stata per tanto tempo per "acquisizione" culturale; lei è cresciuta in mezzo agli zingari, ormai ragiona come loro, vede il mondo come loro.., non sente di essere italiana, ma rom.
Sa che questo fa soffrire i suoi genitori veri, ma Giulia non riesce a staccarsi da quel mondo alla quale lei sente di appartenere indissolubilmente, e che in fondo ama, nonostante ci abbia trascorso dieci anni a causa di un rapimento. L'ingresso nella vita "normale" (ma poi chi stabilisce che i gagè sono normali e i rom no?, si chiede la ragazza) non sarà affatto facile, ma Giulia è intelligente, determinata, e con l'aiuto di due amorevoli genitori e dell'amico Federico - col quale sboccerà l'amore - proverà in tutti i modi ad integrarsi, a studiare, a realizzarsi.
Nel corso degli anni, anche quando apparentemente i dieci anni da rom sembreranno un lontano ricordo, in Giulia non smetteranno di esserci due anime: quella gagè, consapevole di essere un'italiana che deve vivere da italiana, e quella zingara, che lei sente sua, incollata sulla propria pelle, un vestito dal quale non riesce a liberarsi.
Questo bisogno struggente e, se vogliamo, irrazionale (se guardato dall'esterno) di tornare sempre (e non solo con la mente e i ricordi...) a quel campo rom, a quella famiglia acquisita che l'ha cresciuta, a quel semaforo testimone di dieci anni della sua vita su una strada.., creeranno non pochi problemi a Giulia, che dovrà fare appello a tutta la forza interiore di cui è capace, oltre che a far suo l'aiuto di chi l'ama, per non impazzire davanti a questa divisione dell'anima che sente dentro di sè.
Il racconto dettagliato, che è quasi una confessione intima e lucida che Giulia fa a se stessa - prima ancora che alla polizia - della propria vita avventurosa e ricca di esperienze dolorose, che hanno del romanzesco, prende quindi le mosse da un presente che non cessa di essere complicato: Giulia deve rendere conto di un particolare che è stato ritrovato accanto ai corpi delle bambine uccise e che purtroppo la coinvolge (suo malgrado?) negli omicidi.
Cosa c'entra davvero Giulia con queste morti atroci?
E' possibile che lei sia un'assassina? Forse tutti i problemi vissuti a causa dell'esperienza traumatica (il rapimento) possono aver fatto scaturire in lei dei disturbi mentali sfociati poi in omicidi seriali?
Quando Giulia termina il proprio racconto, ritorniamo definitamente nel presente e veniamo immersi pian piano nel vero e proprio giallo che caratterizza questo romanzo. L'Autore ci fa conoscere altri personaggi, dalla personalità complessa e che in qualche modo sono legati al passato di Zveza/Giulia, e attraverso essi, le loro parole, le loro azioni, veniamo totalmente immersi nel caso degli omicidi seriali delle bimbe rom. Seguiremo le piste investigative, i vari ragionamenti che tutti i soggetti coinvolti fanno per dare ognuno il suo contributo alla risoluzione dell'intricato caso.
In particolare ci addentreremo in discorsi di natura criminologica interessanti e affascinanti anche nel loro essere (volutamente) strambi, che pretendono di tracciare e/o di smontare (a seconda dei casi...) un identikit del serial killer ben preciso, così da poterlo inchiodare senza ombra di dubbio, soprattutto tenendo conto di quelle che sembrano delle prove schiaccianti... Ma nulla è come sembra e ciò che in un certo momento e per determinate ragione sembra cristallino e inequivocabile, se lo si guarda bene, senza pregiudizi e con intelligenza, ci si rende conto che può crollare miseramente e rivelare una faccia della verità che mai avremmo immaginato.
Il romanzo è scritto ed è "costruito" davvero bene, perchè si parte da una storia nella storia - il passato della protagonista - che, non solo la polizia, ma il lettore stesso deve conoscere per capire il presente. La storia di Giulia tocca tanti argomenti importanti, come già ho accennato: ilpregiudizio verso chi è diverso, l'intolleranza e l'insofferenza verso di lui; laviolenza nei confronti di chi è più debole, come appunto i bambini (il sequestro dei minori, ma anche l'abuso sessuale, l'accattonaggio...); la malattia mentale; ladifficoltà di integrarsi in una società che si sente distante da sè, se non addirittura ostile...
E poi c'è tutta la parte relativa all'identificazione della personalità dei serial killer, che esercita inevitabilmente la sua attrattiva, bombardati come siamo, ai nostri giorni, dai tanti casi di omicidi che diventano casi mediatici, di cui si parla e straparla nelle varie trasmissioni tv, con tanto di contributi da parte di esperti nel settore (avvocati, psichiatri, criminologi...). E' un romanzo che si legge con molto interesse dalla prima all'ultima pagina, il ritmo è sempre serrato, sia nella narrazione in prima persona (da parte di Giulia, del proprio vissuto, delle proprie emozioni, paure, fragilità, punti di forza...) che in quella relativa al presente e quindi al mistero dei brutali assassini di bimbe rom innocenti.
Giulia colpisce il lettore e piace perchè è un personaggio ben caratterizzato, che ne vive di tutti i colori ma che a modo suo riesce sempre a cadere in piedi, perchè è una persona buona, capace di perdonare e di guardare avanti, che ha dovuto imparare a convivere con le piccole e grandi contraddizioni presenti dentro di sè, insegnando a chi le è vicino il valore del rispetto per chi vive secondo costumi e abitudini diversi dai propri.
Un bel romanzo, profondo per le tematiche affrontate e per il modo in cui sono presentate al lettore, non posso che consigliarlo!
Giuliano Iovane