Antonio Daniele
San Marco in Lamis, mercoledì 17 gennaio 2024 - Festa di Sant'Antonio Abate 17 gennaio 2024 chiesa di Sant'Antonio Abate a San Marco in Lamis, S. Messe ore 08:30; ore 10:00; ore 11:30; ore 18:30. Al termine della celebrazione vespertina alle ore 19:30 circa, benedizione degli animali domestici. Oggi la Chiesa festeggia uno dei santi più popolari fin dall' antichità. S. Antonio è vissuto nei primi secoli del cristianesimo ed è il padre del monachesimo. Anche a S. Marco in Lamis i nostri avi nel 1440 hanno voluto che la dove sorgesse la chiesa intitolata a San Marco, dopo i restauri dovuti al terremoto, venisse intitolata a S. Antonio Abate protettore degli animali. San Marco era un borgo prettamente pastorizio e i nostri concittadini volevano affidare la loro vita e quella degli animali a loro cara al Santo.
Da allora si rinnova la benedizione degli animali e con essa le stalle. Ora gli animali sono diventati ottima compagnia dell' uomo. L'appuntamento è per oggi nella chiesa di S. Antonio Abate nel 300 anniversario di parrocchia per le sante messe e stasera alle ore 19.30 per la benedizione degli animali in corso Matteotti. Sant'Antonio Abate acque nel Medio Egitto verso la metà del III secolo, da una famiglia facoltosa. A vent’anni, dopo aver ascoltato, nell’assemblea eucaristica, la proclamazione del vangelo di Mt 19, 21: “Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri… poi vieni e seguimi”, decise di consacrare totalmente la sua vita a Dio. Prima scelse una forma di vita ascetica restando nel suo villaggio.
In una seconda tappa si trasferisce in un antico cimitero, per lottare apertamente contro il demonio. A trentacinque anni si ritira nel deserto, in un fortino abbandonato, ove rimane per vent’anni. Attorno a lui si radunano altri asceti e accorrono malati, sofferenti nel corpo e nello spirito, a cercare conforto. In questa terza tappa si situa il suo ritorno alla città di Alessandria, a motivo della persecuzione dei cristiani; non potendo subire il martirio, Antonio accorre a confortare i cristiani perseguitati. Cessata la persecuzione, ritorna nel deserto per il suo “martirio della coscienza”. Per ispirazione divina si ritira, questa volta, in regione ancora più isolata, sulla montagna.
Anche qui accorrono a lui discepoli e persone bisognose di conforto e di luce. È in questo periodo che scende per la seconda volta ad Alessandria, per confutare gli ariani. Morì il 17 gennaio 356, e fin dall’antichità la sua memoria è custodita in tutte le Chiese con grande venerazione, grazie anche alla biografia scritta dal vescovo sant’Atanasio che lo apprezzò moltissimo. La Vita di Antonio è presentata, prima ancora che come modello di vita monastica, come esempio di vita cristiana, tipo dell’incarnazione della fede e dell’amore di Cristo, vero Dio e vero uomo. Tradotta in latino e ben presto in tutte le principali lingue del mondo abitato e raggiungibile dal messaggio cristiano, divenne principio della diffusione della forma di vita monastica in tutte le Chiese.
Nell’ambito della polemica antiariana, il vescovo Atanasio scrive la vita di Antonio pensandolo idealmente come esempio di quella divinizzazione dell’umano resa possibile dall’incarnazione di Dio. Al termine della esistenza terrena, dopo aspre lotte contro i demoni, la sua persona è descritta come interamente trasfigurata dalla grazia, tale da riflettere come in uno specchio la gloria di Dio. Oltre a questa biografia, rimangono di lui sette lettere e trentotto apoftegmi, raccolti nella serie alfabetica.