Marisa Giuliani
San Marco in Lamis, martedì 10 agosto 2021 - Il racconto di un Sioux morto in Afganistan. In ritardo sul mio post settimanale, questa volta ho voluto unire due argomenti sui quali avrei dovuto dedicare la settimana appena passata e quella che siamo vivendo. Ad ogni modo sono correlati e meritano una lettura attenta. Nonostante la lunghezza, mi auguro possiate arrivare fino in fondo per trarre spunto, come sempre, per i vostri approfondimenti sulle culture di cui vi parlo.
Dopo 20 anni di “occupazione” delle truppe in terra afgana, dopo che ogni nazione ha richiamato il proprio esercito in Patria, i Talebani stanno riprendendo piede e, giorno dopo giorno, quartiere dopo quartiere, città dopo città, sembra nuovamente cadere sotto il potere talebano. Morti invano tra i militari di ogni nazione che, in missione di pace, avevano contribuito a democratizzare un Paese vittima di un regime sanguinario e terroristico. Quest’oggi il nostro post giunge in una repubblica islamica: l’Afganistan.
Prevalentemente montuosa, è uno dei paesi con la popolazione più povera al mondo, ma la sua posizione geografica molto strategica (in antichità collegava il Mediterraneo all’Oriente) è stata da sempre motivo di continui attacchi per la sua conquista. Grazie a Marco Polo e al suo racconto ne Il Milione sappiamo che veniva attraversata dalla via della seta.
Per comprendere l’oggi bisogna partire dal passato e conoscere la storia e, di quella recente dell’Afganistan, sappiamo che dopo la presenza dei britannici, un colpo di stato portò il partito comunista al potere sotto l’appoggio dell’allora URSS. Gli anni a seguire furono sanguinari a causa delle rappresaglie tra i mugiahidin e i taliban che, da studenti, misero su un vero e proprio regime fondamentalista. Il resto è ciò che conosciamo già, dal rifugio che hanno offerto ad Osama Bin Laden, alle Torri Gemelle, dalle missioni di pace al ritiro delle truppe.
In tutto questo scenario quest’oggi 9 agosto, Giornata mondiale dei popoli indigeni, ho scelto di parlarvi di un film dell’iraniano Babak Jalali, la cui storia narra di una famiglia di nativi americani, in attesa di ricevere la bara con la salma di uno dei propri figli, morto nella guerra in Afghanistan.
Land è un film che mostra come gli indiani d’America siano considerati come “utili” per servire una Patria senza averne una. Negli anni si sono visti venir meno terre, lingua, cultura. Da questo film l’evidenza di quel solco che divide i bianchi e i discendenti di quelle popolazioni indigene, alle quali ogni giorno, un po’ alla volta, gli viene chiesto di abbandonare la propria libertà.
Per la ricetta di oggi parliamo della cucina afgana, per quella delle comunità indigene d’America ci ritorneremo presto. Impariamo un piatto tipico afgano, direi da street food: BOLANI
INGREDIENTI
- 500 gr di farina
- 1 cucchiaio di olio d’oliva
- 1 cucchiaino di sale
- 250 gr di acqua temperatura ambiente
- RIPIENO
- 2 patate medie
- 200 gr di spinaci
- 1/2 cipolla
- coriandolo
- olio extra vergine d’oliva
- sale
- pepe
PREPARAZIONE
- Mescoliamo la farina e il sane aggiungendo l’acqua e l’olio poco per volta. Continuiamo ad impastare fino a formare una palla che faremo riposare per due ore, coperto in un luogo asciutto.
- Mettiamo a bollire le patate e, un volta pronte, le schiacciamo le lasciamo raffreddare e teniamo da parte.
- Lessiamo gli spinaci e ricordiamoci di strizzarli dopo la cottura e li lasciamo raffreddare.
- Uniamo gli spinaci alle patate e aggiungiamo dell’olio, la cipolla tritata e le spezie. Il nostro ripieno è pronto.
- Prendiamo l’impasto e ricaviamo delle palle più piccole più o meno come un’arancia.
- Appiattiamo stendendo con il matterello fino a raddoppiarne il diametro.
- Poniamo al centro il ripieno lasciano libero il bordo di un paio di centimetri.
- Pieghiamo a metà a formare dei calzoni, facendo uscire l’aria.
- Mettiamo a scaldare l’olio e quando raggiunge la temperatura immergiamo un Bolani alla volta, friggendo per un paio di minuti.
- Li lasciamo su carte assorbente prima di servirli.