Mario Ciro Ciavarella Aurelio
San Marco in Lamis, giovedì 4 marzo 2021 - Sembrerà strano: ma anche il palco che sta sostenendo, come non mai, il peso di un’orchestra sconfinata, si sta chiedendo da qualche minuto: “perché?” Sta diventando il programma più enigmatico dell’anno, e forse di questo inizio secolo: fatto da centinaia di poltrone vuote (alcune decine si potevano benissimo occupare) e tanti cantanti anonimi che cercano di dare un tono al tutto. Il palco, dicevamo, è stato costruito quanto almeno per metà teatro dell’Ariston: troppo grande e inutile.
Cercherà, per cinque serate, di non far pensare all’assenza di gente che applaude, ride, si alza e qualche volta è stata partecipe con colpi di scena forse studiati giorni prima (come finti suicidi). Anche i palchi soffrono! Non solo per tutto quello che devono sopportare sopra di essi, ma anche perché alla fine nessuno sarà grato per tutto quello che ha subito quello di Sanremo, prima, durante e dopo il Festival. Il silenzio fa male a tutti!! Anche ad “esseri inanimati” come un pezzo di legno o acciaio. Figuriamoci per quelli che stanno cantando in questi giorni: nessuno che li applaudirà (o fischierà). È l’assenza, che spesso non dà un senso a quello che facciamo: non abbiamo sempre bisogno di un’approvazione, ma anche di qualcuno che si alzi dalla sedia e dica: “Scusi, la sua canzone non dice niente!!” Anche queste sono soddisfazioni: qualcuno ci ha dato retta per almeno tre minuti!!
Come quando si prega: si chiede sempre qualcosa. Un segnale dopo la preghiera potrebbe indirizzarci a farci capire se la richiesta fatta sia stata esaudita o meno. Ma quando dio non dà nessun segno, di nessun tipo, è allora che tutto quello che ci circonda non ha un senso compiuto! Come gridare in un deserto dicendo che si sta vivendo bene! Ma se nessuno sa della tua sana esistenza, è tutto inutile!
I due presentatori cercano di fare il loro mestiere: ma non ci stanno riuscendo, mancano le risate che ti spronano ancora di più a far ridere. Come quando si parla da soli. Ci si rivolge a sé stessi, senza che nessuno possa darci una risposta, un consiglio, un’approvazione. Questo Sanremo sta diventando il Festival del Dubbio. Per cinque serate si dubiterà di tutto: delle canzoni, degli umori dei cantanti, delle reazioni dei telespettatori… Si dubiterà addirittura del fatto che si sia effettivamente svolta l’edizione del 2021. Arriveremo a questo grado di dubbio!!
Le certezze di un programma televisivo, come qualsiasi altro modo per intrattenere il popolo, vengono date solo con un contatto diretto e oggettivo del pubblico. È difficile provare qualcosa di straordinario stando su un palco enorme e poi non capire fino in fondo cosa si stia facendo. Come un prestigiatore che non ha un pubblico davanti a sè: non capirà mai che “quel pubblico” avrà capito il trucco.
Senza dubbio era meglio rimandare il tutto all’anno prossimo (pandemia permettendo…) Magari farne due: quello di quest’anno e quello del 2022. Una specie di Sanremo-Festivalbar. E chissà che non possa essere un’idea per gli anni futuri. Anche senza pandemia.
Mario Ciro Ciavarella Aurelio