Mario Ciro Ciavarella Aurelio

San Marco in lamis, lunedì 28 dicembre 2020 -  Quello che si produce negli anni, è il frutto del proprio vissuto! È sempre così, soprattutto quando si parla di arte. Come la letteratura, la pittura e tutto ciò che riesce a trasmettere sensazioni personali, ma che vogliono coinvolgere anche quelli che non sanno nulla della tua vita. Una frase scritta o detta in un contesto come può esserlo quello teatrale, ti fa capire tanto, come quando si legge un’intera enciclopedia.

È il vissuto che determina alla fine la definizione di Artista. È quello che si è provato che determina la produzione fatta in quel campo comunicativo. È la comunicazione di ognuno di noi che alla fine lascia o meno sul campo, prodotti artistici che rimarranno per sempre.

Eduardo De Filippo. Detto così crediamo di sapere tutto di quest’uomo, che ha avuto una vita sconvolgente, drammatica, a volte anarchica (come lo siamo tutti prima o poi…) La nostra conoscenza di Eduardo si ferma quasi sempre alla commedia “Natale in casa Cupiello”, che poi non è certamente quella più bella, tra quelle scritte   dal drammaturgo napoletano: ce ne sono tante altre migliori. Come: “Questi fantasmi”, “Uomo e galantuomo”, “Le voci di dentro”, “Non ti pago”, “Il cilindro”…

Ho appena finto di vedere uno straordinario documentario su Sky Arte, dove i nipoti di Eduardo hanno mostrato per la prima volta alcuni filmati, lettere delle tre mogli del drammaturgo e registrazioni audio del loro nonno. Abbiamo scoperto un artista che non ha avuto una vita facile fin dall’infanzia: il primo trauma a 11 anni quando seppe che era un figlio illegittimo. Il padre, l’altro grande commediografo Eduardo Scarpetta, e la madre naturale di Eduardo era la nipote di sua madre, Rosa De Filippo.

Così come suo fratello Peppino e sua sorella Titina, tutti figli nati non da mamma   Rosa, ma da Luisa De Filippo. Una famiglia allargata ante litteram potremmo dire, ma all’artista Scarpetta tutto era perdonato. Una convivenza tra due “mamme” e tanti “fratelli” non di sangue, non era facile gestire da nessuno. Forse queste situazioni al di fuori “dalla norma”, hanno installato nella mente di Eduardo il concetto di famiglia che spesso rappresenta nelle sue commedie.

Le famiglie. Quelle di Eduardo erano altrettanto difficili da gestire: si sposò tre volte con donne bellissime. Dall’ultima nacque Luisella, che morì per un incidente sulla neve a 11 anni. Il giorno dopo il funerale della sua figlioletta, Eduardo era comunque sul palco: era “solo” un’altra tragedia che si aggiungeva alla sua vita. Lui diceva spesso che se non avesse fatto l’attore, non sarebbe mai nato.

Quelle che chiamiamo “le commedie di Eduardo”, sono spesso dei drammi e a volte tragedie: ricalcano la sua complicata esistenza, era sempre alla ricerca del ridicolo e del tragico per mescolarli insieme. D’altronde la vita è proprio questo: un qualcosa di serio e faceto. È impossibile percorrere le strade delle nostre esistenze sempre con la “stessa modalità”: si alterna spesso, e non dipende sempre da noi, ma più dagli altri o dagli eventi che ci cadono addosso.

Negi ultimi anni della sua vita, ormai senatore a vita, si occupò dei ragazzi carcerati nelle case circondariali di Nisida e Filangieri. Portando all’attenzione della politica nazionale, i gravi disagi provocati della malavita organizzata partenopea, decenni prima del libro-denuncia “Gomorra” di Saviano.

Eduardo non è mai morto: ogni volta che qualsiasi commediografo (mi ci metto pure io con un po’ di rossore…) scrive anche una sola riga, non può non pensare ad un giudizio anche estemporaneo di Eduardo, su quello che si vorrebbe rappresentare…

 

Mario Ciro Ciavarella Aurelio