Mario Ciro Ciavarella Aurelio
San Marco in Lamis, giovedì 3 dicembre 2020 - Quando facevo il militare a Taranto, appena arrivati a Mariscuola, gli allievi più grandi chiedevano alle nuove reclute se sapessero quali fossero le tre superpotenze mondiali. Naturalmente nessuno di noi sapeva rispondere, ma subito venimmo informati: le tre superpotenze mondiali sono: “Bucarest, Budapest e Tarantonuestr” (la nostra Taranto). Da quel momento sapevi tutto!! e tutto ciò che avresti imparato dopo, alla scuola militare, non poteva mai superare quel sapere su Taranto!
La seconda informazione che ci davano, non in forma di quiz, era che non si doveva mai andare di notte in giro da soli nel rione Tamburi: difficilmente se ne uscivi con tutti i soldi in tasca!! Penso che fosse solo una leggenda metropolitana: non erano poi così cattivi i figli degli operai dell’ILVA, che da troppi anni vedono morire i loro amici. Uccisi dai gas velenosi che escono dalle ciminiere, ormai conosciute da tutti.
In questo rione una casa su due è vuota: non c’è più la presenza chiassosa dei tanti figli di operai che portavano con orgoglio la tuta blu anche in casa, per farla vedere ai loro figli. Padri che riuscivano a far vivere dignitosamente una prole spesso numerosa. Molti di questi operai, di notte si trasformavano in pescatori, conservando la loro tuta e tirando fuori da un ripostiglio, le reti da pescatore.
È da troppi anni che in quasi tutte le abitazioni dei Tamburi si conta almeno un tarantino colpito da una patologia oncologica. Ma il silenzio è d’oro!! Si accetta un destino crudele nel dover affrontare la malattia, che spesso colpisce i più piccoli, ma l’importante è che l’ILVA non venga chiusa!! E da troppo tempo si svolgono funerali ai quali partecipano ragazzini che accompagnano un loro amichetto al cimitero.
Come si può vedere nella foto: Vincenzo Semeraro, undici anni, morto pochi giorni fa all’Ospedale Bambin Gesù di Roma, dopo uno dei tanti viaggi della speranza, dopo essere stato colpito da un linfoma alle ossa, uno dei più dolorosi! Il ragazzino si era potuto recare a Roma, dopo che gli amichetti del rione Tamburi avevano organizzato una colletta.
Ma tutto questo non è bastato. Vincenzino se lo sono riportato da Roma a Taranto in un carro funebre, e subito tutti gli amichetti dello sfortunato ragazzino si sono riversarti in piazza Masaccio, dove giocavano a calcio, per poterlo vedere e piangerlo per l’ultima volta. Si vedono piccole mani che cercano di “fare chiarezza”, cercando di far sparire il vetro del carro funebre, che è diventato una barriera trasparente tra loro e l’amico che non c’è più.
Lacrime che cadono sul vetro, dove, dietro una piccola bara bianca viene spedita ad Altrove: un posto dove si gioca senza farsi più male, anche se si cade. Anche se un altro ti spinge. Un luogo dove le nuvole ti prendono sopra di loro e ti portano direttamente nella porta avversaria, per farti segnare un gol sempre sognato e forse mai realizzato.
Gli occhi degli amici di Vincenzino lo seguono senza perderlo di vista, le mani aggrappate su quel carro che cercano di toccare la pelle di un ragazzino quasi mai nato. Pelle quasi appena generata, proiettata dove avranno sollievo tutti i miti e gli innocenti del mondo.
Dietro quelle mascherine ci sono labbra che gridano il nome di Vincenzo, per poterlo far risvegliare anche per pochi attimi e sentirlo gridare: “Gooooool”, che fece chissà quante volte, per poi abbracciare gli amichetti di squadra e sognare di giocare nella squadra del Taranto. Nella squadra di “Tarantonuestr”, una delle tre superpotenze del mondo!! Che da un po’ di tempo sta combattendo una guerra contro sé stessa.
E che per il momento non riesce a vincere. Ma per le gare decisive ci sono anche i supplementari…
Mario Ciro Ciavarella Aurelio