Antonio Daniele
San Marco in Lamis, domenica 22 novembre 2020 - In questo tempo siamo tutti increduli per la pandemia che sta mietendo dolore e morte. Se nella prima ondata ci sembrava qualcosa che poteva capitare a qualcuno, bastava poco per rimanere fuori, oggi sembra che ci cammini a fianco e basta poco per rimanere contagiati. Siamo increduli davanti a dati che ci spaventano e creano apprensione.
Siamo increduli davanti ai nostri esperti che non parlano con voce univoca, ma ognuno dà la sua visione su questa tragedia che ha colpito il mondo intero. Siamo increduli davanti a persone che si ostinano a dire che è tutta una invenzione, ma, poi, ci rendiamo conto che familiari, amici e conoscenti, sono stati contagiati o addirittura sono morti. Siamo increduli quando l’economia fa a pugni con la salute. Siamo solidali con chi fa fatica a portare avanti le proprie attività commerciali, ma nello stesso tempo siamo convinti che alcune di essa vanno chiuse per tutelare la salute pubblica. Siamo increduli quando alcune decisioni hanno più sapore politico che di vera indicazione di comportamento.
Allora abbiamo assistito al valzer dei governatori che hanno fatto a gara per rimarcare le distanze da quel o altro provvedimento. Siamo increduli quando come società non riusciamo a garantire la sicurezza dei più piccoli, degli anziani o degli ammalati. Ci imbarchiamo su discorsi altolocati oppure nel superficialismo, senza sapere, o far finta, che le risposte in tasca, forse, nessuno ce lo potrà dare. Siamo increduli quando pensiamo che il virus tutto sommato ci potrà anche colpire. Basterà una settimana, forse due e poi sarà solo un vago ricordo.
In fondo pensiamo che a morire siano solo gli anziani e quelli ammalati. Che società stiamo costruendo e stiamo formando per consegnarla alle nuove generazioni? Chi è debole, perché ammalato o anziano, può anche morire senza lasciare un grosso trauma nella società? Ma siamo veramente convinti di questo? Ascoltando le persone a volte sembra quasi di sì. Il ragionamento è che a morire siano solo gli anziani. Basta leggere i manifesti di lutto. Questo ci giustifica come comunità? Personalmente penso proprio di no! I nostri anziani vanno tutelati iniziando dal nostro modo di comportarci.
Forse non servono tante terapie intensive, basta la nostra terapia d’amore che mi fa comportare in modo da non mettermi a rischio per poi creare altro rischio. Per molto tempo abbiamo pensato che bastava ricoverarli in alcune strutture adatte per preservarli dalla solitudine e dall’abbandono. Questa pandemia, invece, ci dice che quei luoghi sono stati i più vulnerabili. Se vogliamo farci interrogare da questo tragico evento, dobbiamo ripensare al nostro modo di vivere e dalle priorità che ci diamo.
Il “tesoro” che i nostri anziani ci hanno lasciato non può essere dilapidato da una società che pensa solo al profitto e al consumismo. La cultura “usa e getta”, che tante volte il nostro Papa Francesco ha ammonito, è un virus più letale del covid-19 che scarta i deboli e rafforza solo alcuni.