Nicola Maria Spagnoli
San Marco in Lamis, venerdì 20 novembre 2020 - Tra tre giorni ricorre il trigesimo della sua improvvisa ed inaspettata dipartita, pur essendo lontano dal paesello natio, ho sentito il bisogno di ricordare Tonino a me stesso e agli amici che l’hanno conosciuto e apprezzato per l’umanità, l’altruismo e la professionalità. Lo voglio ricordare con un episodio avvenuto ben cinquant’anni fa, nell’estate del 1970. Eravamo allora ai primi anni di università ma con voglia di avventura e di nuove scoperte.
Con Tony già mi legava un’amicizia di anni, dalle scuole medie e superiori e poi a Roma all’Università La Sapienza, anche se in facoltà diverse, lui medicina ed io architettura, ma ci vedevamo quasi ogni giorno alla mensa universitaria e passavamo del tempo, nell’attesa del turno mangereccio, ad ascoltare le improvvisazioni di Rommel, un giamaicano che sapeva suonare, in stile Belafonte a cui peraltro assomigliava, un pianoforte un pò scassato della casa dello studente in via De Lollis e a cantare insieme ad un gruppo ristretto di amici.
Molti pomeriggi poi ci riunivamo post-pranzo, nella mia casetta-rifugio a S. Lorenzo, nel famoso palazzo ottocentesco Lamperini (foto 1) dove si entrava nei bilocali dal ballatoio e dove pochi anni prima avevano girato il film-cult I soliti Ignoti o nel suo appartamentino, un pò più lontano, in via Tiburtina. Quell’anno decidemmo di viaggiare, a piedi o in autostop fino ad arrivare ad una meta mitica: il Circolo Polare Artico in Svezia con zaino, vitamine, sacco a pelo, pochi soldini e tanta incoscienza. Incoscienza sì perché dormivamo prevalentemente negli incavi a precipizio dei ponti autostradali (i più sicuri, che se avessimo avuto il sonno agitato saremmo potuti anche scivolare giù!) oppure nei casali abbandonati o sotto le fresche frasche.
Incoscienti perché, facendo autostop, si accettava qualsiasi passaggio da sconosciuti pur di non avere gonfiore ai piedi e alle gambe per il continuo camminare come quella volta su di un’auto scassatella di un naziskin tedesco che appena accortosi che eravamo italiani ci scaricò di brutto in una landa deserta, e meno male! In Germania passammo un paio di giorni a rifocillarci a Karlsruhe, in casa di un suo cugino che lì viveva con moglie tedesca per poi proseguire fino a Copenaghen dove visitammo, da perfetti turisti beatnik alla Kerouac, tutti i luoghi possibili e facemmo amicizia con ragazze locali a cui affittammo(!) i nostri sacchi a pelo per il riposino notturno, en plein air e abusivo naturalmente, nel famoso Tivoli, il parco della capitale danese.
Naturalmente, oltre a qualche panino, ci si nutriva di colazioni esagerate nei caffè delle città del nord dove se ti sedevi al tavolo e ne ordinavi uno ti portavano anche una caraffa di latte, una brodaglia scura che chiamavano caffè ed anche biscotti: naturalmente non lasciavamo che briciole sul tavolo! Finalmente anche in Svezia trovammo conforto per un paio di giorni presso casa di amici conosciuti a Roma che gentilmente ci fecero rifocillare (foto 2) nella loro bella casa e dormire nella sauna prospiciente la piscina, in casa no, non so perchè! Qualche trenino in Svezia lo prendemmo ma foto al Circolo Polare non ne ho ritrovate nei miei confusionari armadi ma ricordo che ce ne furono.
Il viaggio di ritorno fu faticoso per le nostre povere gambe poiché sia in Olanda che in Belgio furono molto scarsi i passaggi in autostop, in Francia invece fu molto diverso, i francesi erano più aperti dei numerosi nostri connazionali belgi! A Parigi ci separammo per qualche giorno per il mio ardente desiderio, ero già rockettaro, di andare all’Isola di Wight dove ci sarebbe stato, proprio in quei giorni, il celebre concerto con tutti i miti del rock del momento e non solo. Io andai a Le Havre, poi in ferry fino a Portsmouth e ancora fino all’isola, dove non riuscii nemmeno ad entrare nell’area del concerto per la calca dei settecentomila, oltre al fatto che si pagava un botto per entrare anche se tantissimi scavalcavano le reinsioni e dove mi rubarono una macchina fotografica e quasi tutti i rimanenti spicci.
Comunque, visto che era il primo giorno, il 26 di agosto e la scaletta era scarsa (Hendrix, Jefferson, Who, Dylan etc. erano previsti nei giorni successivi) ci rinunciai e ripresi la strada del ritorno il giorno successivo e il 28 ci ritrovammo, come da appuntamento, sotto la Tour Eiffel (foto 3). Lì cercammo in pochi giorni di vedere un pò tutto ed essendo diventato di casa, anni dopo rifeci il tragitto francese e parigino, ma in camper, con consorte al seguito. Dalla Francia, grazie ad un camionista torinese ci ritrovammo, dopo un passaggio e una abbondante dormita in mezzo a macchinari vari, naturalmente in Italia (foto 4) e da lì ai primi di settembre, dopo circa un mese e mezzo e dopo telefonate consolatorie ai nostri parenti ed affetti che ci credevano dispersi, pian pianino giù verso Roma. Fine dell’avventura!
di Nicola Maria Spagnoli
Foto 1
Foto 2
Foto3
Foto 4
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