Mario Ciro Ciavarella Aurelio
San Marco in Lamis, venerdì 31 luglio 2020 - (Anche in questo caso il dialetto è d'obbligo... la sediolina descritta in sammarchese, dà segni di vita!!) La discrezione di certi oggetti a volte è proverbiale. Come quella di un macinacaffè: finchè non viene “messo in moto” non dà fastidio a nessuno. Oppure un ombrello chiuso: difficilmente lo si riesce a trovare subito, se non è stato riposto nel portaombrelli, ma una volta aperto... largoooo!! Ma la sediolina per il mare forse non ha rivali, in fatti di riservatezza e poi “allargamento sociale”
Se fossi in lei, mi offenderei, almeno una volta l'anno: quando viene conservata, quasi sempre in un garage. O tra armadi messi in disparte in una casa di un certo tono. Ci sono sempre in ogni abitazione alcuni centimetri di spazio per infilaci dentro la piccola sedia di colore “cappuccino macchiato”. Un colore che non cambia nemmeno a distanza di un secolo!!
Sembra un colore inventato solo per questo tipo di sedia. Non si smacchia anche se viene lavata, non cambia tonalità di colore!! Lì sopra si sono seduti centinaia di persone di pesi diversi: non si rompe mai!! Sfida i pesi e le misure: alti, bassi, grassi, magri. È uno dei pochi oggetti che accetta tutti: non ha pregiudizi la “seggetedda pe lu mar”. Forse perchè guardi tutti... dal basso verso l'alto...
La si trovava in tanti locali pubblici, oltre che sulle spiagge, nelle cantine, nei circoli, in case abitate soprattutto da gente anziana che teneva come riserva questa sediolina per l'occorrenza. Dalle sagrestie venivano tirate fuori soprattutto quando c'erano funzioni religiose come la Notte di Natale o la Veglia Pasquale. Quando le chiese erano piene tutti i giorni e sopratutto nelle notti sante, con affluenza di centinaia di fedeli.
Alcuni se la portavano in chiesa dalle proprie abitazioni, per essere sicuri di avere un posto a sedere. Non pesavano molto, anzi erano proprio i ragazzini che volevano portarla al genitore o al nonno che si recava in chiesa. Ma l'habitat naturale di questa piccola sedia è senza dubbio la spiaggia. È lì che la “seggetedda” diventava un trono!
Appena scesi dal pullman o dall'auto, una delle prime cose che si facevano era aprirla e appoggiarci sopra tutto quello che si era portato da casa. E poi si poteva piantare l'ombrellone. Di sedioline così se ne portavano dietro sempre più di una, normalmente una per ogni persona di quel nucleo “da spiaggia”.
E una volta piantato l'ombrellone, non restava che mettere tutto sul tavolo pieghevole dove sopra era disegnata un Dama, e sedersi sulla sediolina. La prima volta che ci si sedeva sopra, stando in spiaggia, sinceramente un po' di timore c'era: si aspettava il crack, il rumore non di fondo che sanciva la rottura della piccola sedia.
Ma non succedeva, a meno che quella sedia ne avesse passati di tutti i colori e di tutti i pesi. Lentamente il corpo “dell'aspirante seduto” si adagiava sulla seduta, rimaneva quasi in levitazione per qualche secondo, ma poi l'ospite cadeva con tutto il suo peso sulla piccola sedia. Ancora qualche istante di assestamento, e poi le spalle potevano toccare lo schienale in modo tale che tutto il corpo potesse prendere la posizione naturale di una persona che è seduta. Nessun rumore di cedimento.
Però, con una mano si toccava la parte inferiore della seduta: l'atto di fede stava cedendo. La fiducia c'era, ma una mano sotto la sedia ne aumentava l'efficacia!! Poi, la mano veniva tolta e ci si appoggiava con naturalezza. E si aspettava. Ancora nessun cedimento. Con l'orecchio si cercava di ascoltare qualche scricchiolio sospetto, ma il rumore del mare ne attutiva eventuali segnali pericolosi.
Quando tutti i controlli dei cinque sensi erano stati effettuati, ci si poteva appoggiare con naturalezza sullo schienale e si chiudevano gli occhi. Si accavallavano le gambe e tutto il corpo poteva rilassarsi come natura detta. Un sospiro di sollievo faceva aumentare il volume della pancia e da quel momento poteva iniziare la giornata rilassante al mare.
Si aveva la sensazione di affondare. Di tanto in tanto era come se le gambe esili della sediolina cedessero, piantandosi nella sabbia. Ma non con tutte e quattro le gambe: o solo quelle di destra o quelle di sinistra. E ci si adagiava con il corpo su un lato. Con piccoli scatti appena percettibili, si cercava di bilanciare la seduta portando il peso dalla parte opposta di dove c'era “l'affossamento”. Si riusciva a mettersi in equilibrio dopo alcuni colpi millimetrici. Così, si poteva continuare a riposarsi. Con gli occhi chiusi e in attesa che la giornata di sole finisse. Per poi chiudere la sediolina e riaprirla il giorno dopo.
“La seggetedda pe lu mar” è uno degli oggetti più fedeli di sempre! Difficilmente ti lascia con il c... per terra. Iniziava a far rumore, si piegava leggermente ma tenendo il peso dell'ospite. Insomma: è un'amica, se ti lascia, ti avvisa...
Mario Ciro Ciavarella Aurelio