Mario Ciro Ciavarella Aurelio
San Marco in Lamis, lunedì 6 luglio 2020 - Un verde che non aveva eguali! Non somigliava al colore del mare un po’ agitato e nemmeno a quello di una bottiglia dove si conservava la salsa. Un verde imperiale, unico, quasi prepotente che ti sfidava a fare a cazzotti. A volte era gialla, un po’ più remissiva, ma molto evidente: la si trovava prima, quando veniva cercata. Anche se veniva conservata in un angolo, quello più nascosto della casa, dove nessuno la doveva vedere, ma solo i residenti di quella abitazione. Signori (e soprattutto signore): la Bomma lu gas!!
Vogliamo ricordarla con il nome in dialetto: in italiano non suonerebbe bene. La bombola del gas: detta così non ti ispira. Sembra un soprammobile di poca importanza, quasi un “raccoglipolvere” che prima o poi verrà buttato. Invece, definirla in dialetto si capisce di avere a che fare con un’autorità della casa. Dopo il letto, l’altro “suppellettile” necessario di tanto tempo fa, era la “Bomma!!”
Però, c’era una strana maledizione che aleggiava sulla Bomma: finiva quasi sempre di domenica mattina!! oppure quando l’acqua era in ebollizione, e subito si correva a sostituirla con un’altra Bomma, quella gialla, le bombole di riserva erano quasi sempre gialle!!) Ci si faceva aiutare dal più piccolo della famiglia, così imparava subito a mettere la Bomma quando i genitori non c’erano o i più grandi erano impegnati altrove.
Quando stava per finire, la Bomma era come se emettesse un fischio sordo, molto sottile, quasi un ultrasuono che solo i cani riuscivano a sentire. Poi la fiammella diventava gialla e più piccola, e poi moriva. Per sicurezza il fornello veniva acceso di nuovo: si sperava che si potesse arrivare a fine cottura, ma niente da fare. Bisognava sostituirla. Tutti avevamo la chiave inglese, veniva presa e si svitava la Bomma dal tubo azzurro collegato al fornello e veniva messa da parte, e si prendeva la Bomma gialla come sostituzione.
A volte la Bomma di riserva era più piccola: non tutti avevano in casa lo spazio necessario per conservare quella grande. E non bisognava assolutamente dimenticare di andare subito a ordinarla al negozio di fiducia, quando la Bomma era appena finita (a San Marco ce n’erano tanti), e dopo pochi minuti ti veniva recapitata a casa da un ragazzo spesso magro, che pesava di meno della Bomma!! Eppure riusciva a portarla sulle spalle. Poi con maestria, chiedendo a tutti i presenti di allontanarsi, prendeva dalla cintola la chiave inglese e iniziava a sistemarla al tubo azzurro.
Finita l’operazione, il ragazzo prendeva la Bomma esaurita e se ne ritornava allegramente da dove era venuto. Senza mancia! All’epoca il concetto di mancia non c’era ancora: doveva essere il proprietario del negozio a pagare il garzone!! Le Bomme venivano conservate nei negozi dove avveniva la vendita, e lì dentro si vendeva un po’ di tutto. Merceria, detersivi, scarpe… non c’era il negozio che vendeva solo Bomme del gas.
C’erano anche incidenti domestici: improvvise vampate di fuoco che mettevano a repentaglio l’incolumità di troppa gente. Bomme avvitate male o difettose provocavano improvvise fuoriuscite di gas. E allora, con tutto il coraggio che si aveva, venivano buttate fuori di peso dall’abitazione, e fatte rotolare il più lontano possibile. L’importante era non avvicinarsi troppo: se rimanevano accese per molto tempo si sarebbero spente da sole oppure intervenivano i pompieri da San Severo.
La Bomma aveva la sua importanza vitale durante la salsa fatta in casa!! Oltre alla “callara”, un altro pezzo forte era proprio la Bomma, se non c’era lei, la salsa non poteva “quaquariare”.
Sono decenni che la Bomma non viene più usata da tutti, anche se ci sono degli irriducibili che la usano ancora soprattutto per le stufe a gas, quelle a tre fiammelle. La durata massima è di un mese se viene usata per far riscaldare un monolocale, non dura molto. La Bomma del gas è stata uno spartiacque tra “lu vrascier” e tutti gli altri modi per riscaldarsi: metano, pellet, ecc… e penso che la sua forma così essenziale e riconoscibile non verrà mai dimenticata.
Mario Ciro Ciavarella Aurelio