Mario Ciro Ciavarella Aurelio
San Marco in Lamis, giovedì 11 giugno 2020 - Le ombre e gli oggetti avevano lo stesso profilo: nessuna linea di confine. Ma solo anima e sostanza finite, si fondono per non dare spazio ad altre divinità di creare. Muri, come non mai, prendono su di loro il peso di tutto ciò che viene spinto dalla luce di candele, che avevano dimenticato il perché della loro esistenza. Come messaggi in bottiglia che non ricordano il motivo del loro invio.
Si muovono presenze che gridano di essere finalmente nate, pochi ricordano le vite delle ombre. Adesso ballano come le luci delle candele comandano. Non si fermano nemmeno se arrivano luci più forti da candele vicine: le ombre appena nascono si muovono senza dar tempo ad altre vite di nascere.
“Senzaluce”. Così si chiamava un paese dove la luce a volte andava via. Andava via per necessità, doveva dare il tempo a nuove forme di vita di vivere. Non c’erano scadenze precise, all’improvviso si poteva nascere come si poteva morire, e gli abitanti di Senzaluce lo sapevano. Erano fieri di nascere e vivere lì, in questo posto dove il tempo non aveva un senso preciso: le dieci di sera o della mattina potevano essere la stessa cosa. La luce che andava via dava la possibilità ai muri di ospitare tutto ciò che nasceva spontaneamente.
Di giorno le ombre non erano ben stampate sui muri interni delle case, ma di notte le forme di vita erano più scure, quindi più chiare alla vista di questi abitanti. Molti anni fa questo fenomeno delle ombre era molto più frequente: un po’ di acqua dal cielo, e la luce andava via anche per qualche ora. Poi, le nevicate potevano far godere, questi abitanti, anche per giorni: la luce mancava ed era festa nelle case.
I più piccoli si sedevano e non aspettavano altro che si accendessero le candele, per poi vedere proiettate sui muri, le ombre di tutto ciò che si trovava tra i loro occhi e le pareti. C’erano delle bambole, e sui muri le bambole si muovevano, come si muovevano le piccole fiammelle sulle candele. Se c’erano dei ritratti illuminati dalle candele, allo stesso modo la cornice dei ritratti si ingrandiva o si rimpiccioliva, a seconda del movimento delle fiammelle.
Se un uomo passava tra il muro e la candela accesa, quell’uomo poteva diventare un gigante, con grande stupore dei più piccoli. E si andava avanti così: con l’immaginazione. In alcune case, tutte e quattro le pareti erano degli schermi dove venivano proiettate gli oggetti e le persone che vivevano in quelle case. Sembrava l’invenzione del “4D”, altro che “3D”!! Tanto tempo fa il progresso aveva superato l’attuale presente: si aveva la “quarta dimensione”, visibile senza televisore, senza abbonamento e senza parabola satellitare.
Nel paese di “Senzaluce” si viveva così. E si viveva bene. Poi, la luce non andò più via, e i muri non raccontano più nessuna storia. Ma solo quello che è appeso su quelle pareti. Per immaginare storie nuove, bisogna spostare i quadri, i mobili, e tutto ciò che è appoggiato sulle pareti delle case del paese di “Senzaluce”. Ma non ne vale la pena: troppo sforzo e poca immaginazione. Se manca la luce…
Soundtrack: “La sera dei miracoli” - Lucio Dalla
Book recommended: “Storia del buio” di Nina Edwards
Film recommended: “Buried” di Rodrigo Cortes
Mario Ciro Ciavarella Aurelio