Mario Ciro Ciavarella Aurelio
San Marco in Lamis, giovedì 28 maggio 2020 - Era questa la prima richiesta che veniva fatta da un “pirata dell’etere” per essere certo di essere “copiato” (ascoltato) da altri radioamatori. Stiamo parlando di baracchini, ricetrasmittenti che permettevano di entrare in contatto a distanza via etere. Con quelli della notte.
Se vogliamo, un Facebook ante litteram, dove la gente munita di tale strumento, parlava, si confidava e dava le proprie coordinate per essere meglio… modulata. Parliamo degli anni ’70, sembra un millennio fa, quando rispetto ad oggi, in senso tecnologico, non c’era assolutamente nulla!! Strano eppure è così. Negli ultimi 40 anni la tecnologia ha fatto un progresso esponenziale che non riusciamo a starle dietro.
Parlare con i giovani d’oggi cos’è un baracchino o un CB (banda cittadina), è come spiegare ad un uomo di Neanderthal cos’è la ruota: è impossibile. Non solo come resa della spiegazione, ma soprattutto come trasmissione di sensazioni.
Non potranno mai capire cosa si potesse provare, oltre 40 anni fa, comunicare tramite un microfono e ascoltare le risposte da un piccolo altoparlante, l’altro misterioso radioamatore-ascoltatore, che sapeva tutto della tua vita (eri tu che gliela spiegavi), così poteva risponderti dandoti le sue coordinate “esistenziali”.
Il tutto si iniziava modulando sui 27 Mhz, ed era illegale, ma comunque si modulava. Era un modo per far ascoltare la propria voce, e in quello stesso periodo forse non casualmente, iniziarono ad esistere anche le radio locali: un altro modo per far ascoltare le proprie richieste, anche se solo musicali.
Evidentemente, alcuni decenni fa, gli italiani avevano tanto da dire, che cercavano in tutti i modi di comunicare con il prossimo. E finalmente nel 1973 le tante “voci illegali dell’etere” divennero… esistenti in vita. Si potè comunicare legalmente grazie ad un primo decreto che regolarizzava le trasmissioni radio CB. E da quel momento sui tetti degli italiani si materializzarono dal nulla delle strane antenne: altissime e tenute su con dei tiranti!! Erano le antenne dei radioamatori, grazie alle quali poterono trasmettere alla luce del sole, o meglio: al chiarore della luna, si aspettava la notte per mettersi in contatto con altri… lupi solitari.
Le strane antenne, spesso accendevano gli animi durante le riunioni di condominio: non tutti i residenti in quei palazzi volevano “sulla testa” quelle strane protuberanze. Avevano paura dei “raggi”!!?? Era stato buttato giù il concetto di comunicazione tra “comuni mortali”: tutti potevano esprimere una propria opinione o dare informazioni sullo stato delle cose di eventuali episodi non proprio belli.
Mi riferisco ai terremoti. Nel 1980 il terremoto che colpì l’Irpinia e buona parte della Campania, venne “raccontato” tra l’altro anche dai radioamatori delle zone limitrofe, facendo un servizio di protezione civile ante litteram. Chiedendo agli altri radioamatori in ascolto, di diffondere a più non posso la reale situazione drammatica delle zone colpite dal terremoto.
In pratica si mise in atto un’efficace catena di solidarietà che, tramite le voci dei radioamatori, arrivò in tutta Italia. Con richiesta esatta di tutto quello che occorreva per meglio soccorrere quelle popolazioni terremotate. E tutto questo grazie ai baracchini, che vennero usati senza sosta per raccolta dati e informazioni utili per l’Irpinia e la Campania.
Così come adesso, tra i “devoti” di Facebook ci sono delle sigle per semplificare lo scritto, anche tra quelli dei baracchini c’erano delle sigle per meglio intendersi e per parlare il più possibile… usando meno parole. C’era il “linguaggio CB”. Era un insieme di sigle, abbreviazioni e modi di dire in uso nelle comunicazioni radio, parole in gergo utilizzate dai radioamatori.
- Quando si voleva salutare qualcuno augurandogli la buonanotte, si diceva: 144
- Per dire fratello o sorella, si diceva: 15
- Per dire il letto, si diceva: 2 (inteso come due metri, la lunghezza del letto)
- Baci e abbracci, si diceva: 88
- Per definire uno che ascoltava senza che intervenisse, si diceva: orecchie di gomma
- Quando si richiedeva di intervenire in una conversazione, si diceva: break
- Per chiedere a quanti chilometri di distanza distava l’altra persona in ascolto, si diceva: kamma emme
- Per dire che il messaggio era stato ricevuto forte e chiaro, si diceva: Roger
E tanti altri modi di dire per ridurre al massimo non la conversazione, ma le parole da usare. Come facciamo adesso con le “faccine” di Messenger, Facebook (e fesserie varie).
Abbiamo sempre avuto bisogno di comunicare. All’inizio da piccole alture per essere visti ed ascoltati da tutti; poi da piccoli pulpiti costruiti nei luoghi di culto; poi ancora dai palchi politici, dove uomini “migliori” di altri si sono issati lì sopra per imporre il proprio credo. E adesso cerchiamo di far ascoltare la nostra voce attraverso scritti, foto, video, dove vogliamo mostrare il meglio di noi. Ma non servirà: tutto quello che arriverà domani cancellerà il passato, anche se trascorso da pochissimo tempo.
Così come sono stati cancellati i baracchini, strumenti che per due decenni hanno dato voce a tutti quelli che di notte non riuscivano a prendere sonno, facendosi lunghe chiacchierate soprattutto con… i camionisti. Ma per l’epoca tutto questo era buono e giusto.
Bisonte 1 in ascolto!!! Chi mi copia??
Mario Ciro Ciavarella Aurelio