Giuseppe Delle Vergini
San Marco in Lamis, sabato 11 aprile 2020 - Proprio stamattina avevo inviato una mail per gli auguri di Pasqua a Joseph Tusiani. Così abbiamo sempre fatto per le feste. Ma non credo l'abbia letta. Mi piace però pensarlo. Ora il Professore non c'è più. Almeno qui tra noi. Ma restano a farci compagnia ogni suo scritto, ogni sua poesia. E questo consola per chi avrà voglia e curiosità di leggerlo ancora. A lui devo l'incoraggiamento a scrivere e gliene sarò sempre grato.
"Hai la stoffa dello scrittore, devi insistere..." mi disse tanti anni fa. Esortazione che non sempre ho saputo e so mettere in pratica, per questo sfuggire del tempo, per un lavoro che distrae da quest’arte. Ma di lui più che lo scrittore e il poeta - ben altri sapranno scriverne e meglio - quello che oggi mi pace ricordare e che ci ha fatti diventare amici - finché è venuto a San Marco ho fatto sempre in modo di poterlo incontrare - è stata la sua umanità, la sua profonda umanità. Insieme a quella pacatezza e capacità di riflettere prima di parlare, a quella sua innata attenzione all'altro e all'ascolto, a quella sua storia così comune a San Marco e nel Meridione: quella del migrante, di chi si è arricchito nell'anima per aver conosciuto e amato più mondi.
Credo sia stata proprio questa sua umanità, insieme all'esperienza del partire per un viaggio soprattutto esistenziale ma ignoto, che gli ha dato la possibilità unica e irripetibile di diventare un poeta delle due, anzi delle tre lingue: italiano, inglese e latino. Ricordo ora con affetto ed emozione quei momenti in cui ci ritrovavamo a casa sua, nella Padula, con orari fissati rigorosamente su appuntamento per avere del tempo nostro, senza interruzioni, e così parlare di letteratura, poesia, Italia e America. Ma anche di Dio, per lui in apparenza un po' distante.
Ero un po' inquieto quella volta che ha voluto vedermi per discutere insieme dei miei racconti e delle mie poesie che gli avevo consegnato qualche giorno prima. Solo pochi appunti, solo poche osservazioni le sue "Ricordati, Giuseppe, la parola deve macerare. Tu scrivi e poi lascia il testo lì. Riprendilo dopo un po' e vedrai che capirai da solo se ogni parola ti sembrerà messa al posto giusto o se sarà necessario cambiarla con un'altra." Me lo disse con l'affetto di un nonno verso un nipote tra le nuvole azzurrognole delle sue infinite sigarette.
E poi c'era la sua attenzione agli ultimi. Più di una volta, in quel sottano umido anche d'estate, ne sono stato testimone quando qualche nostro concittadino meno fortunato, passando per un saluto, si ritrovava in mano una busta con dentro del denaro. "Sai - mi diceva - nella sua famiglia nessuno lavora. Allora ogni tanto passa da qui... così possono festeggiare mangiando qualcosa di buono stasera." Joseph Tusiani era anche questo.
E quelle chiacchierate per me volavano via sempre troppo presto. Ora che non c'è più ho un dispiacere sincero e un piccolo rammarico: quello di avergli fatto anni fa una lunga video intervista della quale, per un mio errore tecnico, sono rimasti solo pochi frammenti. Gli chiedevo cosa ricordasse di San Marco nella sua prima infanzia. Ci pensò un attimo. Con i suoi occhi chiari ritornò ad allora. E mi disse: "La polvere nelle strade sollevata a tratti dal vento e l'odore dell'urina. Eravamo un paese povero ma dignitoso. Però è questo il mio ricordo."
Quella parola, povero, la disse con affetto, quasi con dolcezza e non come qualcosa di cui vergognarsi. Perché oltre ad essere una verità storica, la povertà, era anche la sua storia, come lo è stata per molti dei nostri nonni. Ti sia lieve la terra Professore, e soprattutto possa tu incontrare quell'Essere Supremo del quale parlavamo, che io chiamo Dio e che tu, un po' incerto, un po' timoroso, non osavi definire. Ma nonostante questo nostro incredibile tempo che ci disorienta e ci fa riconoscere fragili, domani Lui risorge. Vedrai che insieme vi troverete bene...
Giuseppe Delle Vergini