Antonio Daniele

San Marco in Lamis, venerdì 10 aprile 2020 -  Ci doveva essere tanta gente sul Golgota in quella mattinata storica per Gerusalemme. Tanti per curiosità. Il passaparola ha camminato nelle viuzze strette della città. Non un condannato qualsiasi veniva portato a morte, ma Gesù, il maestro che loro avevano ascoltato, tanto da farsi travolgere da quelle parole nuove. Un vip di quel tempo. Anche loro sono saliti sul Golgota per immortale qualche fotogramma di quella storia, magari per tramandarlo ai loro figli e per dire io c’ero.

C’è troppa gente ai piedi della croce dei nostri giorni. Come allora tanti si avvicinano per curiosità. C’è chi guarda da lontano senza farsi prendere emotivamente. C’è chi in quella croce trova delle risposte. C’è chi è chiamato a fare il proprio dovere, come i soldati, non hanno colpa per quello che stanno facendo. C’è chi ha paura e fugge, come gli apostoli. C’è chi si interroga come il centurione. C’è chi ha parole ancora di condanna, ben gli sta e quella la fine che doveva fare. Ma chi rimane sotto la croce, dopo lo spettacolo del dolore e dell’ipocrisia? Rimane un giovane che ha sentito forte il battito di paura del suo maestro e non l’abbandona in quel momento tragico.

Rimane una donna che si è sentita condannata e crocifissa, ma poi in quell’uomo ritrova il suo riscatto. Rimane la madre che è chiamata a rinnovare il suo sì sotto la croce. Rimaniamo noi ogniqualvolta ci facciamo travolgere dall’amore…anzi dall’unico Amore. È difficile stare ai piedi della croce. Oggi ci dobbiamo stare. Dobbiamo contemplare l’Uomo piagato e sofferente che prende su di sé l’umanità. Rimanere ai piedi della croce significa avere speranza. “Si fece buio da mezzogiorno fino alle tre”, la storia dell’uomo conosce i suoi bui, i suoi tunnel senza uscita, le parole prive di senso e vuote, l’isolamento e la solitudine, la condanna e la morte. Rimanendo sotto la croce e contemplando il crocifisso, troveremo la nostra strada.