Mario Ciro Ciavarella

San Marco in Lamis, lunedì 13 luglio 2015 -  Spesso si ha la sensazione di fare qualcosa di sbagliato, di inutile. E che viene fatto più per gli altri che per noi stessi. Per dare l’impressione al resto dell’umanità di essere migliori o almeno diversi da come possiamo sembrare agli occhi degli altri. E quindi, si dice basta… Una specie di sciopero… sociale, dove prevale la nostra voglia di essere noi stessi e di andare controcorrente, al di là di quello che possa pensare… la folla (che non pensa mai!!!) Queste sensazioni probabilmente le avrà avute un toro durante la festa di San Firmino che si svolge a Pamplona, in Spagna.

Dove avviene l'“Encierro” che consiste in una corsa di centinaia di uomini di circa 800 metri davanti ai tori che ha come punto di arrivo la piazza dei tori. Avviene ogni anno tra il 7 e il 14 luglio alle otto del mattino.

Questo toro controcorrente, appena uscito dal recinto dove era relegato, prima della folle corsa ad inseguire un centinaio di esseri-imbecilli-senzienti-chiamati-uomini, si ferma… si guarda intorno e si gira.

 Ritorna al punto di partenza, nel suo recinto, probabilmente a meditare sull’accaduto, sulla sua voglia di non correre, di non ubbidire ai voleri dei suoi padroni (gli uomini).

 Questo toro ha avuto la sensazione di fare qualcosa che non aveva senso: rincorrere uomini per cercare di incornarli, e alla fine il toro… dissidente, come tutti gli altri che rincorrono la folla-matta, sarebbe stato ucciso nell’arena, al punto di arrivo di questa sagra.

 Il toro rientra nel suo recinto. E pensa.

 “Mio padre mi diceva che da grande avrei dovuto combattere nelle arene facendo corride, cercando di uccidere i toreri. Non voglio!”

 “Mio padre mi diceva che da grande avrei per forza “amato donne” della mia specie, anche senza desiderarle. Non voglio!”

 “Mio padre mi diceva che sarei comunque stato ucciso perché dalle mie parti più nobili avrebbero fatto piatti tipici e souvenir. Non voglio!”

 “Mio padre mi diceva che avrei dovuto… innervosirmi ogni volta che avessi visto… un drappo rosso sventolato davanti ai miei occhi. Non voglio!”

 “E mi disse che sarei stato ucciso anche se avessi vinto una corrida, uccidendo il torero. Ucciso essendo vincitore. Mi capite?? Non voglio morire anche se vinco!!”

 “OGGI NON CORRO!! Non do la soddisfazione agli umani di disporre di me come vogliono. Voglio lasciarli nel dubbio. Voglio che pensino di me: ma cosa sta pensando questo toro??”

 Il toro che ha scioperato quest’anno alla sagra di San Firmino è ancora lì. E i toreri, gli addetti al servizio d’ordine della festa di Pamplona, i turisti, lo stanno ancora guardando.

 E aspettano che si decida di uscire dal recinto. Non uscirà mai. Fino a quando qualche essere umano non gli spieghi:

- il perché di quella corsa.

- il perché della sofferenza.

- il perché di quella lotta impari

- il perché si deve festeggiare uccidendo

- il perché qualcuno deve decidere per gli altri

- il perchè siamo obbligati a fare un qualcosa che non vogliamo fare.

- il perché…

 Gli stessi perché che noi umani ci poniamo tutti i giorni. Ai quali non riusciamo a dare delle risposte.

 Quel toro è ancora lì, nel recinto, e non si muoverà fino a quando qualcuno con coscienza cognitiva (noi) non gli dirà anche del perchè esistono… i recinti.

 

 

                                                                                       Mario Ciro Ciavarella