Mario Ciro Ciavarella

San Marco in Lamis, lunedì 18 giugno 2018 - “C’era una volta…” scusate cari lettori, sarebbe meglio cominciare questa storia con: “C’erano una volta due Germanie”. Non solo in senso politico ma anche sportivo. Quella Orientale e quella Occidentale, “buoni” e “cattivi”, del blocco Atlantico e del blocco Sovietico.In pratica due mondi divisi da un confine, o se volete da un Muro. Quello di Berlino, che di fatto divideva in due, un popolo che fino al termine della Seconda Guerra Mondiale era uno solo.

 Finita la guerra i tedeschi si ritrovarono a vivere in due Paesi diversi, non volendo questa divisione: fu una decisone politica a rompere una nazione che fino a pochi anni prima sembrava che dovesse governare il mondo. E anche lo sport si divise: formazioni della DDR (Est) e RFT (Ovest) spesso entravano in competizione tra di loro. I tedeschi “sovietici” della DDR erano molto forti in sport individuali, come l’atletica leggera, ginnastica, nuoto… Invece i tedeschi “americani” della RFT erano fortissimi nel calcio. Anzi, erano i più forti del mondo, come dimostrarono nel 1974 vincendo quel Campionato del Mondo di Calcio.

Anche se quel campionato iniziò per loro in salita: la prima partita la persero proprio contro i “diversamente tedeschi” dell’Est. Strano ma vero!! I tedeschi di Franz Beckenbauer, Gerhard Müller, Paul Breitner e compagnia bella vennero battuti per 1-0.  “Sparwasser accalappiò il pallone con la sua testa, se lo portò sui suoi piedi, corse di fronte al tenace Vogts e, lasciandosi persino Höttges dietro, lo piantò alle spalle di Maier in rete”. Questa la nuda e cruda cronaca del gol segnato da Jurgen Sparwasser, calciatore della Germania dell’Est. Di questo calciatore non rimase che il suo nome sul cartellino di quella partita. Poi più nulla.

O meglio, rimase anche la frase che i tedeschi orientali che non si vedevano da tempo erano soliti chiedersi: “Tu dov'eri quando segnò Sparwasser?” Il momento in cui la Germania dell’Est segnò quel gol, diventò uno spartiacque tra il prima e il dopo delle vite di quegli uomini. Il gol venne segnato al 77esimo minuto. Da quel momento fino alla fine della gara, gli oltre 60.000 spettatori dello stadio di Amburgo rimasero ammutoliti. Un silenzio che nessun tedesco ricordava da tempo. Forse da quando sentivano le sirene che avvertivano la popolazione tedesca che le loro città venivano bombardate dagli Alleati.
Il sorteggio così aveva deciso: il primo incontro per le due Germanie era quello in cui si dovevano scontrare tra di loro. Come se un dio cieco e poco propenso a seguire le vicende sportive, avesse deciso che “In principio” doveva esserci una sorta di Big Bang calcistico per far scoppiare un Mondiale di Calcio che era nato in quella terra tedesca.

Una partita che diventò una sorte di Giardino dell’Eden dove i Primi Calciatori si incontrarono, e scontrarono per dare un senso agli incontri di calcio: dove doveva regnare il vigore, la tenacia, la volontà, e anche un po’ di fortuna. La Germania dell’Est vinse anche con tanta fortuna: fu una vittoria non meritata. Ma sappiamo che le logiche dello sport non seguono né quelle degli uomini e nemmeno quelle delle divinità. Lo sport segue delle strade che spesso portano verso obiettivi che si raggiungono per caso. Si segna per caso, il portiere non raccoglie un pallone buttato lì, così, senza vigore da un avversario che segna. Un tiro angolato finisce all’incrocio dei pali senza nessuna volontà di lanciare proprio lì il pallone. Una deviazione che non “doveva” esserci. Si dice che la palla è rotonda, e rotola come vuole. Anche quando entra in rete può succedere che ci entri senza consapevolezza. Si trova dentro una porta e non si chiede il perché. E perché dovrebbe domandarselo?

 


Mario Ciro Ciavarella