Mario Ciro Ciavarella
San Marco in Lamis, martedì 9 maggio 2017 - È difficile considerare un delitto fino a che punto si possa considerare grave. Non si capisce perché un delitto sia efferato, assurdo, pretestuoso, al limite della logica. Non si capisce sempre la giustizia italiana, e perché spesso continui a giudicare in modo molto interpretativo. E non si capisce perché per un omicidio si possa essere condannati a soli 5 anni. Non si capisce perchè una testimonianza possa essere ritenuta attendibile prima in un certo modo e dopo nel modo contrario.
Non si capisce perchè per essere condannati si debbano “superare” ben cinque gradi di giudizio.
In Italia non si capisce niente!!!
Esattamente 20 anni fa a Roma all’interno della città universitaria della Sapienza, veniva uccisa una studentessa universitaria, Marta Russo. Mentre passeggiava insieme ad un’amica.
Dopo un processo durato 6 anni vengono condannati, nel 2003 dalla Cassazione, Giovanni Scattone e Salvatore Ferraro, i due assistenti universitari arrestati un mese dopo l’omicidio. Cinque anni e quattro mesi a Giovanni Scattone per omicidio colposo e quattro anni e due mesi a Salvatore Ferraro per favoreggiamento.
Un lavoro investigativo che vide impegnati quasi 100 persone, tra periti e investigatori. I quali trovarono pochi giorni dopo il delitto, tracce compatibili con polvere da sparo sul davanzale della finestra dell’aula 6 dell’Istituto di Filosofia del Diritto della facoltà di Scienze Politiche.
Tutte le persone che lavorano nell’Istituto - docenti, assistenti e personale amministrativo - vengono interrogate. La segretaria Gabriella Alletto dice che nella stanza da dove era partito il colpo, c’erano anche Giovanni Scattone e Salvatore Ferraro. Scattone avrebbe sparato e Ferraro era vicino alla finestra come “favoreggiatore”. Gabriella Alletto poi ritrattò la sua testimonianza, e si andò avanti così per 6 anni. Alla fine la condanna definitiva come già detto.
Ora, il mistero più grande di questo delitto è il movente: perché uccidere una ragazza in pieno giorno all’interno di una università? Non c’erano punti di contatto tra vittima, condannati e testimone.
Scambio di persona? Sembrerebbe di no: non c’erano ragazze in quella università che somigliassero a Marta Russo. E poi lo sparo venne eseguito con un silenziatore, non usato per caso. Quindi un omicidio voluto in quei termini e condizioni.
Una voglia di delitto perfetto da parte dei due condannati? o dei veri autori se non fossero Scattone e Ferraro? In quella stanza c’erano anche altre persone, non accusate dalla Alletto. Allora, vengono condannati quelli che per primi vengono accusati?
E se Scattone e Ferraro avessero detto che a sparare sarebbe stata Gabriella Alletto, quest’ultima sarebbe stata condannata? Un bel problema da risolvere.
Il problema principale di questo caso è stato che la testimone Alletto ha ritrattato tutto in più occasioni. L’altro problema è che non si possono condannare due persone per omicidio a 5 e 4 anni.
Se si è colpevoli di un omicidio volontario (pistola con silenziatore, ne è la prova) evidentemente l’assassino aveva intenzione di uccidere, quel colpo non è partito per caso o per sbaglio.
Un omicidio all’italiana con relativa condanna. Io non so se giusta o sbagliata.
Sound track: “Centro di gravità permanente” di Franco Battiato
Mario Ciro Ciavarella