Mario Ciro Ciavarella

San marco in Lamis, giovedì 6 ottobre 2016 - I primi eremiti abitavano nel deserto, dove cercavano un contatto tra cielo e terra. Successivamente il contatto con tutto ciò che “non si vede ma c’è”, venne cercato nelle grotte, a volte circondandosi di animali. Fenomeno antichissimo, quello dell’eremitaggio, che cercava come associare o trovare dei punti di contatto tra beni materiali e quelli spirituali.

 Spesso la ricerca non dava i frutti sperati e l’eremita si accontentava di risposte esclusivamente dall’Alto, che escludevano ricompense terrene. Né gloria e né denaro.

 E fin qui possiamo dire che tutto quadra come condizione socio- antropologica. I conti non tornano da almeno 20 anni in Giappone, dove l’eremitaggio sta acquisendo significati diversi dal passato. Nella terra del Sol Levante il fenomeno degli eremiti o comunque gente che rifiuta alcun contatto con il mondo esterno, si chiama hikikomori (tirarsi indietro, rifiutare) e coinvolge almeno mezzo milione di giovani nipponici.

 Il fenomeno però è strano e interessante allo stesso tempo, anche perché questa “patologia” è di difficile definizione ed è impossibile “trovare una cura”.

 Attenzione: questi ragazzi che si isolano nei loro alloggi, non cercano nemmeno un contatto con il soprannaturale, ma vogliono stare da soli, isolandosi da tutto e da tutti, circondandosi di fumetti, dvd, videogiochi e computer. Gli esperti danno diversi significati a questo comportamento tipicamente orientale. Un Oriente ricco, non parliamo di Birmania o di altri Paesi dove il senso del sacro è testimoniato da migliaia di templi e di fedeli in contemplazione.

 Ma di un Oriente che guarda da tempo ad un futuro tecnologico. E quindi lontano da prospettive tipicamente spirituali.

 Gli esperti di comportamento danno alcune risposte: sindrome di Peter Pan, timori per un futuro “costruito” male dai loro diretti superiori: genitori e direttori d’azienda, paura di competere con i propri amici in ambito lavorativo. Insomma, una risposta univoca ancora non c’è!!

 Secondo un mio parere da non esperto del settore “mente-società”, forse questi ragazzi (ma ci sono anche dei quarantenni) rifiutano il futuro di questo mondo ormai arrivato ad un punto fermo. La tecnologia del futuro non proporrà nulla di nuovo come alternativa a quello che già esiste! E quindi si cerca di tenersi stretto quello che si ha.

 Si ha paura di un futuro che potrebbe privargli di quello che già hanno. Le case-prigioni dove questi giovani nipponici si “auto-detengono”, sono delle fortezze inaccessibili, proprio per non farsi togliere quello che ormai è di loro proprietà!! Un futuro incerto fa nascere nelle loro menti situazioni apocalittiche: poco propenso ad un ben comune. La voglia di continuare a fare quello che piace, genera nelle menti di questi “eremiti 2.0” una barriera protettiva che non deve essere violata da nessuno, genitori compresi. Hanno un senso del possesso troppo esagerato: è in quegli oggetti che toccano quotidianamente l’unica certezza e la sola verità. Evidentemente l’anima degli umani a loro non interessa più, o non è mai interessata.

Il futuro è incerto per tutti. E questi ragazzi che non vedono un futuro migliore, cercano di sospendere il loro tempo. Gli altri, quelli “normali”, sono visti come dei nemici che potrebbero togliere loro solo piacere. E far nascere nelle menti di questi giovani prigionieri nei loro mondi, dei dubbi, scaturiti da congetture che non hanno un fondamento sociale.

 Ma frutto delle convenzioni umane. Che spesso sono più pericolose di quello che a noi (come singoli) piace!!

 

 

                                                             Mario Ciro Ciavarella