Mario Ciro Ciavarella

San Marco in Lamis, giovedì 25 agosto 2016 -  Se passa l’ipotesi seconda la quale il nostro pianeta è un organismo vivente, allora tutto quadra!! È una teoria pensata da James Lovelock negli anni ’70 del secolo scorso, il quale chiamò questo super organismo che tutti maltrattiamo (ognuno a modo nostro), Gaia, dal nome della dea greca della Terra. Un unico grande organismo che vive e respira (come facciamo noi calpestatori dello stesso) del quale l’uomo e tutte le altre specie viventi sono i tessuti e le cellule, gli ambienti naturali sono gli organi.

 In pratica la Terra è figlia dell’evoluzione del cosmo, come tanti altri pianeti “sparati” nello spazio più o meno 13 miliardi di anni fa. Come se fosse una cellula, tra miliardi, sparsa nell’universo e della quale il Padre di tutte le altre cellule, il Big Bang, non si è preoccupato più di tanto per il suo futuro.

 E ha lasciato una delle tante sue figlie “sparse per il mondo” a cavarsela da sola. Come i trovatelli umani: lasciati dietro il portone di un convento, e poi… dio vede e provvede.

 La Terra dopo la sua nascita e il suo abbandono da parte del Padre, il signor “Grande Botto”, ha iniziato a vagare sulle strade deserte dell’universo. Crebbe, si formò come la conosciamo noi quasi 5 miliardi di anni fa dalla nebulosa solare.

 E poco dopo (500 milioni di anni) subì il primo trauma, come quando qualcuno di noi da piccolo cadde dal seggiolone: la Terra venne colpita da Theia, un pianeta grande come Marte. E dai detriti prodotti da questo impatto, nel tempo, si formò la Luna, grazie alla gravità che ha unito i detriti.

 Come poteva avere vita facile un pianeta neonato che subisce un trauma di tale portata, come lo scontro con un altro pianeta?? E infatti la Terra nel tempo non se l’è mai passata bene.

 Ed ecco perché ogni tanto trema: perché ricorda quell’impatto subito quasi alla nascita. È un trauma ancestrale come un parto sofferto da parte di una donna con conseguente nascituro segnato dal suo carattere “ricordando” quel parto difficile. O come una paura improvvisa subita da un bambino di pochi anni al quale in pochi secondi gli dicono che la Befana è la mamma e Babbo Natale è il papà. Non lo recuperi più, quel bambino: troppe verità dette in pochi secondi segneranno per sempre la sua fiducia nei genitori, che si travestono… per essere buoni(??!!)

 Allo stesso modo l’organismo vivente chiamato Gaia, sta crescendo non proprio bene (l’evoluzione dei pianeti e di tutti i corpi celesti è continua!!), poi siamo arrivati noi terrestri che ci camminiamo sopra, e l’oppressione di Nostra Madre Terra è aumentata. Forse non si aspettava tanta gente e sopratutto tanto “materiale come arredamento” prodotto dall’uomo, che la sta appesantendo un po’ troppo. E quasi si scrolla un po’, tutto quello che può buttare giù dalla sua schiena ricurva.

 E cerca girando e rigirando intorno al sole e a se stessa qualche compagnia, qualche suo simile… un pianeta maschio!!! Che non arriva, si sente sola, deve solo aspettare che qualcuno si faccia avanti e le chieda se può farle compagnia.

 È un essere vivente come noi: con emozioni, commozioni, pensieri e parole. Le parole potrebbero essere anche i terremoti, che quando avvengono sarebbero delle grida che la terra getta per far sentire la sua voce nell’universo. E magari chiede: “Ma perché??”, tra un sisma e un altro.

 I pensieri della Terra potrebbero essere le nuvole: silenziose e viaggiatrici che girano intorno alla mente di colei che le ha create fino a quando, stanche, si buttano in mare.

 Le emozioni della Terra potrebbero essere i vulcani: quando eruttano significa che la terra è felice (noi no!!), come uno sfogo per aver concepito magari una nuova specie che da poco vive su di essa o dentro di essa. Ha generato la vita, come suo Padre.

 Le commozioni della Terra potrebbero essere le alluvioni, le tempeste, il diluvio che almeno una volta c’è stato. Acqua nell’acqua: le lacrime della Terra che la inondano come prodotto finale delle sue sofferenze o dei suoi pensieri poco allegri.

 Poi la Terra si cura, quando non ne può più delle sue paure, si cura. Chiama a raccolta la flora e decide che quelle ferite inferte “da qualche suo ospite” (non facciamo il nome, anzi i nomi…) devono essere medicate, facendo rinascere foreste e boschi, con i quali si fa accarezzare per farsi consolare. Consapevole della sua esistenza.

 È consapevole anche lei, la Terra, che un giorno non ci sarà più. Proprio come noi umani. Gaia pensa. E già sa che il suo destino è segnato: fa parte di un grande progetto del quale si cerca ancora l’ideatore.

 (Al quale anche Lei vorrà chiedere spiegazioni…)

 

 

                                                                   Mario Ciro Ciavarella