Mario Ciro Ciavarella
San Marco in Lamis, venerdì 10 giugno 2016 - Abbiamo un cervello per amico. Lo sospettavamo e nel tempo questa ipotesi sta diventando una certezza. Anche se a volte la mente facilmente ci fa ammalare, quando la depressione o momenti di forte stress possono far degenerare il tutto provocando patologie vere e proprie, con un nome e cognome. Ultimamente c’è un nuovo esperimento, chiamiamolo così, in cui la mente influenza il corpo in modo positivo. Con la parola. Con le parole degli stessi pazienti, con le quali combattono la patologia che “abita” nei loro corpi.
Sembra una situazione al limite del paranormale, ma fortunatamente è tutto nella norma. Tutto questo viene chiamato: Medicina narrativa. Si racconta il proprio stato di paziente.
Stimola il paziente ad esporre la sua patologia in modo cronistico e non romanzato. È tutto vero quello che si racconta. Il lato interessante di questa iniziativa è che se anche le patologie sono uguali in più pazienti, la differenza la fa la storia personale di ognuno dei pazienti.
La propria storia personale, da quando è iniziata la malattia fino a quel giorno in cui inizia il racconto. Questo progetto terapeutico è stato chiamato “Viverla tutta”, e i responsabili di questo nuovo modo, di curare gli ammalati, dicono che il momento più “difficile” per questi pazienti è iniziare a raccontare.
È come se davanti a loro avessero il classico foglio bianco sul quale non si riesce a scrivere nulla. E per ovviare a questo problema è stato interpellato lo scrittore Alessandro Baricco, il quale con l’esperienza della sua scuola di scrittura “Holden” aiuta i pazienti meno… intellettuali, a trovare il proprio stile di racconto.
“Viverla tutta “ ha raccolto più di 4.000 storie già condivise tra 12.000 persone su facebook. Il tutto è iniziato nel 2011. E i pazienti che fanno parte di questo progetto volontario rispondono meglio alla cure cliniche.
Non si tratta di placebo, per il semplice motivo che le terapie vengono comunque fatte ed usati i medicinali previsti. È la mente che fa la differenza.
È il cervello che evidentemente quando questi pazienti parlano come scrittori che raccontano un romanzo (quello della propria a vita), accende qualche area cerebrale ancora “oscura” alla scienza, la quale agisce sul corpo, e lo migliora.
Potenza della parola? Evidentemente sì! La parola proviene dalla mente, la quale influenza il corpo e il corpo vive come “diciamo noi”.
Tutta questa storia mi fa venire in mente, quando da piccolo andavo a vedere dei famigliari che non stavano bene in ospedale, e il malato di turno raccontava la sua malattia decine di volte: ogni volta che qualcuno lo andasse a trovare.
Allora, anche in quei casi si trattava di “medicina narrativa”? Evidentemente no! Per il semplice motivo che adesso questo nuovo percorso di guarigione comprende “esperti della parola” come alcuni scrittori che aiutano a raccontare a questi pazienti, al meglio il proprio stato di salute.
Come dire: la comunicazione è importante, bisogna saperla fare.
Facciamo un esempio (inventato da me) di un paziente che racconta, senza romanzare la sua patologia:
“Ho avuto i primi sintomi nel giorno di Natale: vedevo le stelle. Pensai che fossero quelle dell’albero di Natale che si accendevano e spegnevano ad intermittenza. Ma non era così, qualcosa nella mia mente non andava come doveva.
“Psicosi e allucinazioni dissociate, con gravi ripercussioni sul campo visivo”. Questa la diagnosi fatta qualche giorno dopo i primi sintomi. Mi ricoverai per le cure del caso ma nonostante la terapia in atto, le luci che andavano e venivano continuavano i loro “viaggi”.
Pensai a volte che tutto ciò era dovuto al fatto che durante la mia infanzia non ebbi mai un albero di Natale da ammirare, e adesso è come se il cervello volesse recuperare il tempo perduto dandomi visioni continue di luci natalizie.
Una specie di regalo postumo fattomi a distanza di qualche decennio. La mia malattia durò alcuni mesi. Poi, arrivò il periodo pasquale e le luci sparirono e comparirono nell’orecchio destro forti rumori di campane. Era l’effetto “futura resurrezione”. In pratica, la mia mente anticipava tutte le feste “comandate”. Escluse quelle civili…”
Ci fermiamo qui con il racconto (inventato da me) anche perché il paziente è ancora vivo e vogliamo che la storia ce la racconti lui quando guarirà. E non sentirà più nessun arrivo di future feste (onde per il ferragosto…)
Mario Ciro Ciavarella