di Patrizia Di Nunzio
San Marco in Lamis, domenica 29 maggio 2016 - La carovana si fa attendere, molte le persone in attesa per non perdersi lo spettacolo, diventato ormai così raro, di trecento bovini che attraversano il tratturo per arrivare alla sospirata sosta delle Quercigliole di Ripalimosani, dove terminerà il penultimo giorno del lungo cammino che li condurrà a casa, cioè a Frosolone. Siamo davvero tanti, ci sono soprattutto bambini che indicano emozionati l’orizzonte.
Una lunga macchia bianca si sta muovendo lentamente: sono loro, le mucche, piccoli puntini che si avvicinano a passo lento, ignare protagoniste di un evento suggestivo. Il suono dei campanacci si sente da lontano e diventa sempre più fragoroso, quando iniziano a passare accanto alla folla in attesa non si sente quasi altro, a parte ogni tanto il nitrito dei cavalli. Corrono di buon passo le mucche, non si direbbe che abbiano percorso tanti chilometri, sono mansuete e ascoltano ubbidienti i comandi dei loro padroni: sembra quasi che capiscano le loro parole.
E poi ci sono loro, i mandriani, che con enorme impegno e devozione portano avanti quella che una volta, in queste terre, era consuetudine. Sul viso la stanchezza di un viaggio tanto faticoso, ma allo stesso tempo la soddisfazione, la consapevolezza di essere portabandiera di un Molise ancora saldamente ancorato alle proprie radici, di un Molise che conosce bene le proprie ricchezze e vuole continuare a preservarle e custodirle come il più prezioso dei tesori. Ne è convinta soprattutto Carmelina Colantuono, coraggiosa cowgirl alla guida della mandria. Una donna dai tratti decisi e due occhi pieni di grinta, ma allo stesso tempo di tenerezza, che si infiammano a parlare dell’importanza di quello che lei e la sua famiglia stanno portando avanti. «Noi siamo transumanti da sempre – afferma – e per rispetto ai nostri antenati, ai sacrifici fatti da mio padre, da mio nonno, cerchiamo di far perdurare questa tradizione e farla conoscere alle nuove generazioni, anche nel Molise, perché non tutti la conoscono. A volte poi, passando tra i paesi, incontriamo delle persone che vedendoci si mettono addirittura a piangere, perché grazie a noi hanno rivissuto momenti della loro infanzia, e questo ci fa un enorme piacere».
Tra i mandriani notiamo anche dei ragazzini, cosa che fa ben sperare in un lungo futuro per questa usanza. «Prima era difficile trovare degli aiutanti – continua Carmelina – e invece ora ci sono molti amici che si offrono volontari per darci il loro aiuto, che è fondamentale, perché si tratta di un percorso molto difficile. Adesso stiamo vivendo un ricambio generazionale, sono in molti i giovani che sentono il richiamo della natura. I sacrifici fatti per affrontare il cammino vengono poi ripagati dalla bellezza dei posti che attraversiamo, spettacoli incantevoli a cui non siamo più abituati» E di sacrifici bisogna farne tanti: oltre alle caratteristiche impervie dei territori attraversati, prima di mettersi in viaggio è necessario fare un’accurata preparazione, coinvolgendo gli enti locali delle zone attraversate per il rilascio dei permessi, seguendo un iter burocratico che inizia circa tre mesi prima. Le istituzioni, però, fanno sentire poco la loro presenza, e i Colantuono auspicano di ricevere maggiore interesse per quella che potrebbe essere, a livello regionale, una grande risorsa. «Noi mettiamo in gioco tutto quello che abbiamo, anche la nostra vita, perché in un percorso del genere può succedere di tutto.
Ma lo facciamo perché ci crediamo, e vorremmo che anche le istituzioni dessero a tutto questo la stessa importanza, perché potrebbe essere l’origine di un nuovo futuro per il Molise. Noi possediamo un patrimonio immenso, i tratturi, e non lo sappiamo sfruttare. E poi posti incantevoli, aria buona, prodotti genuini, pulizia, insomma abbiamo tutto. Dovremmo imparare a valorizzare tutte queste ricchezze per poter rinascere. Noi mettiamo tanto impegno in quello che facciamo, ma ci sentiamo abbandonati da chi ci governa. Nelle altre regioni, invece, la nostra attività ha favorito il nascere di realtà collaterali per promuovere la transumanza».
L’impegno dei Colantuono e dei loro aiutanti non si limita al semplice portare avanti la tradizione. Recentemente hanno avviato le pratiche per far diventare la transumanza patrimonio dell’Unesco «Siamo sicuri di riuscire a raggiungere questo traguardo. – dice il pastore Nicola Di Niro – La prima fase della candidatura nazionale è quasi completata, ora vorremmo farla anche a livello internazionale, sperando di poter avere il riconoscimento l’anno prossimo. La cosa più importante, però, è che da quest’anno parte ufficialmente la candidatura ‘materiale’, attraverso la riapertura del tratto L’Aquila-Gargano, grazie alla quale il Molise verrebbe investito da un traffico culturale, turistico e socio-economico di grande importanza. Noi svolgiamo anche iniziative nelle scuole, perché il tratturo comprende molte realtà, dalla valorizzazione dei prodotti agro-alimentari alla conoscenza della storia: non dimentichiamoci che per queste strade sono passate le grandi civiltà del mondo antico».