Mario Ciro Ciavarella
San Marco in Lamis, giovedì 19 maggio 2016 - A volte si viene a conoscenza di notizie che non erano note e che nemmeno si immaginasse l’esistenza. Chi ha mai sentito parlare della lettera di Cristoforo Colombo inviata ai reali di Spagna con la quale si informava il resto del mondo della scoperta di una nuova terra? Questa storia non convince molto. E in effetti se si legge bene tutta la storia di questa missiva inviata da Colombo dalle lontane Americhe alla lontana Spagna, qualcosa non torna.
Sembra una storia di spionaggio, la lettera in questione sarebbe sparita per ben due volte e per due volte riapparsa misteriosamente.
Eppure le poste italiane non c’entrano semmai è un problema di spedizione… atlantico. Rubata la prima volta negli anni ’50 nella biblioteca Riccardiana di Firenze poi recuperata nel 1990 in Svizzera e rubata la seconda volta nel 2012 e riapparsa ultimamente. E fin qui ci potrebbe stare (più o meno).
L’altro lato oscuro della vicenda è che le lettere sarebbero due: una è una copia, contraffatta. Ma siamo sicuri che Cristoforo Colombo ha inviato una lettera dal Nuovo Mondo verso il Vecchio??
Tra copie e autenticità è facile perdersi. La storia come sappiamo viene scritta dai vincitori. A parte il fatto che i civili europei hanno distrutto tutto lo scibile umano scritto da migliaia di indios, e quindi non sappiamo esattamente cosa successe dal 12 ottobre del 1492 ed oltre.
Ma immaginate cosa Colombo avesse scritto in quella lettera, oltre ad aver scoperto una nuova terra, quello che veramente stava succedendo da lì a poco?
Non solo l’adorazione degli indios che avevano nei riguardi dei neo- conquistadores, ma anche i primi soprusi che gli stessi perpetarono agli indigeni, azioni spacciate per civilizzazione!!
Sappiamo che tutto il “conquistato” è cosa buona e giusta, spesso sentiamo dire che “dio lo volle” e altre stronzate del genere!!!! (ma come siamo umani noi umani).
E se nella lettera originale, quella che veramente Colombo “spedì” (non riesco a capire come fece a spedire una lettera via oceano, comunque arrivò…) scrisse cose che non dovevamo sapere?
“Ai reali di Spagna, Ferdinando e Elisabetta, con la presente vengo a dirvi che da qualche giorno e qualche luna stiamo calpestando terra nuova. Ha un colore diverso da quella dell’Europa e appena toccato terra ho infisso il crocifisso sulla sabbia…
Appena i nativi sentirono i nostri passi, si sono affacciati da dietro le palme e ci hanno chiesto chi fossimo (certamente non l’hanno detto… ma l’abbiamo intuito). Ed io ho risposto che siamo di un’altra terra (veramente non mi hanno capito… ma l’hanno intuito).
Ci portarono nei loro villaggi, ci fecero mangiare e ci dissero (capimmo) che quella era la loro terra e che noi dovevamo andare via: chi tardi arriva male alloggia (anche tra gli indios esiste questo proverbio).
Ma noi rispondemmo (anche se loro non capirono una parola, ma capirono il senso) che anche se ritardatari era comunque la nostra terra poiché eravamo di più, ed eravamo più grandi di età e quindi più forti.
E loro risposero (era ormai un dialogo telepatico: con parole non capite dalle orecchie ma capite dalla mente) che anche se erano pochi e nudi erano comunque i proprietari di quelle terre.
Io chiesi il contratto di locazione, loro mi mostrarono tutti i condoni pagati (politica assistenziale… ogni mondo è paese). Insomma arrivammo alle carte bollate, dovevano dimostrarmi se quelle terre erano veramente le loro o di qualche altra civiltà precedente la loro.
A quel punto decidemmo che per capire chi avesse ragione e chi torto, ci saremmo giocato il tutto per tutto, a chi riusciva a costruire in meno tempo un castello di sabbia.
Solo che loro non sapevano cosa fosse un castello e costruirono una capanna. Ma la capanna era più piccola e quindi più facile costruirla rispetto ad un castello, e quindi il primo round lo vincemmo noi.
Gli indios allora ci proposero una rivincita e noi accettammo: dovevamo camminare sui carboni ardenti. Accettammo la scommessa, e vincemmo noi: noi camminammo con le scarpe e loro a piedi nudi.
Dissero che non era corretto: anche noi dovevamo camminare senza scarpe, ma noi non potevamo poiché era maleducazione, essendo civili…. E va be’, il secondo round lo vinsero gli indios.
Terza ed ultima prova quella decisiva: chi riusciva a dire più preghiere ed invocare più santi in meno tempo, massimo in un minuto. Vincemmo noi, in 60 secondi invocammo tutti i santi da sant’Adele fino a sant’Enrico. Potevamo continuare ma il tempo era scaduto: una cinquantina di santi intercalati con la cantilena: Ora Pro Nobis.
Gli indios in un minuto invocarono solo Hunab ku, il creatore del cielo e della terra e il padre dei quattro Bacab (figli). Non sapevano a quali altri santi votarsi.
Troppo poco vincemmo noi, essendo più religiosi. Gli indigeni posero le armi e si sottomisero alla volontà del nostro dio...”
A questo punto la lettera inviata da Colombo ai reali di Spagna si interruppe. Come se volesse continuare, ma si interruppe. Non arrivarono altre missive ai reali di Spagna
Il resto lo conosciamo: grandi conquistadores, massacri di centinaia di migliaia di nativi americani, patrimonio culturale degli indios dato alle fiamme, generale Custer, Toro Seduto, riserve indiane, indiani impiegati a costruire grattacieli.
Forse la lettera inviata da Colombo… non è mai stata inviata (nemmeno la “versione” inventata da me appena scritta sopra). È rimasta in America e qualche discendente degli indios non sa ancora se inviarla o meno.
(Vuole prima vedere come va a finire la storia della nostra cosiddetta civiltà!!)
Mario Ciro Ciavarella