Lydia Capasso

San Marco in Lamis, sabato 26 marzo 2016 -  La varietà e la complessità della cucina italiana appaiono ancor più evidenti nei periodi di festa. È durante le feste che le tavole abbondano di tipicità, di tradizioni e di piatti che sono proprio espressione di quella ricchezza  che rende la cucina italiana parte integrante del nostro complesso patrimonio culturale. Prendiamo ad esempio San Marco in Lamis, prendiamo ad esempio la Pasqua. A San Marco in Lamis, la cittadina in provincia di Foggia dove il Venerdì Santo si svolge il rito delle Fracchie (gigantesche torce di legna e fascine trascinate a braccia dai giovani del paese), sono almeno due i dolci che fanno parte della tradizione pasquale. Si chiamano Canestrelli, canestredde in diletto locale, e Propato.

 A parlare di loro è Ludovico Petruccelli del Fornosammarco, una piccola realtà gestita da Antonio Cera il cui nucleo pulsante è costituito da tre donne, che a breve festeggeranno 250 anni in tre: Maria, Lina e Tanella. Canestrelli, si sa, sono i frollini liguri smerlati con il buco al centro spolverati di zucchero al velo, canestrelli si chiamano anche le cialde ripiene di cioccolato biellesi. I canestrelli a San Marco sono tutt’altro: sono delle grosse ciambelle intrecciate di pasta lievitata a base di farina, strutto (per il Fornosammarco rigorosamente di maiale nero garganico), uova, zucchero e lievito naturale, spesso completate dalla presenza di un uovo come augurio di fecondità ed abbondanza.

La forma si ispira ai canestri intrecciati in cui in passato venivano portate le uova. Un tempo dopo la Domenica delle Palme le case di  San Marco cominciavano ad impregnarsi dei profumi del Canestrello che veniva impastato in grandi quantità perché regalato a parenti ed amici ed offerto a chiunque venisse in visita, sovente accompagnato da un bicchiere di rosolio. Oggi sono rimasti in pochi a prepararlo in casa. Grazie alla presenza del lievito naturale il canestrello è destinato a durare per diversi giorni, ma quando perde la sua fragranza è usanza inzupparlo nel latte.  In comune con i canestrelli il propato, lu prupate in dialetto locale, ha la forma, anch’essa a ciambella, ma ha una funzione ed una storia differenti.

Intanto il  termine sembrerebbe derivare da pepato, ossia speziato: il suo impasto è infatti ricco di cannella, di chiodi di garofano, di miele e di buccia d’arancia e questi profumi gli conferiscono un significato augurale e propiziatorio.
Secondo la tradizione, viva ancora oggi, veniva preparato dalla sposa e dalle donne di casa e dato agli invitati come dono di matrimonio perché la sua forma evoca quella delle fedi nuziali. Una sorta di bomboniera, senza la quale non si poteva andar via da nessun banchetto di nozze degno di tal nome. Alla fine del ricevimento gli sposi distribuivano la ciambella profumata e gli invitati andavano via con il loro propato infilato nel braccio. Se i parigini possono mettere le loro baguette sotto l’ascella non vediamo perché i sammarchesi non possono infilare il braccio nel loro propato.

Oggi si usa confezionare i propati in scatole o in buste trasparenti abbellite con tulle, nastri e fiocchi. Proprio per il loro significato augurale i propati sono preparati anche per Pasqua.