Mario Ciro Ciavarella

San Marco in Lamis, giovedì 17 marzo 2016 -  Sembra che anche i nostri atti quotidiani abbiano memoria di sé. Nel senso che tutto ciò che ci lasciamo alle spalle, da pochi secondi o da decenni, rimanga in qualche modo fissato in quegli oggetti che abbiamo buttato in un passato più o meno remoto. Le foto senza dubbio hanno una memoria straordinaria, ci fanno rivivere momenti indimenticabili della nostra esistenza. Le bomboniere, straordinari oggetti che rimandano la nostra mente a matrimoni o comunque a celebrazioni famigliari incancellabili.

 I vestiti… che non ci vanno più. Anche loro sono testimoni muti della nostra crescita, e quindi del nostro passato. Ma era quasi impossibile pensare che una memoria straordinaria ce l’abbia… l’immondizia.

 Eh sì. L’immondizia è quell’oggetto (se così possiamo definirlo) che più di ogni altra cosa conserva una memoria straordinaria. Sa tutto di noi, da quello che abbiamo mangiato pochi minuti prima a quello che abbiamo usato anche anni prima.

 È come se nell’immondizia ci fosse una mente ferrea, di una preparazione degna di Pico della Mirandola, che nulla sfugge e tutto sa del nostro passato, e quindi della nostra vita.

 È come se i “neuroni dell’immondizia” fossero eterni, passando dall’ippocampo del nostro cervello fino alla corteccia cerebrale dove i ricordi vengono conservati. Immaginate le buste dell’immondizia come delle reti fittissime costituite da neuroni che raccolgono e trattengono quello che abbiamo buttato e quindi il tutto viene conservato per sempre.

 L’immondizia detta così potrebbe essere eterna. Sfiderebbe qualsiasi legge fisica, di tempo e di spazio. Lì dentro c’è buona parte della nostra vita. E ritrovare quei rifiuti ritroveremmo parte dei nostri ricordi, dei nostri atti quotidiani. Non solo, ritrovando quei rifiuti potremmo capire in che modo è cambiata la nostra vita, i nostri gusti, le nostre abitudini.

 Nel Varesotto vive Damiano Marangoni, che come volontario fa il ciclista-spazzino, spazza le strade della provincia che nessuno pulisce. Quasi una vocazione dopo aver visto le condizioni pietose in cui versavano le strade della zona.

 Ogni giorno vede ai lati dell’asfalto vetri, lattine, piastrelle e schifezze varie che nessuno pulisce anche da anni. Poi seppe che i comuni di quella valle essendo in deficit non avevano i soldi per inviare gli spazzini per pulire.

 E quindi di sua iniziativa pulisce lì dove per anni nessuno lo fa. E un bel giorno sull’erba della Valganna a nord di Varese trovò un lattina… di 26 anni fa!!?? Testimone di questa scoperta quasi archeologica, la scritta sulla lattina: “Mondiali di calcio Italia ‘90”.

 Ma come poteva un rifiuto restare lì per tanti anni, quasi tre decenni?? Nessuno che l’aveva visto prima di quel giorno? Sembra proprio di sì. Era un rifiuto… con la memoria. Quella lattina raccontava un fatto sportivo che aveva fatto la storia del calcio.

 Era un rifiuto con la memoria dentro. Chissà a chi era appartenuta quella lattina, e quando venne svuotata, se prima di un incontro di calcio o dopo l’eliminazione dell’Italia a quei mondiali per mano dell’Argentina.

 Un fatto che veniva ricordato grazie a quel ritrovamento, bastava guardare quella scritta: “Mondiali di calcio Italia ‘90”. Toccare quella lattina era rivivere quei giorni, tricolori in tutta la Penisola, stadi nuovi ma alcuni nemmeno completati, una nazionale che meritava di vincere quel mondiale con Baggio e Signori in attacco, e la delusione finale con un terzo posto battendo l’Inghilterra.

 Tutto questo ritornava nella mente appena veniva toccata e letta quella scritta, “Mondiali di calcio Italia ‘90”. Oggetto che sarebbe vissuto per chissà quanti anni ancora se quel signore non l’avesse ritrovata in un prato, e più la lattina non veniva ritrovata e maggiore sarebbero stati i fatti da ricordare quando sarebbe stata ritrovata da qualcuno.

 Una specie di lattina-macchina del tempo, che contiene l’inno di Mameli cantato da tutti gli italiani appena la nazionale entrava in campo, i bar stracolmi di tifosi con le sciarpe in mano, la mascotte della manifestazione “Ciao” che somigliava ad Altobelli e tutto ciò che una lattina-ricordo può contenere.

 Un rifiuto al quale dobbiamo essere grati ancora di esistere, e che nessuno prima di allora l’aveva raccolto per buttarlo definitivamente in una discarica.Un rifiuto-ricordo che ha conservato fino a quel momento un fatto che difficilmente dimenticheremo, perché il passato stampato su oggetti come una lattina ci fanno vivere meglio il presente. Mettendo a confronto le “due vite”, ieri e oggi.

 Ricordi e vita di oggi, in antitesi ma anche in armonia per ricordaci che il passato ci spinge a ricordare solo i bei momenti.

 Come quando si beve solo per il gusto di farlo, e lo si fa perché un mondiale di calcio non c’è sempre. Ma ogni quattro anni. Come le cose belle: non ci sono sempre, ma solo quando capitano. E quello vissuto viene buttato e il suo ricordo rimane lì, in attesa che qualcuno ci chieda: “Questo di chi è??”

 E da quel momento iniziano i ricordi…

 

                                                                         Mario Ciro Ciavarella