Luigi Ciavarella

San Marco in lamis, domenica 29 marzo 2014 -  In fondo chi sono stati i Beatles ? E’ la domanda che ci poniamo ancora oggi a distanza di oltre 50 anni dalla loro nascita, per ricordarci una storia musicale che non ha eguali in quel mondo impregnato di suoni e lustrini, isterismo e finanza, nei luoghi in cui si è svolta tutta la carriera di una delle band musicali più importanti e amate della musica rock. Quando iniziò la loro storia, in sordina come centinaia di altri gruppi loro coetanei, pochi avrebbero scommesso sul loro futuro eccetto forse Brian Epstein, l’improvvisato manager che si era assunto l’impegno di renderli famosi poiché vide in loro il giusto entusiasmo e nella loro comunicativa qualcosa di speciale che altri, agli inizi, evidentemente non vedevano.

 Quando uscì il loro primo singolo a 45 giri, nel 1962, i Beatles erano uno dei tanti gruppi di Liverpool, fucina incandescente di talenti allineati e coperti dietro il desiderio di emergere da una condizione sociale deprimente più che ergersi a paladini di un suono nuovo e convincente che fosse l’inizio di un percorso tutto ancora da inventare.

Ha per titolo Love Me Do il loro primo dischetto e ascoltarlo ancora oggi non si coglie alcuna emozione particolare salvo percepire forse i primi segni di una voglia sospetta di contaminare l’ambiente circostante con iniezioni di miele fresco nello stesso istante in cui in altri luoghi altri gruppi si stavano preparando ad affilare loro armi per dare l’assalto al sistema, provando a piegarlo alle loro pseudo rivoluzioni distruttive. I Beatles invece avevano scelto sin dagli inizi, o almeno sino al 1966, anno della svolta, una miscela di edulcorata fusion tra Buddy Holly, gentile e saporita, e una sobria rispettosa tradizione britannica che teneva in considerazione una coerenza comportamentale dentro recinti consolidati oltre i quali la musica assumeva funzioni differenti, fuorvianti e poco in sintonia con la natura del beat. D’altra parte mancano i presupposti per dare idealità ai contenuti né i Beatles e affini sono interessati a radicalizzare una protesta sociale e rendersi alfieri di qualcosa che in Inghilterra in quel momento di frenetica emancipazione generale non esiste se non nella moda e nel desiderio di tutti di vivere una nuova realtà, soprattutto nel mondo giovanile, migliore rispetto al passato.

L’Inghilterra non è l’America del Vietnam e dei diritti civili calpestati, frenetica e irriverente nazione dei Bob Dylan e dei Frank Zappa, dei Velvet Underground e della scena psichedelica di Frisco e dei tanti furori sparsi in tutta la nazione. Tuttavia anche se si lascerà sedurre dal suono rassicurante dei Beatles avrà modo di riservare posti altrettanto importanti a quei gruppi che avranno altre attitudini come i Who di My Generation, i Rolling Stones di Satisfaction o i primi vagiti psichedelici o freak beat dei tanti gruppi, anonimi e sinceri, che lastricheranno il suolo d’Inghilterra di tanto vinile dal suono fresco ed eccitante, oltre a dare spazio a tutta la scena blues che darà esempio di rettitudine in ambiti più culturali e significativi..

In questo contesto il suono dei Beatles è quantomeno distante dalla natura primordiale del rock. Per esempio dietro il paravento delle loro canzoni, almeno durante la prima fase della loro carriera,non si intravedono i segnali di una fuga verso lidi oltraggiosi, la loro musica è stata sempre funzionale ad un equilibrio di sistema che non ha consentito loro, almeno nella sostanza, di intaccare più di tanto l’edificio dei luoghi comuni esistenti, ripagandoli con un successo planetario senza precedenti..

In fondo la nascita della musica pop, il post beat che trainava una scena, era ben vista dal sistema. Rassicurante e agganciata alla moda, era quando di più auspicabile potesse sperare l’industria del disco, che in queste intuizioni fu grande regista al punto da trarre dalle circostanze di diffusione della musica dei Beatles il massimo dei vantaggi. Saranno altri a portare la musica rock oltre la barricata, tanto in Inghilterra quando, soprattutto, in America dove i venti del cambiamento avranno motivazioni più sostanziosi e affideranno alle parole e ai suoni compiti che il pop dei Beatles neppure si sogna di immaginare, almeno sino al 1968 quando l’anima di John Lennon, seppure imbrigliato in una strana disputa all’interno dei quattro, sembra liberarsi dal resto del gruppo per provare per rompere l’assedio dei media con dichiarazioni fuori tema e parole che assumeranno col tempo vere dichiarazioni di indipendenza.

Dopo quel singolo i Beatles pubblicheranno l’anno successivo il loro primo album, Please Please Me, prima raccolta di brani che confermano il sapore leggerino degli esordi anche se da quel momento inizia la loro scalata al successo, dapprima con circospezione e poi in modo travolgente a tratti persino inspiegabile. Una esplosione mista di isterismo collettivo e deliri incontenibili difficile da spiegare ma che entrano a far parte da subito nel costume della musica come modelli entro cui la musica dei Beatles avrà motivo di esistere, dopodiché, stanchi di tutto questo, si ritireranno in studio e avranno più cura della loro musica, sfornando da quel momento, dal Rubber Soul in poi, più o meno autentici classici che ancora oggi resistono all’usura del tempo.  

In otto anni di vita i Beatles hanno pubblicato 13 album ufficiali, da Please Please Me del 1963 citato sino a Let It Be del 1970, la raccolta di brani che George Martin pubblicò senza neppure il loro consenso, nel disperato tentativo di riportarli in vita, invano, quando invece una serie di eventi nefasti ne avevano già sancito la fine.

I Beatles vennero in tournee in Italia nel giugno del 1965 con date a Milano, Genova e Roma,

Stranamente il gruppo, rispetto agli entusiasmi suscitati altrove, in Italia non venne accolto con il consueto strascico di urla isteriche, ecc.. le loro performance furono composte ed ordinate seppure si avvertiva l’eccezionalità dell’evento in ampi strati della popolazione giovanile.

La data più importante si consumò il 24 giugno al Vigorelli di Milano, dove i Beatles effettuarono due set come si usava allora, uno pomeridiano alle ore 16 sotto un sole infuocato e uno serale dove furono presenti 20.000 persone in maggioranza adulti, mentre nel pomeriggio non superarono le 7.000 presenze soprattutto di giovani. Il prezzo del biglietto era di mille dire in tribuna e duemila sul prato mentre alcuni cantanti italiani con i loro gruppi fecero da supporto come Peppino di Capri e i suoi Rockets ( che filmò l’evento e lo divulgò in ogni luogo ), Fausto Leali e i Novelty e infine forse il gruppo più in sintonia con la musica dei Beatles, Maurizio Arcieri e i New Dada.

di Luigi Ciavarella