Cecilia Pavone

Foggia, lunedì 27 gennaio 2025 - Icone sacre e figure mitiche evocate, in chiave contemporanea, attraverso installazioni formate da abiti di velluto, merletti e tessuti antichi impreziositi da ori e strass, ma anche da acquerelli e dipinti materici in pigmenti su legno. Sono le opere di Nicola Liberatore (San Marco in Lamis, Foggia, 1949), artista “garganico” che crea atmosfere metafisiche (nel senso etimologico del termine), esplorando in profondità le dimensioni trascendenti del sacro e l’universalità dell’archetipo attraverso il mito, non senza riferimenti alla raffinata arte bizantina.

Artista dall’ampio background e profondamente legato alla techne, al classico “saper fare” che caratterizza l’artista autentico, Liberatore indaga, nella sua ricerca spirituale e artistica, condotta anche in un ottica antropologica, il tema della memoria e degli effetti del divenire sul mondo fenomenico. Protagonista di numerose mostre personali e collettive in Italia, ha partecipato, nel 2011, alla 54a Biennale di Venezia. Nel 2024 ha esposto nella mostra collettiva “Aracne” al Must di Lecce, dedicata agli esponenti di spicco della Fiber Art a livello internazionale e, attualmente, è protagonista della mostra personale “Echi del Sacro”, in corso a Carlantino, in provincia di Foggia. All’interno della rubrica “Focus on artist”, Lobodilattice ha intervistato Nicola Liberatore:

Com’è nato il tuo amore per l’arte?

Quella per l’arte è una passione che mi porto dentro da sempre. Fin da ragazzino ricordo il mio interesse per i colori, per i materiali, la possibilità di manipolare, creare, modificare. Ricordo che nel mio paese d’origine, San Marco in Lamis, sul Gargano, nel mese di maggio, dedicato al culto della Madonna, si allestivano per le strade del paese gli altarini devozionali. Ero piccolo quando iniziai a costruire i primi altarini chiamati “Vutaredde”: ghirlande di fiori di campo e mensole di legno ricoperte da merletti e stoffe antiche che appendevo, all’esterno, sul muro bianco di calce della mia casa natia, dove verso l’imbrunire ci fermavamo con il vicinato a pregare.

Quali sono state le fasi fondamentali della tua formazione artistica? Ci sono stati artisti o maestri che ti hanno ispirato?

La passione per l’arte è esplosa quando ero sottotenente ad Ancona all’età di 19 anni. La caserma era un ex monastero. Avevo una stanza molto ampia che mettevo a disposizione di alcuni soldati che avevano frequentato l’Accademia di Belle Arti. Il desiderio di esprimermi e iniziare un percorso artistico-culturale cresceva sempre di più, ed appena rientrato a Foggia, mi iscrissi al corso di pittura dell’Accademia di Belle Arti, appena aperta, la cui frequentazione per me è stata molto proficua in quanto la mia formazione scolastica era di tipo tecnico e non artistica. Molti insegnanti, molto bravi, venivano da Roma. Ricordo Elio Filippo Acrocca, allora direttore, poeta e scrittore, allievo di Ungaretti che, oltre ad insegnarmi la storia dell’arte, è stato un grande maestro di vita. Importante per me è stata la partecipazione attiva e la frequentazione negli anni Ottanta e Novanta del Laboratorio Arti Visive di Foggia, dove il confronto con altri artisti e la partecipazione ad importanti mostre, allestite in vari spazi pubblici e privati delle varie città d’Italia, mi ha arricchito notevolmente. Già dal 1970 inizio ad esporre in spazi pubblici e privati con una figurazione critica di impegno sociale che lascerò gradualmente per far posto ad una “intensa elaborazione antropologica, dove la materia diventa immagine di esistenza”. Sono legato molto all’Informale italiano ed europeo (Burri, Fontana, Tapies) e all’Arte Povera.

La tua ricerca, dal taglio antropologico, riflette un legame ancestrale con la cultura della tua terra, la Puglia garganica, toccando la sfera del mito, ma soprattutto quella del sacro. Come nasce il tuo rapporto con l’elemento sacrale?

Sono nato a San Marco in Lamis, nel centro garganico in cui ho trascorso la mia infanzia e parte dell’adolescenza, assorbendo il grande substrato culturale e sacrale, la cui memoria sarà poi fonte primaria della mia arte e de mio percorso artistico-espressivo. Lo chiamo “il mio Gargano” per i ricordi d’infanzia, per il mio passato, per la cultura di origine, per le mie radici, cui riconosco dignità di valore: la Via Langobardorum, la processione del Venerdì Santo, alle prime luci dell’alba con l’eco del canto dello Stabat Mater che accompagna la Vergine Addolorata, la processione del fuoco le “fracchie”, le cui luci e fiamme rischiarano il cammino dell’Addolorata: eco, fuoco, fumo, scintille verso il cielo stellato, manto stellato della Vergine…

Realizzo le mie opere, per interazione, per stratificazione, per strappo di materiali antichi (carte, stoffe, merletti, tele, legni, strass…), combinati con acquerello, tempera, pigmenti, oro. Pigmenti neri o azzurri su legno, tela o carta, merletti, veli, perline, collane, ori, cuori devoti, richiamano e aggiornano gli elementi formali di conosciute icone sacre velandole di nuovi misteri e di nuova bellezza. Per un’artista la conoscenza delle tecniche pittoriche, la manualità, la sperimentazione, l’alchimia dell’arte è fondamentale per il percorso artistico.  L’arte è l’espressione della creatività umana, l’arte è anche un’attività tecnica. Il grande maestro Picasso, che ha fatto la Storia dell’Arte, è stato pittore, scultore, incisore, ceramista.

Come nasce l’ispirazione per Nicola Liberatore?

Mi affascinano la narrazione, la soggettività e la riflessione che possono garantire la materia, alcuni materiali “più veri” nel momento in cui ingialliscono, sbiadiscono ed i fragili reperti estratti dalla memoria, che è una memoria artistica, tutta moderna, tesa a recuperare sia i valori estetici e sia i valori intimistici e spirituali, in un mondo fortemente lacerato. Concentro in alcune immagini “l’elaborazione forte di una tematica culturale di intensa tensione antropologica”.

La memoria, che si riflette nella stratificazione della materia sugli oggetti con il trascorrere del tempo, costituisce uno dei temi fondamentali della tua poetica, infatti hai dichiarato: “Il mio assillo è la relazione tra la materia e il tempo”. Puoi spiegare questa affermazione e il tuo rapporto con il divenire

“Il mio assillo è la relazione tra la materia e il tempo”. Una mia dichiarazione che offre la chiave di comprensione di tutta la mia opera e del mio persistente indagare sulle possibili evidenze estetiche, ma anche simboliche, dello stratificarsi sugli oggetti, del tempo e delle manipolazioni intenzionali o meno. Non più materia indagata come reperto bensì vissuta ed evocata spiritualmente nelle sue trasformazioni. Attraverso il mio lavoro ho sempre cercato di portare all’evidenza l’evoluzione della materia, le sue lacerazioni e le modifiche intervenute agli elementi formali e rappresentativi in essa contenuti. Il mio auspicio è quello di creare nuovi pellegrinaggi mentali e spirituali e altre “sindoni di passi pellegrini”, per far rivitalizzare i “luoghi dell’anima”.

Nell’era contemporanea - immersa in una condizione post-mediale caratterizzata dalla naturalizzazione della tecnologia - si afferma sempre di più l’arte realizzata con l’IA. Qual è la tua opinione al riguardo e come vedi il futuro dell’arte

L’IA è un nuovo strumento rivoluzionario che apre a nuove possibilità e potenzialità espressive, per chi la userà e la “pittura” e la manualità non verranno mai distrutte dall’IA, anzi forse nascerà una nuova arte.

Quali sono i tuoi progetti futuri?

Continuare la mia ricerca artistico-espressiva, perché la vita e l’arte si alimentano reciprocamente. Continuare a creare nuove opere per nuovi e futuri appuntamenti espositivi.

A tuo avviso, l’arte è rivoluzionaria?

L’arte vuole dimostrare il proprio ruolo nel mondo. L’arte ha sempre avuto il potere di smuovere le coscienze e anticipare i tempi per il cambiamento sociale, politico, economico e ambientale. L’arte svolge un ruolo pedagogico perché mette l’essere umano in relazione con se stesso, presentando processi cognitivi che coinvolgono tanto la mente quanto l’emozione. L’arte ha la capacità di affinare il gusto estetico e il gusto intimistico dell’uomo, rendendolo più rispettoso verso se stesso e gli altri e verso i beni artistici, architettonici, culturali, paesaggistici e sociali.

Cecilia Pavone

 

 

Note Biografiche

Nicola Liberatore nasce a S. Marco in Lamis (Foggia) nel 1949. Vive a Foggia. Nel centro garganico trascorre la sua infanzia e parte dell’adolescenza, assorbendone il grande substrato culturale e sacrale, la cui memoria sarà poi fonte primaria della sua arte. Ha partecipato a numerose mostre personali e ad importanti rassegne d’arte sia in Italia che all’estero, ottenendo importanti riconoscimenti.  Nel 2004 i critici L. Caramel, T. Carpentieri, P. Marino, gli conferiscono il Premio Paolo VI nell’ambito della Terza Triennale d’Arte Sacra di Lecce. Lo stesso anno viene invitato da Giorgio Di Genova a partecipare alla mostra Luce, vero sole dell’arte, presso il Museo d’Arte delle Generazioni Italiane del ‘900 “P.Bargellini”, di Pieve di Cento (Bologna). Nel 2011 viene invitato alla 54^ Biennale di Venezia, Padiglione Italia, Palazzo delle Esposizioni, Torino. 

Nel 2013 partecipa a Napoli alla mostra Paleocontemporanea, curata da Holger Milkau, a settembre-ottobre dello stesso anno, espone a Villa Soragna, Collecchio (Parma) in una mostra personale, Nicola Liberatore, il sacro, l’uomo, l’arte, a cura di Guido Pensato. Nel 2016 è tra gli artisti invitati a rappresentare il Genius Loci pugliese nell’omonima rassegna curata da Clara Gelao presso la Pinacoteca Metropolitana “Corrado Giaquinto” di Bari. Nel 2014 espone contestualmente presso la Sala Grigia del Palazzetto dell’Arte e Museo Civico di Foggia in una mostra personale Oltre l’oblio, curata da Gaetano Cristino e Luigi Paolo Finizio.

Nel 2018 la Fondazione dei Monti Uniti di Foggia gli ha dedicato una mostra antologica, Ri-velazioni, curata da Gaetano Cristino, che ha ripercorso tutto il suo itinerario artistico. Nel 2019 gli viene assegnata una sala del Palazzo delle Arti di Capodrise (Caserta) per esporre le sue opere nella mostra Oblio – Memoria, a cura di Michelangelo Giovinale e da settembre 2021 è in permanenza una sua opera nella Collezione dello stesso Palazzo. Nell’estate 2022 è presente nella mostra: Quadrilli di Donne Quadri di Madonne, a cura di Gianfranco Piemontese, una mostra tra Foggia e Procida. La Madonna dei Sette Veli nella devozione popolare, Galleria Fondazione dei Monti Uniti, Foggia – Cappella di Santa Maria alle Cerrate, Procida. Dal 31 marzo al 1° maggio 2023 espone presso il Museo Civico di Foggia in una mostra personale Luoghi, Madonne e Angeli, a cura di Gaetano Cristino, patrocinata dal Comune di Foggia e dal FAI Foggia.

Espone nella mostra collettiva ARS STEAS, a cura di Rosanna De Cicco, Ji Shaofeng, Milot, al Museo Archeologico Nazionale del Sannio Caudino, Montesarchio (Benevento) dal 17 dicembre 2023 al 31 marzo 2024. Invitato dalla Direzione dell’Archivio di Stato di Foggia, realizza una mostra personale site-specific nel Palazzo Filiasi di Foggia dal 21 dicembre 2023 al 12 gennaio 2024. Espone al MUST Museo Storico della Città di Lecce nella mostra Aracne dal 22 marzo al 22 ottobre 2024 e in una mostra personale Le ri-velazioni del blu, a cura di Federica Mingozzi e Antonio Spanedda, al Salotto IOTIAMO, Varallo (Vercelli) Valsesia Italy dal 14 al 27 aprile 2024. Espone nella mostra collettiva ARS STEAS, presso il Maschio Angioino a Napoli dal 4 al 31 maggio 2024. Nell’estate 2024 è presente nella mostra Rammendare Ambienti – Ricamare Paesaggi, a cura di Gabriella Anedi, a Grassoney - Saint – Jean e all’evento ORSOFF ad Aosta e nella mostra StregArti, a cura di Rosanna De Cicco, Palazzo Paolo V a Benevento.