On. Angelo Cera
Roma, 24 marzo 2016 - Sconcerto e imbarazzo. Dopo le dichiarazioni di Galletti, arriva in soccorso del ministro il messinese D’Alia che unisce allo sconcerto l’imbarazzo di giustificazioni che inquinano, più degli idrocarburi, la campagna referendaria contro le trivelle nei nostri mari. Evidente al solerte soccorritore di Galletti, sfugge che il quesito referendario non crea affatto crisi occupazionale, visto che il settore è in crisi già da diverso tempo a causa del crollo del mercato e dei prezzi petroliferi, con aziende che stanno licenziando nell’assoluto silenzio del governo.
Inoltre, al presidente della commissione parlamentare sulle questioni regionali (che dovrebbe avere, come il ministro, un ruolo super partes) sfugge che la quantità di idrocarburi presente nei mari italiani è così ridotta che, pur sfruttando tutti i giacimenti, si coprirebbe il fabbisogno energetico per 2 mesi a fronte di un rischio ambientale permanente.
E ancora, il siciliano D’Alia ignora, impegnato com’è a soccorrere Galletti, che le piattaforme interessate dal referendum producono solo l’1,9% del fabbisogno nazionale di gas, mentre ad oggi il 40% dei consumi elettrici è coperto da fonti rinnovabili. Dal presidente D’Alia mi sarei aspettato un intervento per incentivare la riconversione ecosostenibile del settore e affrontare una seria discussione sulla strategia energetica nazionale, invece di dichiarazioni imbarazzanti per il partito e gli italiani.
Dal presidente D’Alia, come dal ministro Galletti, mi sarei aspettato meno strumentalizzazioni, visto che l’UdC ha deciso di sostenere la campagna referendaria contro le trivelle nei mari italiani. A meno che D’Alia e Galletti non hanno iniziato una fuga in avanti per un posto al sole, ancora una volta senza tenere conto della sovranità popolare.