di Luigi Ciavarella
San Marco in Lamis, venerdì 25 settembre 2020 - I , come molti altri nomi presenti al Festival di Woodstock, li ho conosciuti attraverso Going Up The Country, il brano con la voce in falsetto di Alan Wilson, contenuto nel famoso triplo album. Un brano che colpisce subito per l'inusitata particolarità del suono, con quel flauto introduttivo e quel filo di voce rauca. Fu subito chiaro per me che si trattava di una formazione di blues canonico, che guardava al blues urbano di Chicago con devozione quasi assoluta. Insomma quello più vicino al boogie quindi alla jam, tanto per intenderci.
Il gruppo prende il nome da una canzone del bluesman Tommy Johnson e nella band, oltre a Alan “Blind Own” Wilson (così chiamato per la forte miopia, morto nel 1970 a causa di una overdose di barbiturici),- lo affianca Bob Hite, detto The Bear per l'incredibile mole, entrambi fondatori. Bob Hite è anche un formidabile collezionista di vecchi dischi blues. I primi album sono tra l'ottimo e qualche puntata di eccellenza. Tra i migliori da annoverare Boogie With The Canned Heat e, sopratutto, Living The Blues, due esempi di blues metropolitano dominato dalle voci sia di Alan Wilson (comunque poco adeguato in alcune parti) ma sopratutto di Bob Hite, dotato di un timbro di voce molto più viscerale. (John Mayall gli dedicherà una canzone). Fanno parte della formazione anche Henry Vestine, uno dei migliori chitarristi blues d'America, - assente però a Woodstock – Larry Taylor e il messicano Fito de La Parra, la base ritmica. Bob Hite morirà nel 1981 a soli 38 anni.
L'album doppio Living The Blues vira però verso il pop blues (e certe improvvisazioni psichedeliche) e questo, se da un lato farà storcere il naso ai fans più puri, consente loro una certa popolarità unita al successo, che, grazie anche alla visibilità ottenuta tanto a Woodstock quanto a Monterrey nel 1967, fanno del gruppo una celebrità. Famosi restano i concerti tenuti in Europa nel 1970, come sottolineato da alcuni album (tra cui 70's Concert_ Live in Europe) e qualche video che ne celebra il passaggio. Tuttavia Living The Blues fuori dalla bellezza del primo disco, il secondo accoglie “una delirante fantasia di raga rock” (Bertoncelli) davvero tediosa. In ogni caso la presenza di “Going Up The Country” e una copertina dalle tonalità psichedeliche fanno dell'album un feticcio da avere.
Ripreso da un vecchio brano di James Oden,On The Road Again (Ancora ssulla strada) è un boogie dallo stile inconfondibile, ossessivo, pezzo forte di Boogie With Canned Heat, che evoca il desiderio di libertà caro al popolo hippy. Prima c'era stato il calligrafico omonimo debutto (1967), in pratica una rilettura dei vecchi classici del blues, canonico, senza sussulti particolari. Seguirà un doppio album con John Lee Hooker, (Hooker'N'Heat, 1971), un incontro storico che coglie però i Canned Heat impreparati a causa di alcune defezioni. Tuttavia il risultato è più che soddisfacente.
Da ricordare due buoni album: Hallelujia del 1969 e Future Blues dell'anno successivo, due lavori di buona fattura che, attraverso un suono aspro e contagioso, confermano la passione del gruppo per le 12 battute. Da ricordare Let's Work Together, il brano di Wilbert Harrison contro la guerra, presente in Future Blues (il cui album reca in copertina una bandiera americana che viene fissata al suolo lunare da cinque astronauti), che otterrà un posto in classifica.
Degli album successivi da Historical Figures & Ancient Heads del 1971 sino aHooker n' Heat Live del 1981 - una ripresa live dei rapporti con il grande bluesman - e quindi le conseguenze della morte di Bob Hite, i Canned Heat, nonostante tutto continueranno a battere i sentieri del blues con encomiabile dedizione, rinnovando i loro ranghi di nuove energie, anche senza più ottenere il conforto delle grandi masse, continuando però a diffondere ovunque il verbo blues.
(Luigi Ciavarella)